Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15248 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 15248 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
IRAP IRES AVVISO ACCERTAMENTO
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28141/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE rappresentate e difese dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domicili ate presso l’indirizzo pec di quest’ultimo EMAIL
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende,
-controricorrente –
avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 6891/2016, depositata il 15 luglio 2016.
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 9 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
dato atto che il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto il rigetto dei primi tre motivi di ricorso e l’accoglimento del quarto.
sentiti l’AVV_NOTAIO per i ricorrenti e l’AVV_NOTAIO per l’RAGIONE_SOCIALE.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, nelle rispettive qualità di consolidata e consolidante, ricorrono nei confronti d ell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe . Con quest’u ltima la C.t.r. ha rigettato l’appello RAGIONE_SOCIALE contribuenti avverso la sentenza della C.t.p. di Napoli che, a propria volta, aveva rigettato il ricorso avverso l’avviso di accertamento con il q uale, per l’anno di imposta 2008 , l’Ufficio aveva recuperato a tassazione un maggiore imponibile.
L ‘Ufficio , con una prima ripresa, riteneva che gli importi erogati per liberalità alla associazione con personalità giuridica «RAGIONE_SOCIALE», riconducibile alla famiglia COGNOME, cui facevano pure capo la società erogante e la sua consolidante, non potessero essere dedotti ai sensi dell’art. 100, comma 2, lett. a) t.u.i.r. , in quanto la beneficiaria, di fatto, non svolgeva, né aveva mai svolto, l’attività di assistenza sociale e sanitaria prevista nello Statuto.; con una seconda ripresa, riteneva non deducibili i costi di manutenzione sostenuti su un immobile di proprietà di terzi e detenuto in locazione dalla RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo (§. 2) le società ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., la violazione dell’art. 101, comma 2, lett. a) t.u.i.r.
Censurano la sentenza impugnata per aver negato la deducibilità RAGIONE_SOCIALE erogazioni liberali in favore dell’RAGIONE_SOCIALE sul presupposto che quest’ultima avesse utilizzato le somme ricevute per investimenti in strumenti finanziari ed in quanto la somma erogata non era stata effettivamente destinata a ll’attività solidale .
Osservano che il reimpiego RAGIONE_SOCIALE somme (per la parte eccedente il 12 per cento destinato all’attività solidaristica) in strumenti finanziari non può essere considerato esercizio di ulteriore attività in quanto funzionale a salvaguardarne il valore in attesa dell’utilizzo e valutabile come mera attività di gestione ed amministrazione del patrimonio, non idonea ad integrare un’attività commerciale. Aggiungono che l’ utilizzo solo del 12 per cento RAGIONE_SOCIALE liberalità per lo scopo solidaristico, pure accertato, è circostanza irrilevante in quanto la disposizione non prevede un termine, né l’impiego integrale dei contributi ricevuti.
Con il secondo motivo (§ 3) denunciano, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 36 d.gs. 29 dicembre 1992, n. 546 e la nullità della sentenza per motivazione apparente e, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 101, comma 2, lett. a) t.u.i.r.
Criticano la sentenza impugnata per avere «implicitamente» aderito alla tesi dell’Ufficio secondo la quale le erogazioni ricevute dalla beneficiaria avrebbero dovuto essere impiegate «per intero e subito» e muovono due diverse censure.
Con la prima assumono la carenza di motivazione perché resa in forma implicita. In via subordinata osservano che la norma richiamata non richiede un termine entro il quale il beneficiario deve impiegare i contributi ricevuti e non condiziona la deducibilità ad una valutazione
quantitativa del raggiungimento RAGIONE_SOCIALE finalità istituzionali, occorrendo solo che il beneficiario svolga «esclusivamente» l’attività solidaristica ; censurano, quindi, la sentenza impugnata per aver ritenuto non sufficiente l’impiego parziale (nella misura del 12 per cento dei contributi ricevuti) a soddisfare il requisito di cui all’art. 100 cit.
