Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 447 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 447 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2025
IRES, IRAP 2009 DEDUCIBILITA’
–
INTERESSI PASSIVI –
MUTUI IMMOBILIARI GARANTITI DA IPOTECA-
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13895/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso ed elettivamente domiciliato presso lo studio RAGIONE_SOCIALE in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. del LAZIO n. 6328/14/15 depositata il 30/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
A seguito di processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza e di verifica generale per gli anni dal 2008 al 2010, l’Agenzia delle Entrate notificava alla RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO/2012 per l’anno di imposta 2009. Con detto avviso l’Ufficio contestava alla RAGIONE_SOCIALE l’indebita
deduzione, ai fini Irap ed Ires, nell’anno 2009, di interessi passivi su mutui per euro 1.895.314,68 e di sopravvenienze passive per euro 8.175,00. Sosteneva l’Ufficio che gli interessi in questione fossero indeducibili perché nascenti da mutui non accesi per la costruzione o per la ristrutturazione degli immobili concessi in locazione sui quali era concessa ipoteca, ma la provvista dei quali era stata destinata ad altre e diverse esigenze di impresa.
La società RAGIONE_SOCIALE proponeva impugnazione avverso l’avviso di accertamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma, contestando in particolare, quanto al rilievo circa la indebita deduzione di interessi passivi, l’illegittimità dell’atto impositivo perchè l’art. 1, comma 36, della legge 244/2007, che stabilisce la deducibilità degli interessi passivi relativi ai finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione, non prevederebbe, sul piano oggettivo, alcuna limitazione ulteriore relativa alla motivazione e alle ragioni funzionali dei finanziamenti contratti. L’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio riaffermando la legittimità della condotta impositiva, contestando l’impugnazione proposta e chiedendone l’integrale rigetto. La Commissione tributaria provinciale di Roma, con la sentenza n. 12823/23/14 depositata il 09/06/2014, rigettava il ricorso e compensava le spese di lite.
La società RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma. L’Amministrazione finanziaria non si costituiva nel giudizio di secondo grado. La Commissione tributaria regionale con la sentenza n. 6328/14/15 depositata il 30/11/2015 accoglieva l’appello, annullava l’atto di accertamento e compensava le spese tra le parti.
Avverso la sentenza di appello propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate con impugnazione affidata a tre motivi. Resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE
società controricorrente ha anche depositato memoria ex art. 380bis. 1 c.p.c..
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 14/11/2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 1, commi 35 e 36, della legge 244 del 2007 e dell’art. 109 del d.P.R. 917/1986 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ..
1.1. Secondo l’Ufficio ricorrente la sentenza della Commissione tributaria regionale avrebbe errato nel ritenere illegittimo l’accertamento e conforme a diritto la condotta della società che aveva dedotto gli interessi passivi nell’anno di imposta in questione. Tanto perché in atti sarebbe dimostrato, e tra le parti sarebbe incontestato, che la RAGIONE_SOCIALE aveva acceso un primo finanziamento per la costruzione di un complesso immobiliare e di un centro commerciale denominato Area Vulcano nell’anno 2001 e che il complesso immobiliare era stato sostanzialmente completato nel 2006. Nel 2008 la società aveva acceso un nuovo mutuo, dell’importo di euro 92.000.000,00 e aveva posto a garanzia il complesso commerciale, ormai costruito, riconoscendo alla banca privilegio ipotecario di primo grado. In ragione di questi passaggi, secondo l’Ufficio, il secondo finanziamento non sarebbe stato avviato per la costruzione ovvero per la ristrutturazione del complesso immobiliare e, pertanto, agli interessi passivi generati dal mutuo non sarebbe applicabile la disposizione di favore dettata dall’art. 1, comma 36, della legge 244 del 2007. Quest’ultima disposizione andrebbe letta in modo coerente con l’art. 1, comma 35, della stessa legge, con l’art. 96 e con l’art. 110 del t.u.i.r.. Dal tessuto normativo dovrebbe trarsi la conclusione che la deducibilità completa degli interessi passivi, stabilita dall’art. 1, comma 36, l. 244/2007 in deroga al principio generale dettato dall’art. 96 t.u.i.r.
