Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18364 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18364 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/07/2025
Associazione professionale -Spese per trasferte sostenute dagli associati -Deducibilità.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11555/2021 R.G. proposto da: ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE PROFESSIONISTI D’IMPRESA DI COGNOME, nonché i soci DI COGNOME NOME, COGNOME NOME, DI COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e di fesi dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. VENETO, n. 584/2020, depositata in data 27 ottobre 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate notificava all ‘ Associazione RAGIONE_SOCIALE , e agli associati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME separati avvisi di accertamento con i quali, per l’anno di imposta 2009, recuperava a tassazione maggiore Irap nei confronti dell’Associazione e maggiore Irpef nei confronti degli associati. L’ufficio riteneva, in particolare, che non fossero deducibili le spese per trasporti e trasferte sostenute dagli associati nell’esercizio dell’attività professionale.
I contribuenti presentavano istanza di adesione che si concludeva con esito negativo e successivo reclamo all’esito del quale l’Ufficio riduceva la pretesa considerando deducibili i costi in misura pari al 40 per cento in applicazione dell’art. 1 64 t.u.i.r.
Avverso gli avvisi di accertamento la società e gli associati proponevano separati ricorsi dinanzi alla CTP di Treviso la quale, previa riunione, in parziale accoglimento degli stessi, statuiva la deducibilità delle spese di trasferta nella misura del 40 per cento ed escludeva le sanzioni in assenza del requisito della colpevolezza ai sensi dell’art. 5, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.
Contro tale sentenza i contribuenti proponevano appello principale, e l’Ufficio appello incidentale, innanzi alla CTR del Veneto. Quest’ultima, con la sentenza di cui all’ epigrafe, rigettava l’appello principale rilevando che nella previsione dell’art. 164, primo comma, lett. b), t.u.i.r. ratione temporis vigente, per i soggetti facenti parte di un’associazione professionale, di cui all’art. 5, la deducibilità delle relative spese di viaggio è forfetizzata nella misura del 40 per cento delle spese sostenute per ciascun mezzo di trasporto a motore e soltanto per un veicolo per ogni associato. Accoglieva, invece, l’appello incidentale dell’Ufficio , ritenendo, quanto alle sanzioni, che non ricorressero le ipotesi di cui all’art. 5, d.lgs. n. 472 del 1997.
Avverso detta sentenza ricorrono i contribuenti e l ‘Agenzia delle Entrate resiste a mezzo controricorso.
I contribuenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i contribuenti denunciano , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 111, sesto comma, Cost, degli artt. 36 e 61 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, de ll’ artt. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., e dell’art . 118 disp. att. cod. proc. civ.
Censurano la sentenza impugnata per avere rigettato, con motivazione meramente apparente, i motivi di appello con i quali avevano contestato l’illegittimità degli avvisi di accertamento per profili differenti dal merito e relativi anche a ll’attività di verifica precedente all’atto impositivo .
Con il secondo motivo denunciano , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e degli artt. 42, secondo comma, d.P.r. 29 settembre 1973, n. 600, art. 7, legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 5, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Censurano la sentenza impugnata per ultra-petizione e lamentano che la CTR avrebbe fondato la decisione di rigetto dell’appello su motivi diversi da quelli posti dall’Ufficio a fondamento dell’accertamento impugnato e fatti oggetto del ricorso di primo grado e, quindi, del tutto estranei al thema decidendum .
Osservano che l’U fficio aveva negato la deduzione delle spese oggetto di giudizio in ragione della mancanza di un rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione tra il singolo associato che aveva effettuato i viaggi e l’associazione di appartenenza e, conseguentemente, per difetto del presupposto dell’inerenza; che, ciononostante, la sentenza di primo grado aveva deciso una questione
diversa da quella prospettata, a ssumendo che l’associato soggiaceva alle regole di determinazione proprie del lavoratore autonomo sicché doveva applicarsi l’articolo 164 t .u.i.r. che consentiva la deduzione nei limiti del 40 per cento; c he la questione dell’ultra -petizione era stata prospettata alla CTR la quale, tuttavia, aveva commesso il medesimo errore, pronunciandosi sulla medesima questione e così implicitamente disattendendo il motivo proposto.
Con il terzo motivo denunciano , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 164, primo comma, lett. b), degli artt. 54 e 109, quinto comma, d.P.r. 22 dicembre 1986, n. 917.
Censurano la sentenza impugnata per avere la CTR erroneamente sussunto la fattispecie concreta sottoposta al suo esame -rappresentata dalla deduzione delle spese per le trasferte dei soci a mezzo delle autovetture personali degli stessi e retta dal principio generale dell’inerenza rispetto all’esercizio dell’attività dell’associazione professionale nell’ambito dell’art. 164 t.u.i.r.
Il primo motivo è fondato.