Con il terzo motivo (§ 4) denunciano in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
In premessa osservano che la statuizione con la quale la C.t.p. aveva affermato l’esistenza di una commistione di interessi tra erogante e beneficiaria ed aveva sostenuto che l’RAGIONE_SOCIALE fosse stata utilizzata dalla famiglia COGNOME, cui erano entrambe riconducibili, al fine di abusare del diritto alla deduzione degli oneri, andrebbe valutata alla stregua di obiter dictum; ciononostante, per l’ipotesi subordinata in cui, invece, si ritenesse che detta affermazione fosse espressione di una seconda ratio decidendi, censurano la sentenza impugnata per non essersi pronunciata sul vizio di ultra-petizione, già propos to con l’appello , e motivato in ragione del fatto che si trattava di argomento non speso dall’Ufficio .
Con il quarto motivo (§ 5) denunciano, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 109, comma 5, t.u.i.r.
Censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la deducibilità RAGIONE_SOCIALE quote di ammortamento RAGIONE_SOCIALE spese di ristrutturazione dell’immobile tratto in locazione sul presupposto che, beneficiandone solo il locatore, mancherebbe l’inerenza , la quale ultima, invece, presupporrebbe che i miglioramenti siano eseguiti su immobili destinati all’esercizio di un’at tività destinata a produrre utili.
Assumono che tale distinzione non è pre sente nell’art. 109 t.u.i.r. per il quale rileva il solo collegamento funzionale tra spese ed attività
che dà luogo ai ricavi e che, diversamente opinando, la norma dovrebbe ritenersi incostituzionale.
Va preliminarmente esaminata la prima censura di cui al secondo motivo in quanto con la medesima si denuncia un error in procedendo , ravvisato nella parvenza della motivazione per mero rinvio alla tesi dell’Ufficio ; detto vizio, infatti, ove esistente, determinerebbe la nullità della sentenza.
La censura è infondata.
5.1. La RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto, con riferimento alla prima ripresa fiscale, che non sussistevano le condizioni per la deduzione in quanto l’ente beneficiario, costituito nel 1998 dalla famiglia COGNOME, non aveva effettivamente destinato le somme erogate all’attività sociale , stante le modalità di utilizzazione di queste ultime. Ha rilevato, infatti, che dal controllo effettuato era risultato che l’A ssociazione aveva investito la liquidità raccolta in strumenti finanziari; che le spese istituzionali coprivano m eno del 12 per cento di quanto incassato nell’anno ; che, data la commistione di interessi tra erogante e beneficiario, entrambi facenti capo alla famiglia COGNOME, le scelte di gestione RAGIONE_SOCIALE somme ricevute erano sostanzialmente riconducibili al soggetto erogante. Ha aggiunto che la ratio dell’agevolazione risiedeva nel principio di sussidiarietà e che la deduzione era vincolata all’affettivo beneficio sociale di natura solidaristica.
5.2. La ratio decidendi, così come sopra sintetizzata, sottesa alla statuizione di indeducibilità, non soltanto non risulta esposta in modo implicito, ma nemmeno riproducendo pedissequamente atti dell’Amministrazione. Per altro, questa Corte, a Sezioni Unite, ha anche chiarito che nel processo tributario, così come in quello civile, non può ritenersi nulla la sentenza che esponga le ragioni della decisione limitandosi a riprodurre il contenuto di un atto di parte, eventualmente senza nulla aggiungere ad esso, qualora le ragioni della decisione
siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità né dei contenuti né RAGIONE_SOCIALE modalità espositive, tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla valutazione professionale o disciplinare del magistrato. Si è precisato, infatti, che una volta assunta la decisione ed individuate le ragioni, giuridiche e di fatto, che la sostengono, deve riconoscersi al giudice la possibilità di esporle nel modo che egli reputi più idoneo – purché in lingua italiana, succintamente ed in maniera chiara, univoca ed esaustiva – perciò anche (se lo ritiene) attraverso le «voci» dei soggetti che hanno partecipato al processo (parti, periti). E può farlo sia richiamando i relativi atti sia direttamente riportandoli (in tutto o in parte) nella sentenza. (Cass. Sez. U. 16/01/2015, n. 642).
Il primo motivo e la seconda censura di cui al secondo motivo sono infondati.
