Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13202 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13202 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3465/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo n. 428/03/2020, depositata il 30 settembre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-L’Agenzia delle entrate – Direzione regionale dell’Abruzzo, Ufficio Controlli, in data 27 marzo 2017 notificava alla RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) l’avviso di accertamento n. TAA30100001/2017 con cui recuperava maggiori imposte a fini IRES, IVA e IRAP per l’anno 2013. In particolare , l’Ufficio accertava che la RAGIONE_SOCIALE, operante nel settore della distribuzione al dettaglio di calzature, abbigliamento e accessori, aveva dedotto dal reddito di impresa componenti negativi privi dei necessari requisiti di certezza e inerenza di cui all’art. 109 TUIR. I verbalizzanti, in carenza di documentazione idonea a dimostrarne le spese, ritenevano non effettivi i costi imputati alla società, relativi a talune prestazioni di servizi, quali consulenze commerciali e prestazioni di assistenza. Rilevavano, inoltre, l’indeducibilità dei costi relativi alle royalties , corrisposte alla società RAGIONE_SOCIALE a titolo di compenso per l’utilizzazione del marchio ‘RAGIONE_SOCIALE‘, in quanto il contratto di licenza esclusiva del marchio risultava scaduto alla data del 23 novembre 2013.
La società impugnava l’avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Provinciale di L’Aquila che , con sentenza n. 403 dell’11 luglio 2018, depositata in data 9 agosto 2018, accoglieva parzialmente il ricorso ritenendo legittimamente dedotti i costi per le royalties .
-Avverso tale pronuncia la Direzione regionale proponeva appello.
La Commissione tributaria regionale, con sentenza n. 428/03/20, depositata il 30/09/2020, accoglieva l’impugnazione, condannando la società al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
-La contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Si ritiene logicamente prioritaria la trattazione del terzo, quarto e settimo motivo, che se fondati assorbirebbero gli altri. Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 109, comma 1, TUIR, art. 1321 e 1350 c.c. , in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale ritenuto privo di efficacia il contratto di licenza stipulato tra la contribuente e la società RAGIONE_SOCIALE Al riguardo, si deduce che il contratto in essere tra le parti non era affatto inesistente o scaduto, ma era semplicemente stato rinnovato in forma tacita. Appurato che, sul piano civilistico, non vi sono motivi ostativi per ravvisare la piena validità ed efficacia degli accordi verbali conclusi per il tramite dei cd ‘fatti concludenti’, non sarebbe dato comprendere la ragione per la quale il rinnovo tacito del contratto di licenza di cui si discute debba, invece, essere ritenuto invalido o ‘scaduto’ ai fini fiscali. La piena efficacia giuridica degli accordi verbali raggiunti tra le parti in ambito tributario sarebbe stata riconosciuta, altresì, dalla stessa Agenzia delle entrate, chiamata a esprimersi in ordine all’obbligo di comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini IVA (Circolare 28/E del 21 giugno 2011). Si deduce, inoltre, che l’Ufficio (prima) e il giudice d’appello (poi), avrebbero fatto propria un’interpretazione del requisito della certezza e dell’obiettiva determinabilità che non è rintracciabile né sul piano normativo né su quello giurisprudenziale e di prassi, avendo essi finito per individuarne la violazione nella
pretesa esistenza di un ‘contratto scaduto’, anziché nell’esistenza di condizioni di determinabilità dell’importo fatturarle.
Con il quarto motivo si contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 109, comma 1, TUIR, 1350 e 1321 c.c. , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale subordinato la deducibilità delle royalties alla sussistenza di un contratto e addossato in capo alla società contribuente un onere più gravoso rispetto a quello su di esso incombente.
Con il settimo motivo di ricorso si prospetta la violazione degli artt. 19 e 21, 54 d.P.R. 633/1972, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale ritenuto la non deducibilità di taluni costi ai fini delle imposte dirette, per difetto di inerenza, determinando così in via automatica e senza altre considerazioni la non detraibilità dell’IVA.
