Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27819 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27819 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13982/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata ex lege in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA SEZ.DIST. BRESCIA n. 6298/2016 depositata il 28/11/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
In esito a verifica dell’Ufficio controlli della Direzione provinciale di Brescia dell’Agenzia delle entrate, emergeva che , in data 21.5.2009, la società RAGIONE_SOCIALE aveva concesso una fideiussione dell’importo di euro 3.000.000,00 a garanzia del fido che altra società, la RAGIONE_SOCIALE aveva in essere presso il Banco
di RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE; in relazione alla prestazione di garanzia, la società odierna ricorrente aveva emesso la fattura n. 7 del 10.6.2009 nei confronti della società garantita, per il corrispettivo di € 20.000,00.
1.1. Successivamente, nel corso del 2009, la RAGIONE_SOCIALE si era dapprima trasformata in società a responsabilità limitata; quindi, era stata posta in liquidazione volontaria ed infine fusa per incorporazione nella RAGIONE_SOCIALE in liquidazione. Questa società, in data 18.3.2010, era stata ammessa dal Tribunale di Parma alla procedura di concordato preventivo.
1.2. In data 29.3.2010 il Banco di RAGIONE_SOCIALE, previa infruttuosa escussione della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, quale incorporante della originaria debitrice principale RAGIONE_SOCIALE, escuteva la RAGIONE_SOCIALE per l’importo della fidejussione prestata. In data 28.10.2010, il Tribunale di Parma dichiarava il fallimento della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (nuova denominazione sociale assunta dalla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione).
1.3. In data 24.12.2010 la RAGIONE_SOCIALE chiedeva l’ammissione al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione per la complessiva somma di euro 3.020.000,00, di cui euro 3.000.000,00 quale importo oggetto della garanzia fideiussoria ed euro 20.000,00 quale corrispettivo concordato per il rilascio della fideiussione medesima.
1.4. Il 31.12.2010 la società contabilizzava l’importo di euro 3.000,000,00 quale perdita su crediti.
1.5. In sede di verifica l’Agenzia delle entrate, ritenuta la estraneità della prestazione di garanzia fideiussoria all’attività di impresa della RAGIONE_SOCIALE, disconosceva la deducibilità della perdita sul relativo credito e notificava gli avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO, con i quali procedeva alla rettifica in aumento del reddito imponibile relativo agli anni d’imposta 2011 e 2012.
La CTP di Brescia, riuniti i ricorsi proposti dalla società, li respingeva, con decisione confermata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia con sentenza n. 6928/2016, depositata in data 28/11/2016.
Avverso la predetta sentenza ricorre la società contribuente con due motivi. Resiste l’Amministrazione con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, la società contribuente denuncia la «Violazione e falsa applicazione dell’art. 84 del TUIR, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.», affermando che la CTR si sarebbe dovuta limitare a prendere atto della facoltà concessa al contribuente dalla disposizione richiamata, di riportare la perdita negli esercizi successivi a quello di formazione, senza entrare nel merito della legittimità della deduzione, oggetto di controversia con esclusivo riferimento all’avviso relativo all’anno 2020, in cui essa era stata portata in deduzione. Ciò in quanto gli avvisi di accertamento per gli anni 2011 e 2012, facendo integralmente riferimento a quello relativo all’anno di imposta 2010, non avrebbero contenuto proprio.
Con il secondo motivo di ricorso la società contribuente denuncia la «violazione e falsa applicazione dell’art. 109 co. 5 D.P.R. 917/1986, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.», lamentando che il giudice d’appello abbia erroneamente applicato la disposizione laddove, nonostante le prove addotte da essa ricorrente a dimostrazione della riconducibilità dell’operazione a finalità di strategia aziendale, ha disconosciuto la deducibilità della perdita del credito in questione.
2.1. In particolare, la ricorrente sostiene che la fideiussione rientrava nel quadro di un accordo commerciale tra essa e la RAGIONE_SOCIALE, finalizzato all’acquisizione come cliente del massimo operatore del mercato di riferimento; contesta che la circostanza di
non aver realizzato ricavi possa far escludere il requisito dell’inerenza del costo rispetto all’attività di impresa, rifacendosi ad un concetto definito “ampio” del requisito stesso dell’inerenza; lamenta in particolare che la CTR non abbia adeguatamente valorizzato i documenti prodotti dalla società, che documenterebbero l’accordo raggiunto con RAGIONE_SOCIALE in funzione di una futura collaborazione commerciale, in primis la lettera di intenti del 15 aprile 2008, inviata dalla attuale ricorrente e sottoscritta per accettazione dall’amministratore di COGNOME in data 6 ottobre 2008, alla quale peraltro, pur essendo stata rilasciata la promessa fideiussione, non fece mai seguito l’inizio dell’attività produttiva.
