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Deducibilità fideiussione: la Cassazione chiarisce

Una società madre paga un debito della propria controllata in virtù di una fideiussione e cerca di dedurre l’importo come costo. La Corte di Cassazione ha negato la deducibilità della fideiussione, stabilendo che tale pagamento non costituisce una sopravvenienza passiva o una perdita su crediti fiscalmente rilevante. Secondo la Corte, la spesa deve essere considerata un incremento del costo fiscale della partecipazione, poiché non deriva da un ricavo precedentemente tassato, ma ha natura patrimoniale.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità Fideiussione: Quando il Pagamento per la Controllata non è un Costo

La questione della deducibilità fideiussione prestata a favore di una società controllata è un tema complesso che interseca diritto societario e fiscale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, negando la possibilità per una società madre di dedurre come costo il pagamento effettuato per estinguere un debito di una sua partecipata insolvente. Questa decisione rafforza un principio fondamentale: per essere deducibile, una perdita deve essere correlata a un ricavo precedentemente tassato.

I Fatti del Caso: Una Garanzia per la Controllata

Una società per azioni (la controllante) aveva rilasciato una fideiussione per garantire i debiti di una sua società controllata. Quest’ultima, a causa di una grave crisi finanziaria, è stata ammessa a una procedura di concordato preventivo, riuscendo a saldare i propri creditori solo parzialmente (nella misura del 40%).

Di conseguenza, i creditori hanno escusso la fideiussione, costringendo la società controllante a versare la somma residua, per un importo superiore a 230.000 euro. La società madre ha quindi considerato tale esborso come una sopravvenienza passiva o una perdita su crediti, deducendola interamente dal proprio reddito imponibile per l’anno d’imposta 2007. L’Agenzia delle Entrate ha contestato questa operazione, emettendo un avviso di accertamento per recuperare le imposte IRES e IRAP non versate.

La Questione Giuridica sulla Deducibilità della Fideiussione

Il cuore della controversia risiedeva nella corretta qualificazione fiscale del pagamento. La contribuente sosteneva che l’esborso fosse un costo d’esercizio deducibile, dato che il suo credito di regresso verso la controllata era diventato immediatamente inesigibile a causa dello stato di insolvenza di quest’ultima. Si trattava, a suo avviso, di una perdita secca e certa.

L’amministrazione finanziaria, al contrario, riteneva che il pagamento non avesse natura reddituale, ma patrimoniale. L’importo versato, secondo il Fisco, avrebbe dovuto incrementare il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione nella società controllata, trasformandosi di fatto in un versamento a fondo perduto. Una successiva minusvalenza sarebbe stata fiscalmente rilevante solo al momento della cessione della partecipazione stessa, e non come perdita d’esercizio.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando la tesi dell’Agenzia delle Entrate. I giudici hanno chiarito un principio cardine del diritto tributario: la deducibilità di una perdita su crediti è strettamente legata alla pregressa tassazione del ricavo da cui quel credito è sorto. In altre parole, si può dedurre una perdita solo se il corrispondente ricavo ha già concorso a formare il reddito imponibile in un esercizio precedente.

Nel caso specifico, il credito di regresso della società madre verso la controllata è sorto nello stesso momento in cui è stato effettuato il pagamento (nel 2007) ed è divenuto inesigibile nel medesimo anno d’imposta. Non essendoci stata una precedente tassazione di un ricavo corrispondente a tale credito, la sua successiva perdita non può generare un componente negativo deducibile dal reddito d’impresa.

La Corte ha inoltre specificato che l’operazione non può essere qualificata come sopravvenienza passiva deducibile, poiché manca la necessaria simmetria con un elemento attivo del reddito sorto in un precedente periodo d’imposta. Il pagamento effettuato a seguito dell’escussione della fideiussione assume, di fatto, la natura di un versamento a fondo perduto. Questo tipo di apporto ha rilevanza puramente patrimoniale e va a incrementare il valore fiscale della partecipazione detenuta, senza incidere sul conto economico come costo deducibile.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La decisione della Cassazione stabilisce un confine netto tra costi operativi e apporti di capitale. Le aziende che rilasciano garanzie a favore delle proprie controllate, specialmente se in difficoltà finanziaria, devono essere consapevoli che l’eventuale pagamento del debito garantito sarà molto probabilmente considerato un’operazione patrimoniale. Ciò significa che l’esborso non potrà essere dedotto immediatamente dal reddito, ma andrà ad aumentare il costo della partecipazione. Le implicazioni pratiche sono significative: la perdita economica subita potrà avere un riconoscimento fiscale solo in un momento futuro, tipicamente con la vendita della partecipazione, e non nell’esercizio in cui il pagamento viene effettuato. Questa pronuncia invita a una valutazione attenta dei rischi fiscali associati alle garanzie infragruppo.

Il pagamento effettuato da una società madre su una fideiussione per la propria controllata è sempre un costo deducibile?
No. Secondo la Corte di Cassazione, tale pagamento non è un costo deducibile se non è correlato a un ricavo che sia stato precedentemente tassato. L’operazione viene invece considerata di natura patrimoniale, come un apporto di capitale che aumenta il valore fiscale della partecipazione.

Qual è la condizione fondamentale per poter dedurre fiscalmente una perdita su crediti?
La condizione essenziale è che il credito, poi divenuto inesigibile, derivi da un ricavo che abbia già concorso a formare il reddito imponibile in un esercizio precedente. Deve esistere una simmetria tra un componente positivo tassato in passato e il componente negativo che si intende dedurre.

Come ha classificato la Corte di Cassazione il pagamento del debito della controllata in questo caso specifico?
La Corte lo ha classificato di fatto come un ‘versamento a fondo perduto’. Ha stabilito che, non potendo essere dedotto come perdita su crediti o sopravvenienza passiva, l’importo versato va a costituire un incremento del costo della partecipazione detenuta dalla società madre nella controllata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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