1.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati.
In tema di IVA, la detrazione dei costi richiede la loro inerenza all’attività di impresa, da intendersi come necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, secondo una valutazione qualitativa e non quantitativa o utilitaristica, la cui prova, in caso di contestazioni dell’amministrazione finanziaria, è a carico del contribuente, dovendo egli provare e documentare l’imponibile maturato e, quindi, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto di impresa perché in correlazione con l’attività di impresa e non ai ricavi in sé (Cass., Sez. V, 13 febbraio 2025, n. 3747).
In forza del principio di neutralità fiscale dell’IVA, ogni fornitore o prestatore di servizio che abbia corrisposto l’IVA può detrarla dai costi sostenuti e interrompendosi il meccanismo allorché il bene o il servizio siano resi al consumatore finale (Cass., Sez. V, 14 ottobre
2021, n. 27961). Il diritto alla detrazione spetta pur in presenza di violazioni degli obblighi formali di tenuta, registrazione e conservazione delle fatture, per cui permane la possibilità di irrogare le relative sanzioni non potendosi qualificare le stesse come meramente formali, purché tutti gli obblighi sostanziali siano soddisfatti, salvo che la parte abbia omesso di effettuare gli obblighi formali in vista di un intento fraudolento e di evasione, ovvero la violazione sia finalizzata ad impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali (Cass., Sez. V, 5 gennaio 2022, n. 143).
Se dunque il costo è stato sostenuto ed è inerente all’attività di impresa, ne va ammessa la detraibilità.
Nel caso di specie, i relativi costi sono stati effettivamente sostenuti, non avendoli nessuno esclusi, e si tratta di costi sostenuti dalla società contribuente per attività connessa all’attività d’impresa ( royalties per l’uso del marchio).
La questione centrale, che non è stata affrontata nella pronuncia impugnata riguarda la proroga del contratto di uso del marchio successivamente alla sua scadenza, rilevandosi come nella fattispecie non vi è alcuna necessità di un requisito formale, potendosene ammettere la persecuzione per fatti concludenti in ragione dei principi di autonomia privata (art. 1322 c.c.) e della libertà della forme di manifestazione della volontà negoziale (art. 1350 ss. c.c.), non essendo imposta la forma scritta ad substantiam , né sono vietate la stipula di un contratto per facta concludentia o mediante esecuzione della prestazione ex art. 1327 c.c. (Cass., Sez. Un., 9 settembre 2018, n. 20684)
-L’accoglimento del terzo, del quarto e del settimo motivo di ricorso determina l’assorbimento dei restanti (con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 109 , comma 5, TUIR in relazione all’art.
360, comma 1, n. 5 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Con il secondo motivo si prospetta la nullità della sentenza per motivazione apparente, in violazione degli artt. 36 comma 2, n. 4 d.lgs. n. 546/1992, 132, comma 2, n. 4 e art. 118 c.p.c., nonché art. 111, comma 6 Cost., in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4 c.p.c., per non aver la Commissione tributaria regionale dato conto delle ragioni a sostegno della decisione. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale reso una pronuncia in violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato in relazione al profilo relativo alla contestazione della circostanza su cui l’ufficio aveva basato il proprio convincimento in merito alla non deducibilità dei costi sostenuti dalla società. Con il sesto motivo di ricorso si lamenta la violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4 d.lgs. n. 546/1992, 132, comma 2, n. 4 e 118 c.p.c., nonché 111, comma 6, della Costituzione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per aver reso la Commissione tributaria regionale una pronuncia affetta da vizio radicale di motivazione laddove si è limitata a confermare l’indetraibilità dell’I VA senza esplicitare le ragioni poste a fondamento di tale affermazione).
-La sentenza impugnata dev’essere perciò cassata i relazione ai motivi accolti e, per l’effetto, va disposto il rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado territorialmente competente anche per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo, il quarto e il settimo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa
alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 marzo 2025.