6.1. La deducibilità RAGIONE_SOCIALE erogazioni liberali, ai sensi dell’art. 100, comma 2, lett. a), t.u.i.r., è condizionata, oltre a requisito soggettivo del beneficiario, che deve essere una persona giudica, anche al requisito oggettivo dell’attività svolta da quest’ultimo il quale deve perseguire «esclusivamente» finalità comprese fra quelle indicate nel precedente comma 1, tra le quali, per quanto di rilievo, finalità di assistenza sociale e sanitaria.
Tale previsione, come già chiarito da questa Corte, si giustifica in relazione al principio di sussidiarietà, c.d. orizzontale, e costituisce una deroga al principio di inerenza, rendendo deducibili dal reddito di impresa elargizioni, in via di principio, redditualmente non rilevanti.
L’elenco degli oneri di utilità sociale deducibili è tassativo atteso che l’art. 100, comma 4, t.u.i.r. stabilisce che le erogazione diverse da
quelle di cui ai precedenti commi (e diverse da quelle di cui all’art. 95 comma 1 t.u.i.r. che non rileva nella fattispecie in esame) non sono ammesse in deduzione.
Il riconoscimento statutario dell’esclusività del fine costituisce requisito formale necessario, ma non sufficiente, dovendo trovare riscontro nell’effettiva attività svolta dalla beneficiato atteso il carattere eccezionale RAGIONE_SOCIALE disposizioni derogatorie e la natura della finalità solidaristica, a cui può essere assegnato rilievo solo se sia concreta e non si traduca in una mera enunciazione (Cass. 02/08/2017, n. 19192 e Cass. 12/05/2017 n. 11872 entrambe rese nei confronti RAGIONE_SOCIALE società contribuenti con riferimento agli anni di imposta 2004 e 2005).
Trattandosi di norma agevolativa, l’onere della prova spetta al contribuente che, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., ha l’onere di dimostrare, in seguito alla contestazione dell’Ufficio, i fatti che palesino il raggiungimento AVV_NOTAIO scopo sotteso all’agevolazione, ovverosia l’effettiva realizzazione dell’intento dichiarato, perché tale intento rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio fiscale richiesto (Cass. 24/06/2011, n. 13954).
Sebbene la norma non richieda una corrispondenza immediata e diretta tra l’elargizione liberale e l’impiego di una RAGIONE_SOCIALE finalità di cui all’art. 100, comma 1, t.u.i.r., occorre, tuttavia, che la destinataria svolga concretamente un’attività ivi riconduci bile avvalendosi RAGIONE_SOCIALE erogazioni ricevute.
In sintesi, affinché le erogazioni liberali di cui all’art. 100, comma 2, lett. a) t.u.i.r. siano deducibili, occorre, non soltanto il riconoscimento statutario dell’esclusività del fine, ma anche l’effettivo svolgimento di attività funzionale alla sua realizzazione.
6.2. La RAGIONE_SOCIALE si è attenuta a questi principi in quanto, dopo aver rilevato che l’RAGIONE_SOCIALE beneficiaria aveva destinato i capitali raccolti solo in via irrisoria alla realizzazione RAGIONE_SOCIALE finalità sociali,
reinvestendone la gran parte in strumenti finanziari, ha escluso che dette modalità fossero rispettose del dettato di cui all’art. 100 t.u.i.r. in quanto in compatibili con l’effettiva destinazione all’attività soci ale.
6.3. Vanno disattese, pertanto, le considerazioni dei ricorrenti secondo il quale la norma in esame non imporrebbe né un limite quantitativo di utilizzo RAGIONE_SOCIALE elargizioni né un termine né, tanto meno, imporrebbe all’erogante di controllare l’utilizzo RAGIONE_SOCIALE somme da parte del beneficiario.