ed ai limiti posti da tale disposizione, sarebbe subordinata alla sussistenza di presupposti soggettivi e oggettivi, come già evidenziato in due precedenti circolari della Agenzia delle Entrate (precisamente, la 19/E del 21/04/2009 e la 37/E del 22/07/2009). Sotto il profilo soggettivo la deduzione sarebbe consentita solo a società immobiliari di gestione e sotto il profilo oggettivo la deducibilità degli interessi sarebbe ammessa solo ove questi trovino origine in mutui contratti per la costruzione o la ristrutturazione degli immobili sottoposti ad ipoteca. Nella fattispecie, affermava l’Agenzia delle Entrate nell’atto di accertamento e afferma la difesa erariale nel ricorso, difetterebbe il presupposto oggettivo perché la RAGIONE_SOCIALE avrebbe acceso il secondo mutuo quando era già terminata la costruzione del complesso immobiliare e perché, come accertato dalla analisi dei flussi finanziari, avrebbe utilizzato la provvista finanziaria per concedere a sua volta prestiti fruttiferi ad altre società del gruppo e comunque per finanziare diverse esigenze nascenti dalla attività di impresa.
1.2. La società controricorrente resiste sul punto e argomenta in senso contrario circa l’applicazione delle medesime norme. Secondo la difesa della RAGIONE_SOCIALE l’art. 1, comma 36, della legge 244/2007 è una disposizione che si applica, come da tenore letterale della norma, ai «finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati in locazione» senza altri presupposti o limitazioni legati alla finalità e all’utilizzo della provvista presa a mutuo. Nel caso di specie la società avrebbe, appunto, costituito ipoteca di primo grado su immobili concessi in locazione e ricorrerebbe l’unico presupposto necessario e sufficiente per avvalersi del regime fiscale di favore stabilito dalla disposizione ratione temporis vigente. La difesa della controricorrente rileva, ulteriormente, che la società svolgeva attività di gestione immobiliare, che ricorrevano tutte le caratteristiche di bilancio per rientrare nella categoria e che
l’Agenzia delle Entrate non aveva comunque contestato la ricorrenza di tale presupposto soggettivo; che il secondo mutuo avviato non era che un atto modificativo del primo mutuo, un rifinanziamento, e che le somme percepite erano state, sebbene in parte, destinate alla costruzione di un ultimo settore del complesso immobiliare e, dunque, ai medesimi investimenti all’origine dell’operazione immobiliare.
1.3. Il primo motivo di ricorso è infondato. L’art. 1, comma 36, legge n. 244 del 2007 dopo aver previsto l’istituzione a mezzo di successivo d.m. di una Commissione di studio sulla fiscalità delle imprese immobiliari al fine di proporre modifiche normative agevolative in funzione della politica di sviluppo dell’edilizia abitativa stabilisce, sino all’applicazione delle suddette modifiche, «la non rilevanza ai fini dell’articolo 96 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, degli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione». Per effetto della citata disposizione, pertanto, gli interessi passivi, corrisposti per «finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione» sono totalmente deducibili, in deroga al regime di parziale deducibilità previsto dall’art. 96 t.u.i.r.
1.4. In ordine alle sorti di tale disciplina, va evidenziato che l’art. 4, comma 4, d.lgs. 14 settembre 2015, n. 147 (Disposizioni recanti misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese) ha limitato soggettivamente la portata della disposizione in quanto, dopo le parole: «immobili destinati alla locazione» ha aggiunto le seguenti: «per le società che svolgono in via effettiva e prevalente attività immobiliare» ed ha precisato che si considerano tali «le società il cui valore dell’attivo patrimoniale è costituito per la maggior parte dal valore normale degli immobili destinati alla locazione e i cui ricavi sono rappresentati per almeno i due terzi da canoni di locazione o affitto di aziende il cui valore complessivo sia
prevalentemente costituito dal valore normale di fabbricati.». Successivamente, l’art. 14, comma 2, d.lgs. 29 novembre 2018, n. 142 aveva disposto l’abrogazione della disposizione; tuttavia, l’art. 1, comma 7, legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio per il 2019) ne ha fatta salva l’applicazione «nelle more della mancata adozione della revisione della normativa sulla fiscalità diretta ed indiretta delle imprese immobiliari».
1.5. Nella controversia in esame vengono in rilievo i soli presupposti oggettivi per l’applicazione della disciplina di favore, atteso che non è contestato che la società contribuente sia in possesso dei requisiti per essere considerata società di gestione immobiliare. Secondo la tesi dell’Ufficio l’interpretazione letterale e teleologica della disposizione, nella parte in cui fa riferimento a «interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione», porrebbe un limite oggettivo all’integrale deducibilità: il finanziamento dovrebbe essere stato contratto per finanziare l’acquisto o la costruzione dell’immobile.
