Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18726 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18726 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13545/2016 R.G. proposto da:
SANTINI DOMENICA DI RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, PROIETTI NOME , elettivamente domiciliati in Roma, in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che li rappresenta e difende;
-ricorrenti-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in Roma, in INDIRIZZO, presso l’ Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope legis;
–
intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 6134/2015 depositata il 23/11/2015. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/03/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.La C.T.R. del Lazio accolse il gravame interposto dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della C.T.P. di Viterbo di accoglimento del ricorso della società contribuente avverso l’avviso di accertamento con il quale venivano ripresi a tassazione euro 42.077.00, in relazione all’anno di imposta 2007, sul totale complessivo RAGIONE_SOCIALE spese di sponsorizzazione pari ad euro 56.000,00, attesa l’incongruità del costo da cui ne derivava l’antieconomicità dell’operazione.
Il giudice di seconde cure, nel dettaglio e per quanto ancora d’interesse, evidenziò come una volta acclarata la legittimità degli accertamenti fondati sull’antieconomicità fosse onere del contribuente confutare l’assunto accertativo.
1.2.Si evidenziò quindi come nel caso specifico ‘la generica esposizione del marchio CONAD non può che avere ricadute solo localmente, poiché è del tutto improbabile che gli spettatori di partite tenute al di fuori del territorio locale, in virtù della pubblicità vista sul campo da gioco, preferiscano affrontare un viaggio per andare a fare acquisti in un CONAD più lontano rispetto a quello ubicato nel proprio ambito territoriale, e in considerazione anche del fatto che il messaggio pubblicitario non è mai riferito a specifiche politiche commerciali di sconto o a prodotti venduti a prezzi particolarmente vantaggiosi. Va osservato che la realtà territoriale in cui opera la RAGIONE_SOCIALE (i due piccoli centri di Vignanello e Canepina) è talmente ridotta che è dubbia l’utilità aggiuntiva che essa potesse avere da una spesa del genere anche in ambito territoriale così ristretto, per cui a parere del Collegio non era necessario un investimento di E. 56.000,00. Il fatto che esista
un contratto, RAGIONE_SOCIALE immagini della sponsorizzazione effettuata, non può rendere deducibile qualsiasi costo. Pertanto non si può non concludere che il costo sostenuto non è del tutto antieconomico perché palesemente in contrasto con qualsiasi criterio di razionalità economico, tenuto conto anche che il reddito di impresa deve riguardata tutti i costi sostenuti, anche quelli in pubblicità. Il reddito di impresa, nel caso in esame, è del tutto antieconomico anche alla luce della complessiva situazione del contribuente in esame, perché anche se è vero che presenta un fatturato elevato, tale fatturato è completamente abbattuto dalla mole di costi di cui è gravata l’impresa. tanto da far registrare una perdita negli anni precedenti, ma anche nell’anno 2008′.
La sentenza è impugnata dai contribuenti con un motivo, l’RAGIONE_SOCIALE si è costituita al solo fine di partecipare all’udienza di discussione, ove disposta.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con il primo ed unico motivo di ricorso si deduce ‘vizio di logica nella motivazione’ nonché violazione del combinato disposto degli artt. 108, co. 2, e 109 del d.P.R. n. 917 del 1986 ed art. 90 co 8 della l. n. 289 del 2002 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. sulla qualificazione degli oneri di sponsorizzazione come spese pubblicitarie e la relativa deducibilità nell’esercizio in cui sono state sostenute.
Con questo motivo si impugna la motivazione della sentenza nella parte in cui non ha ritenuto deducibili le spese sostenute dai contribuenti in forza del contratto di sponsor.
In particolare, si intende censurare quanto statuito dai giudici di merito in relazione alla non inerenza dei costi sostenuti nell’ambito del rapporto di sponsorizzazione alla luce della presunzione di cui all’art. 90, comma 8, della l. n. 289 del 2002.
2.Il motivo è fondato. Al riguardo questa Corte ha, più volte, ribadito che «in tema di detrazioni fiscali, le spese di
sponsorizzazione di cui all’art. 90, comma 8, della legge n. 289 del 2002, sono assistite da una “presunzione legale assoluta” circa la loro natura pubblicitaria, e non di rappresentanza, a condizione che: a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale» (Cass., 7 giugno 2017, n. 14232), «senza che rilevino, pertanto, requisiti ulteriori» (Cass., 6 aprile 2017, n. 8981; Cass., 19 gennaio 2018, n. 1420; Cass., 30 maggio 2018, n. 13508; Cass., 6 maggio 2020, n. 8540).
Ancora questa Corte ha affermato, pure di recente, che il citato art. 90, comma 8, costituisce norma speciale, destinata a derogare anche al regime generale di deducibilità dei costi previsto dall’art. 109 del T.U.I.R., trattandosi di disposizione che detta peculiari condizioni di deducibilità RAGIONE_SOCIALE spese di pubblicità che rispondono alle specifiche esigenze del settore di riferimento, ossia RAGIONE_SOCIALE compagini RAGIONE_SOCIALE; la norma intende perseguire finalità diverse che, con tutta evidenza, possono essere rintracciate nella voluntas legis di approntare un regime agevolativo per quei soggetti che decidono di investire nello sport amatoriale e di favorire – tramite la leva fiscale – la diffusione di questo genere di attività giudicate socialmente utili e degne di protezione, stante anche la rilevanza costituzionale dello sport (cfr. Cass., 27 luglio 2021, n. 21452, in motivazione).
