Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3878 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3878 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20759/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente –
AVVISO DI ACCERTAMENTO IRES E IRAP 2007
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA n. 46/2016, depositata in data 8/2/2016; Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella camera di consiglio del 28 novembre 2024;
Fatti di causa
Con questionario notificato il 14 novembre 2012, l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Udine, richiese alla società RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti, anche ‘la società’ o ‘la contribuente’ ) , per l’annualità 2007 oggetto di verifica, la documentazione relativa alle sopravvenienze passive, agli oneri straordinari e alle perdite su crediti.
Il 18 dicembre 2012, l’Ufficio, esaminati i documenti inviati in risposta al questionario, notificò un avviso di accertamento con il quale accertò in capo alla contribuente un maggior reddito imponibile ai fini Ires, richiedendo una maggiore imposta Ires e Irap, oltre interessi e sanzioni.
Il presente giudizio riguarda solo uno dei rilievi originari, che portò al recupero a tassazione dell’importo di euro 235.891 che la società aveva pagato in seguito all’escussione di una fideiussione rilasciata a favore della società controllata RAGIONE_SOCIALE, sottoposta a procedura concorsuale.
Per l’odierna contribuente, l’onere sostenuto integrava una sopravvenienza passiva o una perdita su crediti deducibile dal reddito, mentre l’Agenzia delle Entrate riteneva che gli importi versati dovessero sommarsi al costo fiscale della partecipazione e che la
successiva minusvalenza relativa alla svalutazione della partecipazione non fosse fiscalmente deducibile, ai sensi dell’art. 101 Tuir.
Dopo il rigetto di un’istanza di annullamento in autotutela ed il fallimento di una istanza di accertamento con adesione, la contribuente propose ricorso alla C.T.P. di Udine, evidenziando la non applicabilità dell’art. 94 Tuir, non avendo essa finanziato la società partecipata, bensì avendo pagato il terzo creditore in base al contratto di fideiussione e non essendo riuscita a recuperare il credito in via di regresso in quanto, medio tempore , la debitrice principale era stata sottoposta a procedura concorsuale e non era più attiva.
Ad avviso della contribuente, dunque, si era verificata una sopravvenienza passiva o una perdita su credito fiscalmente deducibile ai sensi dell’art. 101 Tuir.
Nel contraddittorio con l’Agenzia, la C.T.P. accolse il ricorso della contribuente.
La C.T.R., su appello dell’Ufficio, riformò la sentenza di primo grado e rigettò il ricorso contro l’avviso di accertamento.
Avverso la sentenza d’appello, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo, complesso motivo.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Ragioni della decisione
1.Con l’unico motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione degli articoli 101 commi 4 e 5 e 94 comma 6 del d.P.R. n. 917 del 1986 e 1936 e 1950 c.c. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , la contribuente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il pagamento della fideiussione prestata a favore della controllata RAGIONE_SOCIALE non avrebbe dovuto essere trattato come pagamento originante un costo di esercizio fiscalmente deducibile, ma avrebbe dovuto avere riflesso solo patrimoniale, andando ad
incrementare il costo della partecipazione in RAGIONE_SOCIALE detenuta da RAGIONE_SOCIALE
Deduce la contribuente che in data 27 ottobre 2006 la RAGIONE_SOCIALE già in liquidazione, presa coscienza dello stato di insolvenza, deliberò di presentare richiesta di ammissione alla procedura di concordato preventivo, richiesta effettivamente presentata in data 28 dicembre 2006 dinanzi al Tribunale di Venezia.
Il concordato preventivo venne omologato in data 18 maggio 2007, portando a pagare i creditori nella misura del 40%.
Dopo l’omologazione, l’odierna contribuente si vide escutere le fideiussioni, per un importo di oltre 230.000 euro, prestate a favore della RAGIONE_SOCIALE, pari alla differenza non rimborsata dalla procedura.
Tale costo venne integralmente dedotto dal reddito dell’esercizio, non potendo, secondo la contribuente, discutersi di finanziamento versato alla controllata.
Secondo la contribuente, il giudice di appello avrebbe offerto una lettura non corretta dell’art. 101 comma 4 Tuir.
