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Deducibilità merce rubata: la denuncia è sufficiente

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate in un caso di deducibilità merce rubata. L’ordinanza stabilisce che una denuncia di furto, se dettagliata e contenente la valorizzazione dei beni sottratti, costituisce prova sufficiente per il contribuente al fine di dedurre la perdita. La Corte ha sottolineato che l’onere di richiedere specifiche integrazioni sulla valutazione dei beni spetta all’Amministrazione finanziaria in fase di controllo, e la sua inerzia non può ricadere sul contribuente.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità Merce Rubata: Quando la Denuncia di Furto Basta a Provare la Perdita

La questione della deducibilità merce rubata rappresenta un punto cruciale per molte imprese, che si trovano a dover dimostrare al Fisco la realtà di una perdita subita per eventi esterni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti su quali prove siano sufficienti per il contribuente, rafforzandone la posizione. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Una società si vedeva notificare un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione finanziaria contestava la deduzione di componenti negativi di reddito derivanti dalla perdita di beni a seguito di un furto. Secondo il Fisco, la perdita d’esercizio dichiarata dal contribuente non era sufficientemente provata, il che portava alla rettifica e all’imputazione di un maggior reddito imponibile.

Il contribuente impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP), che accoglieva parzialmente il ricorso. L’Agenzia delle Entrate proponeva appello, ma la Commissione Tributaria Regionale (CTR) confermava la decisione di primo grado, dando nuovamente ragione, seppur parzialmente, al contribuente. Insoddisfatta, l’Agenzia ricorreva per Cassazione, affidandosi a tre motivi di impugnazione.

I Motivi del Ricorso dell’Agenzia delle Entrate

L’Amministrazione finanziaria basava il proprio ricorso su tre argomentazioni principali:

1. Violazione di legge sull’onere della prova: Secondo l’Agenzia, le sole denunce di furto presentate dal contribuente non erano sufficienti a vincere la presunzione di cessione dei beni. Sosteneva che il contribuente avrebbe dovuto fornire anche i criteri e gli elementi specifici utilizzati per determinare il valore dei beni rubati, cosa che, a suo dire, era stata richiesta prima dell’accertamento.
2. Vizio di motivazione: L’Agenzia lamentava una motivazione illogica e apparente da parte della CTR. I giudici di secondo grado avevano definito le denunce come “esaurienti”, senza però spiegare il perché, limitandosi a constatare che contenevano il dettaglio dei beni e la loro valorizzazione.
3. Omesso esame di un fatto decisivo: Si contestava alla CTR di non aver considerato l’invito, notificato prima dell’accertamento, con cui si chiedevano lumi sui “modi di determinazione dei valori trafugati”.

La Decisione della Corte sulla deducibilità merce rubata

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la correttezza delle sentenze di merito e, di conseguenza, la legittimità della deduzione operata dal contribuente.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni dell’Agenzia. In primo luogo, ha chiarito che la CTR non aveva affatto ignorato l’obbligo del contribuente di provare il valore dei beni. Al contrario, aveva accertato che, da un lato, una richiesta specifica in tal senso da parte dell’Agenzia era mancata e, dall’altro, che il valore dei beni sottratti era già stato “dettagliatamente indicato in denuncia”. Pertanto, l’onere probatorio a carico del contribuente doveva considerarsi assolto.

Sul vizio di motivazione, la Corte ha ritenuto il percorso logico della CTR pienamente valido. La CTR aveva correttamente osservato che le denunce di furto erano complete, includendo il dettaglio dei beni e la loro valorizzazione, e che non risultavano richieste di chiarimenti da parte dell’Agenzia rimaste senza risposta. La legge stessa (d.p.r. n. 441/97) considera sufficiente, a tal fine, anche una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rendendo quindi a maggior ragione valida una denuncia dettagliata.

Infine, il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile a causa del principio della “doppia conforme”. Essendo le sentenze di CTP e CTR identiche nel loro esito, non era possibile in Cassazione lamentare l’omesso esame di un fatto. Ad ogni modo, la Corte ha aggiunto che l’invito menzionato dall’Agenzia riguardava la richiesta di documentazione contabile (poi prodotta), non una specifica richiesta sui criteri di valorizzazione dei beni rubati.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale a tutela del contribuente: per ottenere la deducibilità merce rubata, una denuncia di furto ben documentata, che specifichi la natura, la quantità e il valore dei beni sottratti, rappresenta un elemento di prova primario e spesso sufficiente. Se l’Amministrazione finanziaria nutre dubbi sui criteri di valutazione, ha l’onere di formulare richieste di chiarimenti specifiche e tempestive. In assenza di tali richieste, non può successivamente contestare la deduzione basandosi su una presunta carenza probatoria che essa stessa non ha contribuito a colmare. Questa decisione ribadisce che l’onere della prova deve essere interpretato con equilibrio, senza imporre al contribuente adempimenti eccessivamente gravosi di fronte a eventi dannosi imprevedibili come un furto.

Una denuncia di furto è sempre sufficiente per ottenere la deducibilità della merce rubata?
Secondo questa ordinanza, una denuncia di furto che sia dettagliata, indicando la natura, la quantità e il valore dei beni sottratti, può essere considerata prova sufficiente. La sua sufficienza è rafforzata se l’Agenzia delle Entrate non ha formulato specifiche richieste di chiarimenti sui criteri di valutazione prima di emettere l’avviso di accertamento.

Cosa significa il principio della “doppia conforme” applicato in questo caso?
Il principio della “doppia conforme” stabilisce che se le sentenze di primo e secondo grado giungono alla medesima decisione sui fatti della causa, il ricorso in Cassazione per omesso esame di un fatto decisivo è inammissibile. In questo caso, poiché sia la CTP che la CTR avevano dato ragione al contribuente sulla base delle stesse prove, l’Agenzia non poteva più sollevare tale questione davanti alla Suprema Corte.

Quale è l’onere dell’Agenzia delle Entrate se ritiene insufficiente la documentazione del furto?
L’ordinanza chiarisce che spetta all’Amministrazione finanziaria, in fase di verifica, l’onere di richiedere esplicitamente al contribuente ulteriori dettagli o chiarimenti, ad esempio sui criteri di valorizzazione dei beni. Se l’Agenzia non avanza richieste specifiche e il contribuente ha fornito una documentazione ragionevolmente completa (come una denuncia dettagliata), non può successivamente contestare la deduzione per carenza di prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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