Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17546 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17546 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15162 -20 18 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME (pec: EMAIL) e NOME COGNOME (pec: EMAIL), ed elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio legale dell’avv. NOME COGNOME ;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore ;
– intimata –
Oggetto:
TRIBUTI –
spese di sponsorizzazione
avverso la sentenza n. 7689/16/2017 della Commissione tributaria regionale del LAZIO, depositata in data 18/12/2017; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15 maggio 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso nei confronti del RAGIONE_SOCIALE con cui l’amministrazione finanziaria, sul presupposto dell’inesistenza oggettiva delle spese di pubblicità che la predetta società aveva dichiarato di aver sostenuto nell’anno 2010, recuperava a tassazione i relativi costi, la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) del Lazio con la sentenza in epigrafe indicata, in parziale accoglimento dell’appello propos to dall’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, che aveva accolto il ricorso della società contribuente, escludeva la natura fittizia dei predetti costi ma li riduceva «nella misura di un quarto rispetto alle somme indicate dalla società» in quanto «ingiustificatamente elevate».
Avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui non replica l’ intimata.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso si deduce , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per avere la CTR pronunciato ultrapetita la riduzione dei costi relativi all’operazione commerciale di sponsorizzazione benché la questione non fosse stata proposta da nessuna delle parti in giudizio.
Con il secondo motivo si deduce, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 90, comma 8, della legge 289 del 2002. Sostiene la ricorrente che la
citata disposizione consente la deducibilità delle spese di sponsorizzazione fino alla concorrenza di 200.000,00 euro, nella specie non superato, sicché aveva errato la CTR a dichiarare la parziale indeducibilità dei costi sostenuti da essa società contribuente.
Tale motivo, da esaminarsi preliminarmente in applicazione del principio della ragione più liquida, è fondato e va accolto, con conseguente assorbimento del primo.
E’ orientamento consolidato di questa Corte di legittimità (si veda, da ultimo, Cass., Sez. 5, n. 4612 del 14/02/2023, in motivazione) quello secondo cui «in tema di detrazioni fiscali, le spese di sponsorizzazione di cui all’art. 90, comma 8, della legge n. 289 del 2002, sono assistite da una “presunzione legale assoluta” circa la loro natura pubblicitaria, e non di rappresentanza, a condizione che: a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale» (Cass., 7 giugno 2017, n. 14232), «senza che rilevino, pertanto, requisiti ulteriori» (Cass., 6 aprile 2017, n. 8981; Cass., 19 gennaio 2018, n. 1420; Cass., 30 maggio 2018, n. 13508; Cass., 6 maggio 2020, n. 8540).
4.1. Il citato art. 90, comma 8, costituisce norma speciale, destinata a derogare anche al regime generale di deducibilità dei costi previsto dall’art. 109 del T.U.I.R., trattandosi di disposizione che detta peculiari condizioni di deducibilità delle spese di pubblicità che rispondono alle specifiche esigenze del settore di riferimento, ossia delle compagini sportive dilettantistiche; la norma intende perseguire finalità diverse che, con tutta evidenza, possono essere rintracciate nella voluntas legis di approntare un regime
agevolativo per quei soggetti che decidono di investire nello sport amatoriale e di favorire – tramite la leva fiscale – la diffusione di questo genere di attività giudicate socialmente utili e degne di protezione, stante anche la rilevanza costituzionale dello sport (cfr. Cass., 27 luglio 2021, n. 21452, in motivazione).
4.2. Il legislatore ha, dunque, stabilito una presunzione assoluta di deducibilità del costo, rendendo non sindacabile la scelta dell’imprenditore di promuovere il nome, il marchio o l’immagine attraverso iniziative pubblicitarie nel settore sportivo dilettantistico; non si può, quindi, negare lo scomputo dei costi di sponsorizzazione sulla base di una asserita assenza di una diretta aspettativa di ritorno commerciale, atteso che una tale soluzione non si porrebbe neppure in linea con la stessa nozione di inerenza, come delineatasi nel tempo, che è di natura qualitativa e non quantitativa (Cass., 20 dicembre 2018, n. 33030; Cass., 16 dicembre 2019, n. 33120; Cass., 4 marzo 2020, n. 6017) e non è, dunque, più basata sulla necessaria riconducibilità dell’onere alla percezione di ricavi da parte dell’impresa che sostiene il costo; neppure è consentita la contestazione della incongruità o dell’antieconomicità del costo, dal momento che nel campo delle sponsorizzazioni è improponibile, se non impossibile, individuare l’ammontare «congruo» di una sponsorizzazione, poiché queste spese, di solito, sono sostenute nella prospettiva di aumentare i ricavi, senza la ben che minima garanzia che tale obiettivo possa essere davvero conseguito (cfr. Cass., 27 luglio 2021, n. 21452, citata). 4.5 In conclusione, dunque, il peculiare regime approntato dall’art. 90, comma 8, citato, come evidenziato dalle recenti pronunce di questa Corte, in forza della sua natura agevolativa, fissa una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche laddove risultino soddisfatti i requisiti sopra indicati, ossia che i
corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante e sia riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima (Cass., 19 gennaio 2018, n. 1420; Cass., 6 maggio 2019, n. 11797; Cass., 15 gennaio 2020, n. 8540), e consente, di conseguenza, di ritenere integralmente deducibili tali spese dal soggetto sponsor (cfr. Cass., 27 luglio 2021, n. 21452).
4.3. Pertanto, alla stregua dei suindicati principi, ogni valutazione circa l’inerenza e la congruità dei costi è preclusa dalla prevista praesumptio legis che ha riconosciuto l’integrale deducibilità dei costi di sponsorizzazione.
La sentenza impugnata non si è attenuta a detti principi là dove ha ridotto l’entità dei costi di sponsorizzazione della società ricorrente perché «ingiustificatamente elevate» e, quindi, valutandone la congruità rispetto alla prestazione complessivamente pattuita, sicché la stessa va cassata in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il primo.
Deve ulteriormente rilevarsi che la statuizione d’appello di riduzione del l’entità dei costi di sponsorizzazione sostenuti dalla società contribuente solo perché «ingiustificatamente elevate», presuppone l’effettività degli stessi e , quindi, dell’attività promozionale dello sponsee , che è questione non oggetto di impugnazione da parte dell’Agenzia delle entrate, che avendovi interesse, avrebbe dovuto proporre ricorso incidentale. Ne consegue che, essendosi formato il giudicato interno su tale aspetto della vicenda processuale, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384, secondo comma, ultima parte, cod. proc. civ., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con accoglimento integrale dell’originario ricorso della società contribuente .
Le spese del presente giudizio di legittimità, in applicazione del principio della soccombenza, vanno poste a carico della parte
intimata mentre vanno compensate le spese dei gradi di merito in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della società contribuente . Condanna l’intimata al pagamento in favore della ricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 4.300,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge. Compensa le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma il 15 maggio 2025