4.1. La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., (e nel caso di specie dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si configura quando questa manchi del tutto -nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, risultante dallo svolgimento del processo, segue l’enunciazione della decisione, senza alcuna argomentazione -ovvero nel caso in cui essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. Sez. U.
07/04/2014, n. 8053; successivamente, tra le tante, Cass. 01/03/2022, n. 6626; Cass. 25/09/2018, n. 22598).
Più, in particolare, con specifico riferimento alla sentenza di appello resa nel processo tributario si è affermato che è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. la sentenza della commissione tributaria regionale completamente priva dell’illustrazione delle censure mosse dall’appellante alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare per relationem alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, poiché, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento della decisione e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame» (Cass. 05/10/2018, n. 24452; conf. ex multis 08/07/2021, n. 19417; 11/11/2020, n. 25325; 14/02/2020, n. 3819; 25/10/2018, n. 27112; 05/11/2018, n. 28139, la quale ha stabilito che «La sentenza d’appello può essere motivata per relationem , purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame»).
4.2. I ricorrenti, con l’atto introduttivo del giudizio , avevano proposto -oltre alla questione di merito relativa alla deducibilità dei costi per trasporti e trasferta -una serie di motivi preliminari,
puntualmente riprodotti nelle note 3 e 4 del ricorso per cassazione. In particolare, tra gli altri motivi, avevano contestato l’illegittimità della verifica, il difetto di sottoscrizione dell’atto impositivo, la violazione del diritto al contraddittorio anticipato. I medesimi motivi erano stati riproposti nell’atto di appello, come riportato nelle note 6 e 7 del ricorso per cassazione.
La C.t.r. ha risolto tutte dette questioni, diverse dal merito dell’accertamento , affermando che le doglianze di parte privata erano prive di pregio e che andavano disattesi i motivi sui quali il primo giudice si era pronunciato rigettando, con statuizione condivisibile, le eccezioni di parte privata.
La sentenza impugnata, pertanto, è viziata da motivazione apparente in quanto trascura gli enunciati princìpi di diritto e, senza fare riferimento allo svolgimento del giudizio d’appello, senza minimamente confrontarsi con i motivi d’impugnazione della decisione di primo grado, ha risolto tutti i motivi attinenti alle questioni preliminari poste dai contribuenti uniformandosi pedissequamente ed acriticamente alla pronuncia di primo grado.
5. Il secondo motivo è infondato.
5.1. La questione controversa ha ad oggetto la deducibilità dei costi relativi all’utilizzo di mezzi, e i rimborsi a tariffa chilometrica a favore degli associati allo studio professionale. L’Ufficio, già con l’avviso di accertamento -riportato in parte qua nel controricorso -escludeva l’inerenza dei costi assumendo che l’associato non pote sse essere considerato né un lavoratore dipendente né un soggetto percettore di reddito assimilato al lavoratore autonomo. Di seguito aggiungeva che sia l’art. 164 t.u.i.r. sia le istruzioni del modello unico prevedevano la possibilità per lo studio associato di dedurre le spese sostenute per le autovetture nei limiti del 40 per cento. In sede di mediazione l’U fficio riduceva la propria pretesa riconoscendo la deducibilità dei costi nei
limiti, per l’appunto, del citato 40 per cento. La CTR, a propria volta, riteneva che alla la fattispecie dovesse applicarsi l’art. 164 cit. con conseguente deducibilità dei costi solo nei limiti del 40 per cento.
5.2. Ciò posto, all’Amministrazione finanziaria non è consentito mutare i termini della contestazione, deducendo motivi diversi, sotto il profilo del fondamento giustificativo, da quelli contenuti nell’atto impositivo. Nella fattispecie in esame, tuttavia, diversamente da quanto prospettato con il secondo motivo di ricorso, non vi è stato alcun mutamento dell’ originaria contestazione che atteneva, comunque all’ indeducibilità dei costi che i contribuenti avevano portato integralmente in deduzione. La successiva riduzione della pretesa -sul presupposto che i costi fossero parzialmente deducibili -è conseguita, non al mutamento dei fatti contestati, ma alla individuazione di una diversa regola iuris; la medesima, non implica, pertanto, alcun mutamento della domanda.
Questa Corte, per altro, ha già chiarito, se pure con riferimento all’obbligo di motivazione dell’atto impositivo, che anche l’erronea indicazione, nell’avviso di accertamento, della norma di legge in tesi violata non è, di per sé, causa di nullità dell’atto quando il recupero si fondi su presupposti di fatto espressamente indicati, i quali, comunque, legittimino la pretesa impositiva, eventualmente anche sulla base di altra disposizione legislativa (Cass. n. 06/03/2022, n. 3257)
5.3. Quanto poi, alle conclusioni cui sono giunte le sentenze di merito, va ribadito che il vizio di ultra-petizione o extra-petizione ricorre quando il giudice, alterando gli elementi obiettivi dell’azione ( petitum o causa petendi ), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto ( petitum immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso ( petitum mediato, così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori (Cfr. Cass. 21/03/2019, n. 8048).
