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Deducibilità spese trasferta: quando è integrale?

La Corte di Cassazione ha stabilito che la deducibilità delle spese di trasferta rimborsate da un’associazione professionale ai propri soci per l’uso delle loro auto personali è integrale e non limitata al 40%. La Corte ha chiarito che il limite previsto dall’art. 164 del TUIR si applica solo ai veicoli di proprietà o strumentali all’associazione stessa, mentre i rimborsi per le auto dei soci rientrano nel principio generale di inerenza e sono pienamente deducibili se strettamente legati all’attività professionale.

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Pubblicato il 3 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità spese trasferta: la Cassazione fa chiarezza per le associazioni professionali

La questione della deducibilità spese trasferta rappresenta un tema cruciale per professionisti e imprese. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale per le associazioni professionali, distinguendo nettamente il trattamento fiscale dei rimborsi spese per l’uso di auto personali dei soci rispetto ai costi per veicoli strumentali all’associazione.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da alcuni avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle Entrate a un’associazione professionale e ai suoi singoli soci. L’Amministrazione Finanziaria contestava l’integrale deduzione dei costi sostenuti per le trasferte effettuate dai professionisti con i propri veicoli personali, ritenendo che tali spese non fossero deducibili. In una fase successiva, a seguito di un reclamo, l’Ufficio ammetteva una deducibilità parziale, forfettizzata al 40%, applicando l’articolo 164 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR).

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale confermavano questa impostazione, rigettando le ragioni dei contribuenti. Questi ultimi, tuttavia, decidevano di portare la questione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando diversi vizi nella sentenza d’appello.

I motivi del ricorso e la corretta interpretazione sulla deducibilità spese trasferta

I ricorrenti hanno basato il loro appello su tre motivi principali:

1. Nullità della sentenza per motivazione apparente: Si contestava che la Corte d’Appello avesse rigettato i loro motivi con una giustificazione superficiale, limitandosi ad aderire alla decisione di primo grado senza un’analisi critica delle censure mosse.
2. Vizio di ultra-petizione: I contribuenti sostenevano che i giudici di merito avessero fondato la loro decisione su presupposti giuridici diversi da quelli originariamente contestati dall’Agenzia delle Entrate.
3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 164 TUIR: Questo era il cuore della controversia. I professionisti argomentavano che la limitazione della deducibilità al 40% prevista da tale norma si applica ai veicoli intestati all’impresa o al professionista (o comunque strumentali all’attività), ma non ai rimborsi spese per l’utilizzo di veicoli di proprietà di terzi, come nel caso dei singoli soci.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il primo e il terzo motivo di ricorso, rigettando il secondo.

In primo luogo, ha riconosciuto la fondatezza della censura sulla motivazione apparente. I giudici di legittimità hanno ribadito che una sentenza d’appello non può limitarsi a una mera adesione acritica alla pronuncia precedente, ma deve esaminare nel dettaglio i motivi di gravame, fornendo un percorso argomentativo chiaro e coerente. Nel caso di specie, la Corte territoriale non aveva adeguatamente affrontato le questioni preliminari sollevate dai contribuenti.

Il punto centrale della decisione, tuttavia, riguarda la violazione dell’art. 164 del TUIR. La Cassazione ha stabilito un principio di diritto di grande importanza: i costi di trasporto rimborsati dall’associazione professionale ai soci sono integralmente deducibili a condizione che sia provata la loro stretta strumentalità e inerenza all’attività professionale dell’associazione.

La Corte ha spiegato che l’art. 164 TUIR è una norma speciale che limita la deducibilità delle “spese e altri componenti negativi relativi ai mezzi di trasporto a motore” per tenere conto del loro possibile uso promiscuo (sia professionale che personale). Questa norma si applica ai veicoli che sono beni strumentali per il contribuente (l’associazione, in questo caso). Al contrario, le spese per i rimborsi chilometrici ai soci che utilizzano la propria auto personale non rientrano in questa fattispecie. Essi sono costi che l’associazione sostiene per acquisire un servizio (il trasporto) da un terzo (il socio) e la loro deducibilità è regolata dal principio generale dell’inerenza, sancito dall’art. 54 del TUIR.

Di conseguenza, se l’associazione dimostra che la trasferta era necessaria ed esclusiva per l’attività professionale, il relativo rimborso è un costo interamente deducibile.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado per un nuovo esame. La decisione stabilisce un confine netto: la limitazione forfettaria al 40% non si applica ai rimborsi per l’uso di auto di proprietà dei soci. Per queste spese, vige la regola generale della piena deducibilità spese trasferta, a patto di poter dimostrare in modo inequivocabile il requisito dell’inerenza. Questo principio offre maggiore certezza giuridica alle associazioni professionali e ai loro membri nella gestione fiscale dei costi di viaggio.

Le spese di trasferta sostenute dai soci di un’associazione professionale con auto propria sono sempre deducibili solo al 40%?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la limitazione del 40% prevista dall’art. 164 del TUIR non si applica. Tali spese, se rimborsate dall’associazione, sono integralmente deducibili a condizione che ne sia provata la stretta inerenza e strumentalità all’attività professionale.

Qual è la differenza tra l’art. 164 e l’art. 54 del TUIR in materia di deducibilità dei costi auto?
L’art. 164 TUIR è una norma speciale che limita forfettariamente la deducibilità dei costi relativi a veicoli strumentali all’impresa o all’arte/professione (es. auto intestate all’associazione). L’art. 54 TUIR, invece, stabilisce il principio generale di deducibilità dei costi inerenti all’attività, e si applica ai rimborsi per l’uso di veicoli di terzi (come l’auto personale del socio).

Cosa significa “motivazione apparente” e perché ha portato all’annullamento della sentenza?
Significa che la motivazione della sentenza, pur essendo presente formalmente, è talmente generica o superficiale da non spiegare le reali ragioni della decisione. Nel caso specifico, la Corte d’appello si era limitata ad aderire alla sentenza di primo grado senza analizzare criticamente i motivi di ricorso. Questa mancanza di un’analisi effettiva equivale a un’assenza di motivazione e costituisce un vizio che porta alla nullità della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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