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Deducibilità perdite su crediti: la prova spetta a te

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19267/2024, ha stabilito che per la deducibilità perdite su crediti, fuori dai casi di procedure concorsuali, il contribuente deve fornire elementi certi e precisi che dimostrino l’inesigibilità del credito e le azioni intraprese per il recupero. La sola iscrizione a bilancio della perdita non è sufficiente. La Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribadendo il rigoroso onere probatorio a carico dell’impresa.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità Perdite su Crediti: La Prova Spetta all’Impresa

La gestione dei crediti insoluti è una sfida costante per ogni azienda. Oltre al danno economico diretto, sorgono complessi interrogativi fiscali. In particolare, la questione della deducibilità perdite su crediti è un terreno scivoloso, dove la semplice contabilità non basta a soddisfare le pretese del Fisco. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 19267/2024) ha ribadito con forza un principio fondamentale: l’onere di dimostrare che una perdita è reale, certa e definitiva spetta interamente al contribuente, che non può limitarsi a un atteggiamento passivo.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di due società, una holding industriale e una sua controllata chimica. L’amministrazione finanziaria contestava la deduzione, per l’anno d’imposta 2009, di ingenti perdite su crediti e di alcune sopravvenienze passive. Secondo il Fisco, le società non avevano fornito prove sufficienti a giustificare tali deduzioni.

Il percorso giudiziario è stato altalenante:
1. La Commissione Tributaria Provinciale ha dato ragione all’Agenzia delle Entrate, respingendo il ricorso delle società.
2. Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale ha parzialmente riformato la decisione. I giudici d’appello hanno ritenuto legittima la deduzione delle perdite su crediti, ma hanno confermato l’indeducibilità delle sopravvenienze passive.

Insoddisfatta della sentenza di secondo grado, l’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la parte della decisione che le era sfavorevole. Le società, a loro volta, hanno risposto con un ricorso incidentale per contestare il rigetto della deducibilità delle sopravvenienze passive.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso principale dell’Agenzia delle Entrate e ha rigettato quello incidentale delle società. Di conseguenza, la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è stata cassata nella parte relativa alle perdite su crediti, e il caso è stato rinviato a un nuovo collegio per un riesame basato sui principi stabiliti dalla Corte stessa.

In sostanza, la Cassazione ha affermato che la decisione dei giudici d’appello era errata perché non aveva verificato adeguatamente la sussistenza dei requisiti di ‘certezza e precisione’ della perdita, limitandosi a prendere atto della sua contabilizzazione e dello stato di insolvenza dei debitori.

Le Motivazioni

La parte centrale della pronuncia riguarda l’interpretazione degli articoli 101 e 109 del TUIR e dell’articolo 2697 del codice civile sull’onere della prova. La Corte ha chiarito diversi punti cruciali.

L’Onere della Prova nella Deducibilità Perdite su Crediti

Il principio cardine ribadito dalla Cassazione è che, al di fuori dei casi in cui il debitore è soggetto a procedure concorsuali (fallimento, concordato, ecc.), dove la perdita è presunta, spetta al contribuente dimostrare in modo inequivocabile che il credito è diventato inesigibile. Non è sufficiente che il credito sia iscritto in bilancio e che il debitore versi in difficoltà finanziarie. Il creditore deve provare, con ‘elementi certi e precisi’, sia il ‘se’ della perdita (l’an) sia il suo esatto ammontare (il quantum).

L’Inerzia del Creditore è Fatale

Un aspetto fondamentale evidenziato dalla Corte è il comportamento del creditore. Non si può parlare di perdita fiscalmente rilevante se l’impresa creditrice è rimasta inerte, senza aver intrapreso azioni concrete per recuperare il proprio credito. Un atteggiamento ‘remissivo e liberale’ non giustifica la deduzione fiscale. La perdita, per essere tale, deve derivare da una conclamata e oggettiva impossibilità di riscossione, non da una scelta del creditore di non agire. Nel caso specifico, il fatto che le società creditrici e debitrici appartenessero allo stesso gruppo societario e la mancanza di prove sull’avvio di procedure esecutive sono stati elementi che hanno giocato a sfavore delle contribuenti.

La Prova per le Sopravvenienze Passive

Anche per quanto riguarda il ricorso incidentale delle società, la Corte ha applicato un principio analogo. La deducibilità di un costo, come una sopravvenienza passiva, richiede la prova della sua esistenza, inerenza all’attività d’impresa e coerenza economica. Le società non erano riuscite a dimostrare l’effettivo costo sostenuto per i servizi contestati, pertanto la decisione di negare la deduzione è stata ritenuta corretta.

Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione invia un messaggio chiaro a tutte le imprese: la deducibilità delle perdite su crediti non è un automatismo contabile. Per poter portare in deduzione una perdita, è indispensabile costruire un solido dossier probatorio che dimostri non solo le difficoltà del debitore, ma anche e soprattutto gli sforzi attivi e documentati messi in atto per recuperare il credito. L’inerzia è fiscalmente sanzionata. Le aziende devono quindi adottare una politica di gestione del credito proattiva, documentando ogni passaggio del processo di recupero, dalle semplici lettere di sollecito alle azioni legali, per poter validamente sostenere, in caso di contestazione, la definitività della perdita ai fini fiscali.

Per rendere deducibile una perdita su un credito, è sufficiente registrarla in bilancio?
No, la sola contabilizzazione della perdita e la sua iscrizione in bilancio non sono sufficienti per la deducibilità fiscale. È necessario fornire prove concrete della sua definitività.

Cosa deve dimostrare un’impresa per la deducibilità di una perdita su crediti se il debitore non è in una procedura concorsuale?
L’impresa deve dimostrare, attraverso ‘elementi certi e precisi’, sia l’effettiva inesigibilità del credito (l’an della perdita) sia il suo esatto ammontare (il quantum). Inoltre, deve provare di essersi attivata per tentare di recuperare il credito.

Un’impresa può dedurre una perdita su un credito se non ha intrapreso alcuna azione per recuperarlo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, un comportamento ‘remissivo e liberale’ da parte del creditore, che non fa nulla per esercitare il proprio diritto, impedisce di considerare la perdita come fiscalmente deducibile. L’inerzia del creditore è un ostacolo alla deduzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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