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Deducibilità IRAP: Costi del personale e contributi

Una società ha chiesto il rimborso IRES per la deducibilità IRAP sui costi del personale. L’Amministrazione Finanziaria ha negato la parte relativa ai contributi previdenziali a carico dei dipendenti. La Cassazione ha accolto il ricorso della società, annullando la decisione di merito per motivazione apparente e carente, rinviando per un nuovo esame sulla corretta base di calcolo della deduzione.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità IRAP: La Cassazione chiarisce i criteri per i costi del personale

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 7736/2024 affronta un tema cruciale per le imprese: la deducibilità IRAP ai fini IRES, con un focus specifico sulla corretta determinazione della base di calcolo relativa ai costi del personale dipendente. La pronuncia non risolve la questione nel merito, ma stabilisce un importante principio procedurale sull’obbligo di motivazione del giudice tributario.

I fatti del caso: Una richiesta di rimborso parzialmente negata

Una società finanziaria presentava un’istanza di rimborso per la maggiore IRES versata negli anni dal 2009 al 2011, derivante dalla mancata deduzione dell’IRAP relativa ai costi del personale. L’Amministrazione Finanziaria accoglieva solo parzialmente la richiesta, escludendo dal rimborso la quota di imposta calcolata sui contributi previdenziali e assicurativi a carico dei lavoratori.

Secondo il Fisco, tali contributi, sebbene versati dall’azienda in qualità di sostituto d’imposta, non costituirebbero un costo per la società, ma somme di pertinenza dei dipendenti. Di conseguenza, l’IRAP pagata su tali importi non poteva essere dedotta dalla base imponibile IRES.

La società impugnava il provvedimento di rimborso parziale, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale respingevano le sue pretese. Si arrivava così al giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione.

Le questioni giuridiche: Conto economico vs. Dichiarazione fiscale

Il cuore della controversia legale ruotava attorno all’interpretazione delle norme che regolano la deducibilità IRAP. La società contribuente sosteneva che, per individuare la quota di IRAP deducibile, si dovesse fare riferimento a tutte le spese per il personale dipendente così come imputate nel conto economico.

L’Amministrazione Finanziaria, al contrario, riteneva che la base di calcolo dovesse essere depurata dei contributi trattenuti ai lavoratori, in quanto non rappresentavano un costo diretto per l’azienda. Il giudice di secondo grado (CTR) aveva avallato questa tesi, affermando che l’esclusione di tali contributi fosse “incontestata” e basando il proprio calcolo sui dati presenti nelle dichiarazioni fiscali (modello IRAP e modello 770) anziché sulle risultanze del bilancio.

L’analisi della Corte di Cassazione e il vizio di motivazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, non entrando nel merito della questione sostanziale, ma censurando pesantemente la decisione della Commissione Tributaria Regionale per un grave vizio procedurale: la motivazione apparente.

Secondo i giudici di legittimità, la sentenza d’appello si è rivelata “effettivamente lacunosa” sotto diversi profili:
1. Adesione acritica: La CTR si era limitata a dichiarare di condividere la decisione di primo grado senza illustrare le valutazioni espresse dal primo giudice né riassumerne il contenuto.
2. Mancata analisi dell’argomento centrale: Il giudice d’appello non ha esaminato l’argomento principale della società, ovvero che la base per il calcolo della deducibilità IRAP dovesse essere il costo del personale risultante dal conto economico e non quello desumibile dalle dichiarazioni fiscali. La CTR ha affermato di doversi basare su queste ultime, ma senza spiegare il perché.
3. Affermazione apodittica: La frase secondo cui “è incontestata l’esclusione dei contributi assicurativi e previdenziali” è stata giudicata apodittica, cioè affermata come un dogma senza alcun supporto probatorio o riferimento agli atti di causa.

le motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione si fonda sul principio fondamentale secondo cui ogni decisione giurisdizionale deve essere sorretta da un percorso logico-giuridico comprensibile, che dia conto delle ragioni che hanno portato il giudice a una determinata conclusione. Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale ha fallito in questo compito essenziale. Ha omesso di confrontarsi con la tesi difensiva principale della contribuente, che rappresentava il nodo cruciale della controversia. Limitarsi ad affermare una conclusione senza esplicitare l’iter argomentativo seguito equivale a una non-motivazione, che viola il diritto di difesa e il principio del giusto processo. La Corte, cassando la sentenza, riafferma che il giudice non può sottrarsi al dovere di spiegare le ragioni della propria decisione, soprattutto quando deve scegliere tra due diverse metodologie di calcolo (conto economico vs. dichiarazione fiscale).

le conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 7736/2024 rappresenta un importante monito per i giudici di merito sull’obbligo di fornire motivazioni complete ed esaustive. Sebbene la Corte non si sia pronunciata sulla questione sostanziale della deducibilità dell’IRAP afferente ai contributi a carico del dipendente, ha riaperto la partita. Il caso è stato rinviato alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, che dovrà procedere a un nuovo giudizio. In questa nuova sede, i giudici dovranno esaminare a fondo l’argomento della società e spiegare in modo chiaro e logico quale sia la corretta base di calcolo per la deduzione, fornendo una risposta motivata alla questione centrale sollevata dalla contribuente.

Qual è la questione centrale del ricorso in materia di deducibilità IRAP?
La questione centrale è se, al fine di calcolare la quota di IRAP deducibile dall’IRES, si debbano considerare tutte le spese per il personale dipendente come indicate nel conto economico, inclusi i contributi previdenziali e assicurativi a carico dei lavoratori, oppure se questi ultimi debbano essere esclusi.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale?
La Corte ha annullato la sentenza per un vizio di “motivazione apparente”. Ha ritenuto che i giudici d’appello non avessero adeguatamente spiegato le ragioni della loro decisione, omettendo di analizzare l’argomento principale della società e limitandosi ad affermazioni generiche e non supportate da riferimenti agli atti di causa.

La Cassazione ha deciso se i contributi previdenziali a carico dei dipendenti sono deducibili ai fini del calcolo IRES?
No, la Corte di Cassazione non si è pronunciata nel merito della questione. Ha annullato la sentenza precedente per un difetto di motivazione e ha rinviato il caso a un altro giudice di secondo grado, che dovrà riesaminare la controversia e decidere, questa volta con una motivazione completa, sulla questione della base di calcolo per la deducibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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