Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16170 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16170 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17596/2024 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege da ll’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma è domiciliata in INDIRIZZO
-ricorrente – contro
AVVISO DI ACCERTAMENTO
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale allegata al controricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio legale tributario RAGIONE_SOCIALE
-controricorrente –
Avverso la sentenza della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DEL LAZIO n. 866/2024, depositata in data 7/2/2024;
Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella camera di consiglio del 14 aprile 2025;
Fatti di causa
La presente controversia scaturisce dalla notifica di avviso d’accertamento n.TK3035405568/2018 (all.1) con il quale la Direzione provinciale di Roma 1 dell’Agenzia delle Entrate, sulla base dei P.V.C. redatti dalla Guardia di Finanza nelle date del 29/11/2011 e del 30/10/15 (relativi agli anni di imposta 2009, 2010 e 2011), e alla documentazione prodotta dalla parte a seguito di invito debitamente notificato, disconosceva, per l’anno di imposta 2013, interessi passivi pari ad €. 937.109, portati in deduzione dalla società e riferiti a mutui garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione commerciale, in assenza dei requisiti di deducibilità prescritti dell’art. 1 comma, 36 della L. 244/2007.
In particolare, dai controlli effettuati nei confronti della contribuente per gli anni 2009 e 2010, era emerso che un importo rilevante del finanziamento concesso alla parte dalla Banca popolare di Milano, era stato utilizzato al fine di erogare finanziamenti fruttiferi ad altre società del gruppo e non era stato, quindi, impiegato per la costruzione o
acquisizione di immobili-patrimonio successivamente concessi in locazione.
La società impugnava con ricorso alla allora CTP di Roma l’avviso di accertamento contestando nel merito la fondatezza delle riprese effettuate. Più specificatamente, contestava il rilievo ai fini Ires di “indebita deduzione di interessi passivi’ per asserita violazione dell’art. 1, comma 36, della legge n. 244/2007 norma che non prevederebbe, sul piano oggettivo, alcuna limitazione relativa alla motivazione ed alle ragioni funzionali dei finanziamenti contratti.
L ‘Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio. In particolare, rilevò come gli interessi passivi sostenuti dalla contribuente non potessero beneficiare della disciplina agevolativa in esame, in quanto il nuovo finanziamento concesso dalla BPM era stato utilizzato dalla parte per una finalità diversa rispetto alla costruzione o acquisizione di immobilipatrimonio successivamente concessi in locazione, come quella di erogare finanziamenti fruttiferi ad altre società del gruppo.
L’allora Commissione Tributaria Provinciale con la sentenza n. 3924/2020 rigettò il ricorso.
Avverso la sentenza sopra citata, la società propose appello denunciando, in via preliminare, il vizio di motivazione apparente e, nel merito, la violazione e falsa applicazione dell’art.1, comma 36, legge 244/2007, non prevedendo, a suo dire, tale norma alcuna limitazione relativa alla motivazione ed alle ragioni funzionali dei finanziamenti contratti, non senza aver fatto constare l’illegittimità di una ripresa a tassazione a suo dire fondata unicamente su un documento di prassi (circ. 37/E del 2009), privo di valore precettivo.
Nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate, la Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe accoglieva l’appello della contribuente.
Avverso la predetta decisione, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.
Resiste la società con controricorso.
La società ha depositato anche una memoria difensiva, ex art. 380 bis.1. c.p.c., in vista dell’adunanza camerale.
Ragioni della decisione
1.Con l’unico motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione o falsa applicazione dell’articolo 1 commi 35 e 36 della L. n. 244/2007 e dell’art. 109 del DPR 917/1986 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata che, a suo dire, si sarebbe limitata ad una interpretazione meramente letterale dell’art.1, comma 36 della legge n. 244 del 2007. In particolare, secondo l’Agenzia delle Entrate, la deducibilità degli interessi passivi sarebbe limitata ai mutui garantiti da ipoteca contratti esclusivamente per l’acquisto o la costruzione di immobili destinati alla locazione.
Per il giudice d’appello, invece, la norma si limita a sancire la non rilevanza ai fini dell’articolo 96 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, degli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione, ricollegando la deducibilità degli interessi a due sole condizioni e cioè che gli interessi derivino da un finanziamento garantito da ipoteca e che gli immobili posti a garanzia, s ui quali l’ipoteca viene iscritta, siano destinati alla locazione.
1.1. Il motivo è infondato.
Questa Corte ha anche recentemente ribadito che va disatteso l’argomento secondo cui l’ambito oggettivo di applicazione della norma vada limitato agli interessi passivi corrisposti su finanziamenti contratti esclusivamente per l’acquisto o per la costruzione degli immobili destinati alla locazione, trattandosi di limitazione che non trova alcun
riscontro nel testo normativo (Cass., n. 28804/2024, che cita, in motivazione, Cass., nn. 21885 e 21880 del 2023, Cass., n. 22191/2023 e Cass., n. 22735 del 2023).
Le spese seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in euro settemilaseicento per compensi, oltre al rimborso delle spese generali, iva e c.p.a. come per legge, ed oltre ad euro duecento per spese vive. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 aprile 2025.