Nella fattispecie in esame, a fronte della contestazione della indeducibilità integrale dei costi, la CTR ha ritenuto, individuando la norma applicabile alla fattispecie concreta, che i medesimi fossero deducibili solo nella misura del 40 per cento.
6. Il terzo motivo è fondato.
6.1. Questa Corte, con recente statuizione alla quale si ritiene di dare continuità, ha chiarito l’ambito di applicazione dell’ art. 164 t.u.i.r. ed ha affermato il principio di diritto per il quale in tema di redditi di impresa i costi di trasporto rimborsati dalla associazione professionale agli associati, ricorrendo la stretta strumentalità della spesa all’attività professionale propria dell’associazione -del cui onere probatorio la stessa è gravata -sono deducibili integralmente quando il trasporto è effettuato con il mezzo di proprietà del singolo professionista associato, restando ferma la previsione della deducibilità limitata al 40 per cento delle spese e degli altri componenti negativi relativi ai mezzi di trasporto utilizzati, ai sensi dell’art. 164 t.u.i.r. in ragione della sua riconducibilità alla diversa ipotesi dei veicoli intestati all’associazione e strumentali all’attività professionale (Cass. 18/02/2025, n. 4226).
S i è precisato, infatti, che l’art. 164 t.u.i.r . -che si riferisce, non specificamente alle spese di trasporto, ma, in generale, alle «spese e gli altri componenti negativi relativi ai mezzi di trasporto a motore» utilizzati dal contribuente -costituisce una norma speciale rispetto al criterio di deducibilità generale delle spese, dettato dall’art. 54 t.u.i.r. C on l’art. 164 t.u.i.r. il legislatore ha inteso tener conto dell’uso anche promiscuo che il bene intestato all’imprenditore od al professionista (o ad altro titolo dallo stesso utilizzato in via strumentale all’esercizio della professione, dell’arte o dell’impresa), e , così, ha previsto una limitazione della deduzione al 40 per cento, senza peraltro indagare sulla finalità del singolo trasporto, includente anche le spese di acquisto e manutenzione e in generale tutte le componenti negative riconducibili
ai mezzi di trasporto in proprietà. Deve dedursene che tale disposizione non osta alla deduzione di specifiche e comprovate spese di trasporto riconducibili a mezzi di terzi soggetti, ed in particolare di proprietà dei singoli associati, ricorrendo ovviamente i presupposti della disciplina generale ed in particolare l’inerenza ad attività propria dell’associazione (o dell’impresa). L’argomento secondo cui la limitazione percentuale contenuta nella norma si riferirebbe anche a veicoli in proprietà degli associati in quanto la stessa fa riferimento a mezzi «utilizzati» nell’esercizio di imprese, arti e professioni non rileva, poiché il termine allude alla natura strumentale del bene rispetto all’impresa o, nella specie, all’associazione professionale, e d’altronde , come detto, attiene in generale a tutte le spese e alle componenti negative riconducibili al mezzo, il che evidentemente non può riguardare mezzi di terzi. D’altronde, a riprova che la norma non costituisce l’unica forma di deduzione delle spese di trasporto, vale il fatto che, se da un lato la stessa disciplina l’ipotesi di uso promiscuo di veicolo aziendale da parte del dipendente, a cui lo stesso viene consegnato, dall’altro l’art. 95 t.u.i.r. configura espressamente l’ipotesi di rimborso delle spese di trasporto affrontate dal dipendente autorizzato all’utilizzo del mezzo proprio, le quali saranno deducibili non nella misura di cui all’art. 164 t.u.i.r. , ma appunto in quella di cui all’art. 95 cit.
Ne deriva che, ricorrendo la stretta strumentalità della spesa di trasporto all’attività professionale propria dell’associazione (o a seconda dei casi dell’impresa), ove il trasporto sia effettuato con mezzo proprio dell’associato, la stess a sarà integralmente deducibile in quanto assoggettata non alla norma speciale -propria di beni strumentali che però appunto possono essere adibiti anche ad altri usi -di cui all’art. 164 t.u.ir. in esame, bensì a quello generale di cui all’art. 54 t.u.i.r.
6.2. La C.t.r., riconoscendo la deducibilità dei costi nella misura del 40 per cento omettendo le verificare se i costi fossero riconducibili
esclusivamente ed inequivo cabilmente all’ attività professionale, non si è attenuta a questi principi.
7. In conclusione, vanno accolti il primo ed il terzo motivo di ricorso, rigettato il secondo; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia Tributaria di secondo grado del Veneto che procederà a nuovo esame e renderà congrua motivazione, adeguandosi al principio espresso, provvedendo anche in merito alle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte, accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, rigettato il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto che provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2025.