1.6. Diversamente da quanto sostenuto dall’Agenzia delle entrate, deve ritenersi che sia del tutto indifferente che gli immobili siano o meno già locati al momento della stipula del finanziamento ovvero siano o meno già costruiti.
1.7. Va disatteso l’argomento secondo cui l’ambito oggettivo di applicazione della norma vada limitato agli interessi passivi corrisposti su finanziamenti contratti esclusivamente per la costruzione o per la ristrutturazione degli immobili destinati alla locazione, trattandosi di limitazione che non trova riscontro nel testo normativo. Non possono giustificarsi limitazioni alla disposizione che prevede l’integrale deducibilità degli interessi che non trovino evidenza nel tenore letterale della norma; il legislatore, quando ha ritenuto di limitare la portata applicativa della disposizione, lo ha fatto in via espressa imponendo il limite soggettivo della applicabilità alle sole società di gestione
immobiliare. Del resto, questa Corte in merito all’interpretazione dell’art. 1, comma 36, della legge 244/2007 ha già evidenziato che «la portata di tale disposizione, quale ricavabile dalla sua interpretazione letterale e teleologica, è estremamente ampia, tanto da non giustificare limitazioni né sul piano oggettivo, delle tipologie di immobili considerate, né sul piano funzionale, degli obiettivi dell’indebitamento» (Cass. 21/07/2023, nn. 21885 e 21880 seguite da Cass. 24/07/2023, n. 22191 e Cass. 27/07/2023, n. 22735 e, da ultimo, si veda Cass. 08/11/2024, n. 28804). A questo indirizzo, di recente affermatosi, la Corte intende dare continuità.
1.8. La Commissione tributaria regionale si è attenuta a questi principi, in quanto ha rilevato che «uniche condizioni poste dalla norma sono l’esistenza di un finanziamento garantito da ipoteca e la destinazione alla locazione degli immobili oggetto di ipoteca, condizioni soddisfatte dalla società in discussione». Ha rilevato, pertanto, che il disposto della norma prevede l’agevolazione indipendentemente dalla circostanza che il finanziamento sia o meno finalizzato all’acquisto o alla costruzione degli immobili.
1.9. In conclusione, il primo motivo di ricorso va rigettato.
Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. In particolare la sentenza impugnata avrebbe annullato l’avviso di accertamento anche con riguardo a due riprese di valore economico molto più contenuto, l’una per euro 2.908,00 e l’altra per euro 293,25, costi dedotti dalla società nel 2009 anche se fatturati nel 2008; in proposito la sentenza afferma che i costi sarebbero divenuti certi solo nel 2009, di qui la legittimità della deduzione imputata all’anno di imposta 2009. Con riguardo a questo aspetto della sentenza mancherebbe, secondo il ricorso, una reale motivazione della decisione.
2.1. Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 109, comma 1, t.u.i.r., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché -sempre con riferimento al rilievo circa la deduzione delle due riprese, l’una per euro 2.908,00 e l’altra per euro 293,25 la sentenza avrebbe violato il criterio di imputazione stabilito dalla disposizione invocata che ricollega l’imputazione all’anno in cui i costi sono divenuti certi e, secondo l’Ufficio, nella fattispecie alla data di emissione della fattura.
2.2. Il secondo e il terzo motivo di ricorso sono da analizzare congiuntamente, perché riguardano il medesimo fatto e la medesima questione giuridica, e sono fondati. L’art. 109 d.P.R. 917/1986 t.u.i.r. stabilisce che: «i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme della presente Sezione non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni». Ai fini della imputazione del costo rileva, dunque, il momento della emissione della fattura atteso che in quel momento il debitore acquisisce notizia del costo certo e determinato. La motivazione della sentenza impugnata si limita ad affermare che solo nel 2009 sarebbe stato quantificato con certezza l’importo, ma senza spiegare in ragione di quali circostanze tale certezza si sarebbe dovuta acquisire nell’anno successivo a quello di emissione della fattura e offrendo, per questa via, una interpretazione errata della norma del t.u.i.r..
Il ricorso merita rigetto quanto al primo motivo e accoglimento quanto ai motivi secondo e terzo. La sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte di
giustizia tributaria di secondo grado del Lazio anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio che, in diversa composizione, provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 14