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Deducibilità interessi passivi e anti-economicità

Una holding contesta il diniego di deducibilità degli interessi passivi su finanziamenti infragruppo, considerati anti-economici dall’Agenzia delle Entrate. La Corte di Cassazione, rilevando un contrasto giurisprudenziale sulla necessità di un giudizio di inerenza per la deducibilità degli interessi passivi e sul rilievo dell’anti-economicità, ha rinviato la causa a pubblica udienza per una decisione approfondita, senza ancora risolvere il merito della questione.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità interessi passivi: la Cassazione fa il punto su inerenza e anti-economicità

La questione della deducibilità degli interessi passivi, specialmente nell’ambito dei finanziamenti infragruppo, rappresenta un terreno di scontro frequente tra contribuenti e amministrazione finanziaria. Una recente ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione ha messo in luce la complessità del dibattito, decidendo di rinviare la causa a pubblica udienza per la necessità di risolvere importanti questioni di diritto. Analizziamo il caso e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso

Una società holding si è vista notificare dall’Agenzia delle Entrate diversi avvisi di accertamento con cui veniva contestata la deducibilità degli interessi passivi corrisposti su due finanziamenti ricevuti da un’altra società finanziaria appartenente allo stesso gruppo. Secondo l’amministrazione finanziaria, sebbene non vi fosse una violazione formale delle norme fiscali, l’operazione nel suo complesso era da considerarsi “anti-economica”.

L’Agenzia basava la sua valutazione su tre elementi principali:
1. La scelta della società di estinguere finanziamenti infruttiferi anziché quelli che generavano interessi passivi.
2. La contemporanea presenza di finanziamenti attivi (concessi ad altre società del gruppo a tassi molto bassi) e passivi.
3. La distribuzione di utili ai soci invece di utilizzare le risorse per ridurre l’indebitamento.

In sostanza, l’Ufficio riteneva che la società avesse volutamente “caricato” su di sé costi finanziari per abbattere il proprio reddito imponibile, sfruttando i vantaggi del consolidato fiscale di gruppo.

Il Percorso Giudiziario

Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale aveva dato ragione alla società, accogliendo il suo ricorso. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, in sede di appello, ha ribaltato la decisione, confermando la legittimità dell’operato dell’Agenzia delle Entrate. A questo punto, la società ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che l’anti-economicità di un’operazione non è di per sé sufficiente a negare la deducibilità di un costo e che, per gli interessi passivi, non si applicherebbe il tradizionale giudizio di inerenza previsto dall’art. 109, comma 5, del TUIR.

La deducibilità degli interessi passivi e le questioni giuridiche

La Corte di Cassazione, con la sua ordinanza interlocutoria, non ha deciso il caso nel merito ma ha evidenziato l’esistenza di questioni di diritto di particolare rilevanza su cui la giurisprudenza non ha ancora raggiunto un orientamento consolidato. I punti controversi sono principalmente tre:

1. Il ruolo dell’inerenza: Esiste un contrasto giurisprudenziale sulla deducibilità degli interessi passivi. Un primo orientamento sostiene che essi siano sempre deducibili (nei limiti quantitativi previsti dall’art. 96 del TUIR) senza che sia necessario un giudizio di inerenza. Un secondo orientamento, più recente, afferma invece che anche gli oneri finanziari debbano essere correlati all’attività d’impresa nel suo complesso.
2. Il rapporto tra anti-economicità e scelte imprenditoriali: Fino a che punto l’amministrazione finanziaria può sindacare le scelte gestionali di un imprenditore, bollandole come anti-economiche per negare la deducibilità di un costo?
3. La relazione tra inerenza, anti-economicità e abuso del diritto: L’ordinanza solleva il problema di come questi tre concetti interagiscano tra loro e se l’anti-economicità possa essere un sintomo di mancanza di inerenza o di una fattispecie abusiva.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Proprio a causa della complessità e della mancanza di un orientamento univoco su questi temi, la Corte ha ritenuto opportuno rimettere la trattazione del ricorso a una pubblica udienza. Questa scelta sottolinea l’importanza della questione, che richiede un dibattito approfondito per poter stabilire principi di diritto chiari e duraturi. La decisione finale avrà un impatto significativo sulla gestione finanziaria delle imprese, in particolare all’interno dei gruppi societari, e definirà con maggiore precisione i confini del potere di accertamento dell’amministrazione finanziaria.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza interlocutoria lascia la questione aperta, ma segnala la volontà della Suprema Corte di fare chiarezza su un punto nevralgico del diritto tributario. La futura sentenza sarà fondamentale per comprendere se e come il criterio dell’anti-economicità possa limitare la deducibilità degli interessi passivi e se il principio di inerenza si applichi a tali oneri. Le imprese e i professionisti del settore attendono con grande interesse la decisione finale, che potrebbe ridisegnare i confini della legittimità delle scelte finanziarie aziendali.

Gli interessi passivi su finanziamenti sono sempre deducibili?
La questione è controversa e al centro del dibattito. L’ordinanza evidenzia due orientamenti giurisprudenziali: uno che li ritiene sempre deducibili nei limiti di legge (art. 96 t.u.i.r.) senza un giudizio di inerenza, e un altro che richiede una correlazione con l’intera attività d’impresa. La Corte di Cassazione non ha ancora preso una posizione definitiva su quale orientamento debba prevalere.

Un’operazione considerata “anti-economica” dall’Agenzia delle Entrate può portare all’indeducibilità di un costo?
Questo è uno dei punti chiave che la Cassazione dovrà chiarire. Secondo la tesi del contribuente, l’anti-economicità da sola non è sufficiente a negare la deducibilità, ma può essere al massimo un indizio. La Corte ha identificato il rapporto tra anti-economicità, inerenza e legittimità delle scelte imprenditoriali come uno degli aspetti cruciali da risolvere.

Perché la Corte di Cassazione non ha deciso subito il caso?
La Corte ha emesso un’ordinanza interlocutoria, rinviando la causa a una pubblica udienza, perché le questioni legali sollevate sono di particolare importanza e non esiste un orientamento giurisprudenziale consolidato. Questa procedura permette una discussione più approfondita prima di stabilire principi di diritto che avranno un impatto rilevante su molti altri casi simili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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