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Deducibilità interessi passivi: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 321/2025, ha stabilito un principio chiave sulla deducibilità interessi passivi per le società immobiliari. Il caso riguardava una società a cui l’Agenzia delle Entrate aveva negato la deduzione degli interessi su un mutuo ipotecario, sostenendo che i fondi non erano stati usati per costruire l’immobile, ma per creare liquidità. La Suprema Corte ha accolto il ricorso della società, chiarendo che la norma (art. 1, c. 36, L. 244/2007) non pone limiti alla finalità del finanziamento. Per la piena deducibilità è sufficiente che il prestito sia garantito da ipoteca su un immobile destinato alla locazione, a prescindere dall’uso delle somme.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità Interessi Passivi: La Cassazione Fa Chiarezza sul Ruolo dello Scopo del Mutuo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande rilevanza per le società immobiliari: la deducibilità interessi passivi derivanti da finanziamenti ipotecari. La pronuncia stabilisce che, ai fini dell’agevolazione fiscale, non rileva la finalità per cui il prestito è stato concesso, ma unicamente l’esistenza di una garanzia ipotecaria su un immobile destinato alla locazione. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore immobiliare aveva dedotto integralmente gli interessi passivi relativi a un cospicuo finanziamento ottenuto da un istituto di credito. Tale finanziamento era garantito da un’ipoteca su un grande complesso commerciale di sua proprietà, già completato e locato.

L’Agenzia delle Entrate, a seguito di un controllo, ha notificato alla società un avviso di accertamento, contestando la deduzione. Secondo l’Ufficio, l’agevolazione prevista dalla legge (art. 1, comma 36, della L. 244/2007) sarebbe applicabile solo se il finanziamento fosse stato contratto per la costruzione o la ristrutturazione dell’immobile. Poiché in questo caso il complesso era già stato ultimato da anni e il mutuo era servito a generare liquidità per altre operazioni aziendali, l’Agenzia riteneva che gli interessi non fossero interamente deducibili.

La controversia è passata attraverso i vari gradi di giudizio: la Commissione Tributaria Provinciale ha dato ragione alla società, mentre la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado ha riformato la decisione, accogliendo la tesi dell’Agenzia delle Entrate. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione sulla Deducibilità degli Interessi Passivi

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, cassando la sentenza di secondo grado. Gli Ermellini hanno affermato un principio di diritto molto chiaro: l’ambito di applicazione della norma che consente la piena deducibilità degli interessi passivi è estremamente ampio e non può essere ristretto da interpretazioni che introducano limiti non previsti dal testo di legge.

La Corte ha stabilito che la disposizione in esame non pone alcuna condizione relativa alla destinazione delle somme mutuate. L’unico requisito oggettivo richiesto è che si tratti di ‘interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione’.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su un’interpretazione letterale e teleologica della norma. Il legislatore, nel redigere l’articolo 1, comma 36, della Legge 244/2007, non ha inserito alcun riferimento alla finalità del finanziamento, come la costruzione o l’acquisto dell’immobile. Se avesse voluto imporre un simile limite, lo avrebbe fatto espressamente, come è accaduto in seguito con l’introduzione di limiti soggettivi (riservando l’agevolazione alle sole società di gestione immobiliare).

Secondo la Corte, non è possibile giustificare limitazioni che non trovano riscontro nel tenore letterale della norma. L’argomentazione dell’Agenzia delle Entrate, che mirava a collegare la deducibilità interessi passivi allo scopo specifico dell’investimento immobiliare, è stata quindi disattesa. La ratio della norma agevolativa è quella di sostenere le imprese immobiliari che locano i propri beni, e tale scopo è raggiunto indipendentemente dal motivo per cui la liquidità ottenuta tramite il mutuo viene impiegata. La Corte ha inoltre rafforzato la propria posizione richiamando una serie di precedenti conformi, consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai stabile.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un punto fermo per tutte le società immobiliari. La decisione chiarisce che la piena deducibilità degli interessi passivi su mutui ipotecari non dipende dall’utilizzo specifico dei fondi, ma dalla presenza di due sole condizioni oggettive: l’esistenza di un finanziamento e la sua garanzia tramite ipoteca su un immobile locato. Questo approccio offre maggiore certezza giuridica alle imprese del settore, che possono pianificare le proprie strategie finanziarie sapendo di poter beneficiare dell’agevolazione anche quando i finanziamenti sono finalizzati a ottenere liquidità per scopi aziendali generali, e non solo per la costruzione o ristrutturazione immobiliare.

Quali sono le condizioni per la piena deducibilità degli interessi passivi secondo questa ordinanza?
Secondo la Corte di Cassazione, ai fini della piena deducibilità degli interessi passivi ai sensi dell’art. 1, comma 36, L. 244/2007, sono necessari due requisiti: uno soggettivo, ovvero che la deduzione sia effettuata da una società di gestione immobiliare, e uno oggettivo, cioè che si tratti di un finanziamento garantito da ipoteca su immobili destinati alla locazione.

Lo scopo per cui viene utilizzato un finanziamento ipotecario influisce sulla deducibilità degli interessi?
No. La sentenza chiarisce che la finalità del finanziamento (es. costruzione, ristrutturazione, acquisizione di liquidità per altre esigenze aziendali) è irrilevante. La norma non impone limiti oggettivi relativi alla destinazione delle somme mutuate.

Cosa significa che la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza con rinvio?
Significa che la decisione della corte di secondo grado è stata annullata perché basata su un’errata interpretazione della legge. Il caso viene rinviato alla stessa corte di secondo grado, ma in diversa composizione, che dovrà decidere nuovamente la questione attenendosi al principio di diritto stabilito dalla Cassazione, ossia riconoscendo la deducibilità degli interessi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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