2.1.Il legislatore ha, dunque, stabilito una presunzione assoluta di deducibilità del costo, rendendo non sindacabile la scelta dell’imprenditore di promuovere il nome, il marchio o l’immagine attraverso iniziative pubblicitarie nel settore sportivo dilettantistico; non si può, quindi, negare lo scomputo dei costi di sponsorizzazione sulla base di una asserita assenza di una diretta aspettativa di ritorno commerciale, atteso che una tale soluzione
non si porrebbe neppure in linea con la stessa nozione di inerenza, come delineatasi nel tempo, che è di natura qualitativa e non quantitativa (Cass., 20 dicembre 2018, n. 33030; Cass., 16 dicembre 2019, n. 33120; Cass., 4 marzo 2020, n. 6017) e non è, dunque, più basata sulla necessaria riconducibilità dell’onere alla percezione di ricavi da parte dell’impresa che sostiene il costo; neppure è consentita la contestazione della incongruità o dell’antieconomicità del costo, dal momento che nel campo RAGIONE_SOCIALE sponsorizzazioni è improponibile, se non impossibile, individuare l’ammontare «congruo» di una sponsorizzazione, poiché queste spese, di solito, sono sostenute nella prospettiva di aumentare i ricavi, senza la ben che minima garanzia che tale obiettivo possa essere davvero conseguito (cfr. Cass., 27 luglio 2021, n. 21452, citata).
Da ultimo, Cass., 14 febbraio 2023, n. 4612 ha statuito che in tema di spese di sponsorizzazione, il regime di cui all’art. 90, comma 8, della l. n. 289 del 2002, nel testo vigente “ratione temporis”, fissa una presunzione assoluta di inerenza e congruità RAGIONE_SOCIALE sponsorizzazioni rese a favore di RAGIONE_SOCIALE laddove i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante e sia riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima, consentendo, di conseguenza, di ritenere integralmente deducibili tali spese dal reddito del soggetto sponsor.
3.In conclusione, dunque, il peculiare regime approntato dall’art. 90, comma 8, citato, come evidenziato dalle recenti pronunce di questa Corte, in forza della sua natura agevolativa, fissa una presunzione assoluta di inerenza e congruità RAGIONE_SOCIALE sponsorizzazioni rese a favore di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE laddove risultino soddisfatti i requisiti sopra indicati, ossia che i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell’immagine o
dei prodotti del soggetto erogante e sia riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima (Cass., 19 gennaio 2018, n. 1420; Cass., 6 maggio 2019, n. 11797; Cass., 15 gennaio 2020, n. 8540), e consente, di conseguenza, di ritenere integralmente deducibili tali spese dal soggetto sponsor (cfr. Cass., 27 luglio 2021, n. 21452).
3.1. Ciò posto, nella fattispecie in esame, l’RAGIONE_SOCIALE, come emerge dalla decisione impugnata, non ha mosso contestazioni afferenti alla effettiva corresponsione RAGIONE_SOCIALE somme da parte della società contribuente ed alla specifica attività del beneficiario della stessa; piuttosto, l’Ufficio finanziario ha rimarcato, in punto di fatto, che la spesa pubblicitaria in esame difettava di inerenza ed era antieconomica. Tale prospettazione, condivisa dal giudice di merito, si pone in contrasto con la corretta nozione di inerenza, che, come già affermato da questa Corte, non poggia sulla necessaria riconducibilità dell’onere di sponsorizzazione alla percezione di ricavi da parte dell’impresa che sostiene il costo, e non tiene conto dell’evoluzione RAGIONE_SOCIALE tecniche pubblicitarie che porta ad escludere che, nell’attuale mercato «globalizzato», ai fini della sussistenza del requisito dell’inerenza RAGIONE_SOCIALE spese di pubblicità, debba sussistere un legame territoriale tra l’offerta pubblicitaria e l’area geografica in cui l’impresa svolge la propria attività (Cass., 25 febbraio 2015, n. 3770), né una relazione tra il concetto di spesa e quello di impresa, assumendo rilevanza il costo non tanto per la sua esplicita diretta connessione ad una precisa componente di reddito, bensì in virtù di una correlazione con un’attività potenzialmente idonea alla produzione di utili (Cass., 27 luglio 2021, n. 21452, citata).
Nella specie, quindi, i giudici di merito muovendo dal presupposto che l’Amministrazione finanziaria potesse sindacare le scelte economiche dell’imprenditore, al fine di negare l’inerenza dei costi di sponsorizzazione manifestamente sproporzionati rispetto
all’utilità ritraibile dalla pubblicità, non si sono adeguati ai suesposti principi escludendo la deducibilità dei costi di sponsorizzazione in forza della ritenuta antieconomicità dell’operazione.
Ne consegue l’accoglimento del ricorso.
La sentenza della C.T.R. va, in conclusione, cassata e la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la quantificazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per regolare le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2024