Non avrebbe, inoltre, alcun rilievo che già all’atto del pagamento del debito della controllata l’odierna contribuente fosse a conoscenza della situazione di impotenza economica della società debitrice garantita: rileverebbe solo che, sorto un credito, tale credito sia stato perso divenendo non esigibile.
Né potrebbe equipararsi il pagamento eseguito in seguito alla escussione di una fideiussione ad un versamento a fondo perduto, come tale non deducibile, effettuato a favore della società partecipata.
1.1. Il motivo è infondato.
Le sopravvenienze passive, di cui all’art. 101, quarto comma, Tuir, trovano una necessaria corrispondenza attiva in un precedente esercizio e conseguono al mutamento di una voce contabile che, nel trapasso da un esercizio a un altro, da attiva si trasforma in passiva
(cfr. Cass., n. 27482/2014) , con la conseguenza che tanto l’assunzione dell’obbligazione di garanzia (peraltro non è stato nemmeno dedotto che essa sia avvenuta a fronte del pagamento di un corrispettivo da parte della società garantita o nell’esercizio dell’attività d’impresa della società garante), quanto il pagamento della società garante al terzo creditore ed il conseguente sorgere del credito di regresso, non avevano rilevanza reddituale, ma solo patrimoniale.
Nel caso che ci occupa, non si verifica una simmetria, presupposta dall’art. 101 Tuir, tra un elemento attivo del reddito, sorto in un determinato periodo d’imposta, e la perdita di tale elemento in un successivo periodo d’imposta.
Anche la differenza tra sopravvenienza passiva e perdita su crediti, sulla quale si incentrano tratti della difesa della contribuente, è irrilevante in questa sede (cfr. Cass. n. 37174/2021): la stessa disposizione di cui all’art. 101 Tuir, infatti, non distingue fiscalmente la sopravvenienza passiva dalla perdita su crediti, che è deducibile solo a determinate condizioni.
In altre parole, anche se, su un piano astratto, esiste una distinzione generale tra perdite di natura realizzativa e perdite di natura valutativa, tale distinzione influisce sulle ipotesi di deducibilità della perdita, ma sul piano fiscale è irrilevante, perché fiscalmente la sopravvenienza passiva è un contenitore che racchiude diverse situazioni, e una di queste è la perdita su crediti, la cui deducibilità è possibile solo a determinate condizioni (cfr., ancora, Cass., n. 37174/2021).
La giurisprudenza di questa Corte si è già pronunciata nel senso che in tema di imposte sui redditi, ai fini della deducibilità della perdita su crediti quale componente negativo del reddito d’impresa, il contribuente deve fornire la prova dell’inerenza dei crediti all’attività
imprenditoriale, cioè deve provare che la deduzione si riferisca ad una pregressa tassazione del ricavo, poi divenuto inesigibile.
Infatti, in tanto il legislatore ha previsto la deducibilità della perdita, in quanto il contribuente abbia previamente subito la tassazione del ricavo, divenuta indebita in seguito alla mancata riscossione del credito (Cass., sez. 6-5, n. 9784/2019).
Tale approdo interpretativo risulta confermato proprio dal disposto dell’art. 109, comma 5, Tuir, in cui si precisa che i componenti negativi sono deducibili ‘se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito’ .
Orbene, nel caso che ci occupa, come risulta dai fatti di causa ripercorsi dalla ricorrente, il pagamento del debito della società partecipata è stato eseguito, in base ad un contratto di fideiussione, nello stesso anno d’imposta, il 2007, in cui si sarebb e verificata la perdita del credito da regresso, sorto con il pagamento del debito della partecipata al creditore concordatario non soddisfatto integralmente, con la conseguenza che quel credito da regresso, non essendo sorto e non essendo stato tassato come componente positivo del reddito in precedenti esercizi, non può essere dedotto dalla base imponibile, andando a costituire, di fatto, un versamento a fondo perduto, come tale non deducibile, in favore della Sapi s.r.l.
2. Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio, che si liquidano in euro settemila per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Roma, nella camera di consiglio del 28 novembre 2024.