Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21218 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21218 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
Avviso accertamento anno 2008 -disconoscimento deducibilità quote ammortamento ed altro
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26308/2017 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso unitamente e disgiuntamente dagli avv.ti NOME COGNOME del foro di Livorno e NOME COGNOME del foro di Roma, giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 913/14/17 della Commissione tributaria regionale della Toscana, depositata in data 6.4.2017;
udita la relazione svolta all’udienza camerale del 2.4.2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La società RAGIONE_SOCIALE impugnava un avviso di accertamento relativo all’ anno di imposta 2008, a mente del quale l’Agenzia delle Entrate di Livorno disconosceva la deducibilità delle quote di ammortamento, dei canoni di leasing e degli oneri
condominiali afferenti appartamenti destinati ad uso abitativo ed accertava maggiori imposte IRES ed IRAP.
La CTP di Livorno rigettava il ricorso.
LA C.T.R. della Toscana rigettava l’appello, affermando che il contraddittorio preventivo non era necessario e comunque non era stata offerta la prova di resistenza. Nel merito, non vi era stata alcuna deroga convenzionale alla disciplina del 102 TUIR relativamente alle quote di ammortamento, che quindi non erano deducibili dalla società, ma semmai dall’affittuaria del complesso alberghiero.
Avverso la precitata sentenza ha proposto ricorso la società RAGIONE_SOCIALE sulla base di tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, rubricato « violazione e falsa applicazione dell’art. 12 comma 7 dello statuto del contribuente », la società assume che la CTR aveva errato ad affermare che l ‘art. 12 comma 7 dello Statuto del contribuente, che imponeva il rispetto del termine dilatorio di 60 giorni dalla chiusura delle operazioni, non si applicasse al tipo di accertamento impugnato, nonostante copiosa giurisprudenza di segno contrario. L’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto redigere e notificare il verbale di chiusura delle operazioni e di poi attendere il termine dilatorio di sessanta giorni prima di notificare l’avviso di accertamento.
1.1. Il motivo è infondato.
Questa Corte ha più volte affermato che in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata esclusivamente per i tributi “armonizzati” di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, una prescrizione generale, analoga a quella comunitaria.
Conseguentemente, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino” (Sez. U, n. 24823 del 09/12/2015, Cass. ord. 9014/2017, tra le stesse parti);
Con il secondo motivo – rubricato «violazione e falsa applicazione dell’art. 102 c. 8 del tuir collegato all’art. 2561 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c. -, la ricorrente deduce che la C.T.R. sarebbe incorsa in errore, per non aver valutato il contenuto del contratto di affitto di azienda, prodotto in allegato al ricorso di primo grado sub. 5, nel quale, alla clausola n. 13, era contenuta la deroga che consentiva la deduzione delle quote di ammortamento alla società affittante.
2.1 Il motivo è inammissibile.
La parte, sotto lo schermo del vizio di violazione di legge, denuncia in realtà l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, vizio che non è deducibile in presenza di ‘doppia conforme’ sfavorevole alla contribuente, a meno che la parte non dimostri che le sentenze di merito di primo e secondo grado siano fondate su ragioni diverse, onere nella specie non assolto.
Più volte questa Corte ha infatti affermato che nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter, comma 5, c.p.c., il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5) dell’art. 360 c.p.c. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse. (tra le più recenti, Cass. n. 5947/2023).
Con il terzo motivo – rubricato «omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, 360, comma 1, n. 5, c.p.c.» -, si lamenta che la C.T.R. non abbia esaminato la questione del diritto di dedure
i canoni di leasing e gli oneri condominiali relativi ai beni aziendali concessi in affitto. Tale questione, a suo dire indicata nel ricorso di primo grado ed anche a pagina 7 dell’atto di appello, non era stata esaminata e si trattava di un fatto decisivo per il giudizio.
3.1. La doglianza, impropriamente sussunta nel vizio di cui al n. 5 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c. (nel qual caso sarebbe inammissibile per gli stessi motivi illustrati al precedente punto 2.1) è da riqualificarsi piuttosto quale vizio di omessa pronuncia su uno dei motivi di gravame, in tesi avente ad oggetto la questione della deducibilità dei canoni di leasing e degli oneri condominiali, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. ed è parimenti inammissibile per difetto di autosufficienza. La parte non trascrive il motivo di gravame, nè produce l’atto di appello e dalla sentenza impugnata non si evince che fosse stato formulato un motivo di gravame avente ad oggetto la predetta questione.
Conclusivamente, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in euro 4.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2.4.2025.