Il primo motivo di ricorso, di oscura formulazione, è inammissibile.
In primo luogo, la censura non si pone in relazione con la ratio manifestata dalla sentenza impugnata, che non ha dubitato della facoltà dell’impresa di riportare la perdita agli anni successivi, bensì ha escluso, in radice, la legittimità della deduzione.
Se poi, come pare di potere desumere, si contesta la cognizione della CTR in merito ad un fatto originatore di pretesa tributaria pluriennale verificatosi in anno di imposta precedente, la tesi risulta meramente asserita senza alcuna positiva argomentazione.
Ed ancora non si ravvisano, e neppure sono allegati, i presupposti per invocare l’efficacia di un giudicato esterno, né in ordine alla sospensione del giudizio di appello.
Infine, laddove si volesse ravvisare una criptica contestazione attinente alla motivazione per relationem dell’atto impugnato, si osserva che per giurisprudenza granitica (cfr., ex plurimis , Cass. n. 407/2015) – tale principio non si applica nel caso in cui il contribuente abbia avuto integrale e legale conoscenza dell’atto richiamato.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
4.1. La Commissione tributaria regionale ha in proposito così motivato la sua decisione (pagg. 3 – 4 della sentenza): «Facendo riferimento all’oggetto sociale della società ed alla tipologia dell’attività svolta va rilevato che la previsione statutaria di operazioni finanziarie straordinarie (nella fattispecie concessione di fideiussione) debba essere legata all’attività tipica della società, stante, in ogni caso, la causalità necessaria da rispettare per una corretta ed attenta gestione aziendale. A prescindere dalla presa in carico di rischi imprenditoriali, rientranti nelle scelte dell’imprenditore, appare non coerente e, soprattutto, non giustificata la concessione di una garanzia rilevante unicamente su assicurazioni verbali relativamente a trattative per accordi commerciali, per altro non provate in base ad una fondata documentazione. Aggiungasi che gli organi societari non dimostrano di aver ben valutato le conseguenze afferenti la fattibilità, la solidità e la sostenibilità dell’operazione finanziaria in oggetto (…) senza una alcuna valida garanzia di successo dell’operazione, né controgaranzia. (…) Ancora, negli undici mesi, successivi alla concessione della fidejussione non si sono concretizzati accordi, non sono sorti rapporti commerciali, non è aumentato il fatturato secondo le aspettative, ma sono state poste in essere fusioni societarie, avviate procedure concorsuali ed è avvenuta l’escussione della garanzia fideiussoria. (…) Quanto testé delineato unitamente al fatto che l’operazione finanziaria era estranea alla gestione aziendale ha generato giustamente nell’Ufficio il convincimento, in assenza di documentazione probante (contratti, proposte, corrispondenza, ecc.) che l’operazione finanziaria citata non fosse volta al raggiungimento dell’obbiettivo aziendale di massimizzazione del profitto, per il raggiungimento dell’oggetto sociale e, per l’effetto, legittimamente l’Ente impositore ha ritenuto l’operazione finanziaria estranea
all’oggetto sociale, carente, del requisito dell’inerenza e che il relativo costo fosse indeducibile, a seguito della perdita del credito».
4.2. La RAGIONE_SOCIALE non ha affatto disconosciuto a priori la possibilità che l’operazione in questione rientrasse nel quadro di una strategia commerciale quale quella delineata dalla ricorrente, bensì ha escluso in concreto che tale inerenza fosse ravvisabile nella fattispecie, alla luce delle considerazioni esposte e del fatto che l’esistenza dell’accordo in questione non fosse stata adeguatamente dimostrata dall’appellata.
4.3. Da ciò deriva l’inammissibilità della censura svolta che, seppure formulata in termini di violazione di legge, riveste una natura meritale, profilandosi con tutta evidenza preordinata ad un nuovo esame delle risultanze istruttorie, e la prospettazione si palesa finalizzata ad ottenere una valutazione delle prove e quindi un accertamento fattuale di segno opposto a quello espresso dalla CTR.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 7.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processsuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 02/10/2024.