Gli argomenti non colgono la ratio della sentenza impugnata che, in una valutazione complessiva dell’attività svolta dalla beneficiaria, sin dalla sua istituzione risalente al 1998, ha escluso che quest’ultima svolgesse concretamente quella per la quale era stata costituita. Il riferimento al dato temporale, alle risorse, minime, impiegate per i fini statutari, all’impiego massiccio RAGIONE_SOCIALE elargizioni in investimenti finanziari, non può essere inteso nel senso che la CRAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. abbia posto dei limiti per il perseguimento del fine, non previsti dalla norma: piuttosto, si tratta di argomenti evidentemente volti a corroborare l’assunto secondo il quale l’RAGIONE_SOCIALE non svolgeva , e non aveva mai svolto, l’attività di utilità sociale in ragione della quale si giusti ficava la deduzione del reddito.
Inoltre, le censure di parte contribuente sollecitano una rivalutazione del ragionamento decisorio che ha portato il giudice del merito ad escludere che la beneficiaria avesse concretamente svolto l’attività sociale di cui allo statuto. Così facendo, parte ricorrente, pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 04/07/ 2017, n. 8758). Oggetto del giudizio che si vorrebbe demandare a questa Corte non è l’analisi e l’applicazione RAGIONE_SOCIALE norme, bensì l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE
prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/ 2019, n. 3340; Cass. 14/01/2019, n. 640; Cass. 13/10/ 2017, n. 24155; Cass. 04/04/2013, n. 8315).
Quanto poi, alla tesi del contribuente secondo cui la RAGIONE_SOCIALE avrebbe posto a carico del beneficiante un onere di controllo dell’attività del beneficiato, basti osservare che è la stessa disposizione dell’art. 100 t.u.i.r. a prevedere il requisito oggettivo in capo a quest’ultimo.
7. Il terzo motivo è inammissibile.
La ricorrente assume che il giudice del primo grado, nell’escludere la deduzione ravvisando la fattispecie dell’elusione fiscale , abbia reso un obiter dictum; che, tuttavia, ove l’affermazione possa essere valutata alla stregua di ratio decidendi , la sentenza della C.t.r. sarebbe viziata per non aver scrutinato il motivo di appello con il quale si era dedotto che la C.t.p. era andata ultrapetita.
Il motivo, tuttavia, censura una statuizione della sentenza di primo grado che, con specifico riferimento alla ricostruzione di una fattispecie elusiva, non risulta riprodotta nella sentenza di secondo grado con la quale, invece, il ricorrente non si confronta.
8. Il quarto motivo è fondato.
8.1. Le Sezioni Unite della Corte sono intervenute sulla questione della detrazione dell’ Iva con riguardo a lavori di manutenzione o ristrutturazione su immobili di terzi e condotti in locazione ed hanno affermato che deve «riconoscersi il diritto alla detrazione Iva per lavori di ristrutturazione o manutenzione anche in ipotesi di immobili di proprietà di terzi, purché sia presente un nesso di strumentalità con l’attività d’impresa o professionale, anche se quest’ultima non abbia poi potuto concretamente esercitarsi» (Cass. Sez. U. 10/05/2018 n. 11533).
Le medesime considerazioni, tuttavia, sono valide anche ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette, dovendosi considerare unitario -per la sua derivazione
dalla nozione di reddito d’impresa -il principio di inerenza dei costi. Pertanto, l’esercente attività d’impresa o professionale può dedurre dai redditi d’impresa i costi occorsi per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di un immobile condotto in locazione, anche se si tratta di un bene di proprietà di terzi, purché sussista il requisito dell’inerenza, avente valenza qualitativa, e quindi da intendersi come nesso di strumentalità, anche solo potenziale, tra il bene e l’attività svolta (Cass. 27/09/2018, n. 23278).
8.2. La RAGIONE_SOCIALEtRAGIONE_SOCIALE, nell’escludere l’inerenza dei costi all’attività di impresa nell’ipotesi di immobili detenuti in locazione , assumendo che in tal caso l’unico beneficiario sarebbe il locatore, non si è attenuta a questi principi.
In conclusione, va accolto il quarto motivo di ricorso, rigettati il primo ed il secondo e dichiarato inammissibile il terzo; la sentenza impugnata va cassata quanto al motivo accolto con rinvio alla Commissione tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo ricorso, disattesi gli ulteriori; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, 9 maggio 2024.