Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 303 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 303 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24408/2020 R.G. proposto da
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio legale COGNOME, rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL VENETO n. 1455/2019 depositata il 19 dicembre 2019
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 28 novembre 2024 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Venezia dell’Agenzia delle Entrate notificava a NOME COGNOME un avviso di accertamento relativo all’anno 2010 mediante il quale disconosceva la deducibilità di
componenti negativi di reddito costituiti da perdite su crediti, con le conseguenti riprese a tassazione ai fini dell’IRPEF.
Il contribuente impugnava tale avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Venezia, che accoglieva il suo ricorso, annullando l’atto impositivo.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, la quale, con sentenza n. 1455/2019 del 19 dicembre 2019, in accoglimento dell’appello spiegato dall’Amministrazione Finanziaria, respingeva l’originario ricorso del contribuente, ritenendo insussistenti nella concreta fattispecie gli elementi certi e precisi richiesti dall’art. 101, comma 5, del D.P.R. n. 917 del 1986 ai fini della deducibilità delle perdite su crediti.
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 101, comma 5, del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR).
1.1 Si contesta la valutazione compiuta dalla CTR in ordine alla sussistenza di elementi certi e precisi atti a dimostrare la definitività della perdita dedotta dal contribuente.
Il motivo è infondato.
2.1 Secondo la CTR veneta, il COGNOME non è riuscito a dimostrare che la perdita sul credito da lui vantato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita nel 2012, fosse da considerare certa e definitiva già nell’anno 2010, in cui era stata dedotta fiscalmente.
2.2 Ha osservato, in proposito, che nessuno degli assegni emessi dalla debitrice era stato protestato e che il contribuente non aveva dato prova dell’infruttuoso esperimento del recupero del credito.
2.3 La soluzione offerta dai giudici regionali appare giuridicamente corretta, alla luce della giurisprudenza di questa Corte formatasi «in subiecta materia» .
2.4 È stato, infatti, statuito che, in tema di imposte sui redditi d’impresa, il contribuente che intenda contestare il disconoscimento di una perdita su crediti da parte dell’Ufficio ha l’onere di fornire la prova dei fatti costitutivi del suo preteso diritto alla deducibilità della perdita e di offrire gli elementi certi e precisi richiesti dalla norma per dimostrare che la stessa si sia effettivamente verificata.
Spetta, poi, al giudice il poteredovere di valutare l’idoneità di tali elementi a rappresentare una perdita deducibile.
2.5 La prova in questione investe la definitività della perdita e riguarda il mancato pagamento volontario del credito e l’impossibilità di un suo recupero in via coattiva.
2.6 Se, dunque, il creditore resta inerte nell’esercizio del suo diritto, si è in presenza di un credito inattuato per volontà del medesimo, ma non esistono elementi certi per configurare una perdita fiscalmente rilevante.
2.7 L’anno di competenza in cui effettuare la deduzione della perdita deve coincidere con quello in cui si acquista certezza che il credito non può più essere soddisfatto, materializzandosi in tale momento gli elementi certi e precisi della sua irrecuperabilità; diversamente opinando, si rimetterebbe all’arbitrio del contribuente la scelta del periodo d’imposta più vantaggioso per operare la deduzione, snaturando la regola espressa dal principio di competenza, che rappresenta invece criterio inderogabile e oggettivo per determinare il reddito d’impresa (cfr. Cass. n. 12693/2022, Cass. n. 2259/2018, Cass. n. 23330/2017).
2.8 Ai suenunciati princìpi di diritto si è attenuta la CTR, la quale ha rettamente affermato che, «secondo quanto disposto dall’art. 101, comma 5, del TUIR, nella versione novellata dal D.L. n. 83/2012, convertito nella L. n. 134/2012, al fine di rendere la perdita su credito deducibile dal reddito imponibile per la determinazione dell’imposta, è necessario che la stessa risulti da elementi certi e precisi sia in relazione all’esistenza del credito, sia in relazione all’impossibilità di riscuotere lo stesso per infruttuosità delle procedure seguite nell’àmbito del recupero ovvero per l’assoggettamento del debitore alle procedure concorsuali di cui al R.D. n. 267/42» , soggiungendo che «il caso de quo non rientra in alcuna delle fattispecie previste dal precitato art. 101» .
2.9 Peraltro, poichè il credito di cui trattasi era vantato nei confronti di una società dichiarata fallita nel 2012, la pretesa del contribuente di dedurre la relativa perdita nell’anno 2010 nemmeno potrebbe trovare fondamento nell’indirizzo di legittimità in base al quale, ove il debitore sia assoggettato a procedura concorsuale, la deduzione della perdita su crediti è ammessa (ai sensi dell’ art. 101, comma 5, del TUIR -da interpretare alla luce del successivo comma 5bis , introdotto dall’ art. 13, comma 1, lettera d], del D. Lgs. n. 147 del 2015, cd. decreto internazionalizzazione- e del comma 3 del medesimo art. 13), anche con riferimento agli esercizi anteriori al 2015, entro la ‘finestra temporale’ che va dalla data di apertura della procedura al periodo d’imposta in cui, secondo la corretta applicazione dei princìpi contabili, si deve procedere alla cancellazione del credito dal bilancio (cfr. Cass. n. 15218/2021, Cass. n. 27352/2023, Cass. n. 33360/2023).
Per le ragioni esposte, il ricorso va respinto, dovendo escludersi che l’impugnata decisione sia affetta dal denunciato «error in iudicando» .
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 5.000 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P .R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione