Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33416 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33416 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7715/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
SUD
RAGIONE_SOCIALE
IN
LIQUIDAZIONE
-intimato-
avverso la SENTENZA di COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della PUGLIA SEZ.DIST. TARANTO n. 2569/2017 depositata il 29/08/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/12/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sez. dist. Taranto, con la sentenza 2569/17 depositata in data 29/08/2017, ha accolto parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza 869/2011, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Taranto aveva accolto il ricorso della società contribuente contro l’avviso di accertamento con il quale era stato accertato un maggior reddito a titolo di IRES, IRAP e una maggior IVA dovuta per l’anno d’imposta 2004.
La CTR, rilevato che l’avviso di accertamento riguardava l’indeducibilità dei costi per materie prime, sussidiarie e di consumo per Euro 100.000 (in quanto privi dei requisiti di certezza, inerenza e trasparenza), l’omessa contabilizzazione della plusvalen za di Euro 148.086 e l’indeducibilità della quota di ammortamento di Euro 4.375, ha evidenziato che l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate si incentrava su due motivi. Con il primo motivo, era contestata, con riferimento all’accertamento di maggi ori ricavi relativi alla cessione dell’opificio industriale, la violazione e falsa applicazione dell’art. 51, comma 3, d.P.R. 26/04/1986, n. 131, perché la valutazione ha tenuto conto sia dei valori OMI che di valori comparativi, mentre il contribuente non aveva prodotto alcuna prova idonea dimostrare la valutazione erronea.
Con il secondo motivo era stata contestata l ‘erroneità e la genericità della decisione con riferimento al recupero dei costi indeducibili
relative a materie prime, sussidiarie e di consumo e ad ammortamento e svalutazione.
2.1. La CTR ha, quindi, ritenuto fondato il primo motivo, affermando, in sintesi, che la presunzione dell’ufficio di equiparare il valore venale in «comune commercio» del bene al corrispettivo percepito, era comunque supportata dalla stima dell’Agenzia del Territorio che, dopo un’attenta analisi dell’immobile, aveva tratto la conclusione che «il più probabile valore di mercato» fosse da individuare, tenuto conto dei pesi e dei vincoli pregiudizievoli, in Euro 388.086. Trattandosi di presunzione semplice il contribuente aveva la possibilità di offrire concreti elementi valutativi, senza limitarsi alla mera considerazione che le risultanze di una stima, peraltro di parte, non fossero sufficienti per rettificare il valore della compravendita. Ha quindi condiviso quanto affermato nell’avviso di accertamento in merito al fatto che la cessione dell’unico immobile strumentale della società si configurasse, sotto il profilo fiscale, come assegnazione di beni ai soci, trattandosi di cessione al prezzo di valore in favore del socio sig. NOME COGNOME
Ha ritenuto, invece, infondato il secondo motivo, relativo ai costi indeducibili, ritenendo la decisione del giudice di prime cure « condivisibile poiché il mancato riconoscimento dei costi sostenuti e contabilizzati pari ad € 100.000,00 risulta generico e superficiale.» Ha, quindi, richiamato il contenuto dell’avviso di accertamento, sottolineando le parti in cui veniva contestato che le valvole cui era stato attribuito il valore di Euro 100.000 non avessero costituito oggetto di fornitura di beni, ma che avessero rappresentato verosimilmente materiale minuto usato dall’azienda quale ausilio alle prestazioni e che il costo dei beni accessori fosse sproporzionato.
2.2. In conclusione, la CTR ha ritenuto che fosse legittimo il recupero delle plusvalenze per Euro 148.086, oggetto del primo motivo
d’appello, mentre doveva essere rigettato il secondo motivo d’appello in relazione alla contestata deduzione dei costi per Euro 100.000,00.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con tre motivi.
La parte intimata non si è costituita.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è stata contestata la nullità della sentenza e/o del procedimento ex artt. 112 c.p.c. e 18 e 53 d.lgs. 31/12/1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
1.1. La ricorrente (rievocati i contenuti degli avvisi di accertamento, esattamente individuati dalla sentenza impugnata) ha richiamato il proprio atto d’appello, evidenziando come fosse stata contestata anche l’iscrizione, tra le immobilizzazioni, del valore di Euro 70.000,00 relativo alla gru e il corrispondente ammortamento di Euro 4.375,00, oltre IVA, pari a Euro 14.000. Tale dato è stato colto dalla CTR che correttamente ha individuato le ragioni della doglianza evidenziando che: « 2) quanto al recupero dei costi indeducibili relativi a materie prime, sussidiarie e di consumo e ad ammortamento e svalutazione …». Tuttavia, nella sentenza impugnata il giudice di seconde cure si pronuncia solo sulla parte relativa ai costi, espungendo la voce relativa all’ammortamento.
1.2. Il motivo è fondato . Le contestazioni fatte con l’avviso di accertamento ed erette a oggetto delle censure contro la sentenza del giudice di prime cure riguardavano, oltre la plusvalenza (oggetto del motivo d’appello accolto e irrilevante nella presente sede), i costi indedu cibili per Euro 100.000,00 e altresì l’assoluta sproporzione, rispetto ai valori di mercato, del prezzo corrisposto per l’acquisto della gru. Con riferimento alla questione relativa all’ammortamento
del bene appena indicato non viene fatto alcun riferimento nell’ambito della sentenza impugnata, con la conseguenza che spetterà al giudice, in sede di rinvio, eseguire le verifiche richieste attraverso il motivo di impugnazione proposto dalla parte ricorrente.
Con il secondo motivo di ricorso è stata contestata la nullità della sentenza e/o del procedimento ex art. 111 Cost., 1, 2, e 36 d.lgs. n. 546 del 1992, nonché degli artt. 132 e 274 c.p.c., 118 d. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
2.1. La ricorrente ha evidenziato come la motivazione costituisca un requisito necessario e fondamentale della sentenza, la cui assenza configura un vizio di nullità censurabile in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
2.2. Rileva come tale requisito sia carente nel caso in esame, in relazione alla contestazione relativa ai costi indeducibili. Richiama a tal fine le censure proposte a pag. 10 dell’atto d’appello, dove era stata evidenziata l’impossibilità di considerare effettuato a stock l’acquisto di attrezzature e materiali, dopo che erano stati restituiti alla ditta venditrice (con la conseguente necessità di specificare il prezzo corrisposto per le attrezzature e i materiali non restituiti), l’assoluta sproporzione, rispetto ai valori di mercato, del prezzo corrisposto per l’acquisto della gru, l’inverosimiglianza del costo contabilizzato dalla società per l’acquisto di valvole a farfalle e a sfera. Nel caso di specie la CTR ha, tuttavia, rigettato il motivo d’appello rilevando che il mancato riconoscimento dei costi sostenuti e contabilizzati è generico e superficiale e che neppure con l’appello sono stati addotti ulteriori elementi di valutazione.
2.3. Il motivo di ricorso è infondato, dal momento che la sentenza impugnata non evidenza carenze sotto il profilo dell’ an della motivazione (ma solo sul quomodo, in ragione di quanto si evidenzierà, infra, sub 3, 3.1.,3.2., in sede di esame del terzo motivo
di ricorso). Si legge, infatti, che: « Sul punto la commissione ritiene che la decisione del giudice di prime cure è condivisibile poiché il mancato riconoscimento dei costi sostenuti e contabilizzati pari a € 100.000,00 risulta generico e superficiale. Infatti dall’avviso di accertamento si afferma soltanto che ‘per q uanto attiene le valvole, cui la parte ha attributo un valore di € 100.000,00, è emerso che le stesse non hanno costituito oggetto di fornitura di beni, ma verosimilmente hanno rappresentato materiale minuto utilizzato dall’azienda quale ausilio alle prest azioni di servizio aventi ad oggetto mano d’opera specializzata. Il costo di tali beni accessori è spropositato rispetto all’ammontare delle commesse nell’ambito delle quali sono stati utilizzati detti beni.’. Né con l’appello di adducono ulteriori e più convincenti elementi di valutazione.»
Da quanto riportato è ricostruibile l’iter logico seguito dal giudice di seconde cure e gli elementi dai quali ha tratto il proprio convincimento.
Diversamente, è da ritenere fondato il terzo motivo, con il quale la parte ricorrente ha contestato la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 t.u.i.r. e dell’art. 21 d.P.R. n. 633 del 1972 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
3.1. La ricorrente ha contestato l’inidoneità probatoria della documentazione prodotta dalla società. Ai fini della deducibilità dei costi la fattura deve essere idonea a rivelare compiutamente natura, qualità e quantità delle prestazioni attestate, non essendo sufficiente un’indicazione generica, gravando, in ogni caso, sul contribuente l’onere di provare l’inerenza del bene o del servizio acquistato all’attività imprenditoriale. La fattura costituisce, infatti, elemento probatorio a favore dell’im presa solo se redatta in conformità ai requisiti di forma e di contenuto prescritti nell’art. 21 d.P.R. n. 633 del 1972. Inoltre, l’onere di provare l’inerenza del bene o del servizio
acquistato all’attività imprenditoriale, intesa come strumentalità del bene o del servizio all’esercizio dell’attività, incombe sul contribuente.
3.2. Come rilevato, il motivo di ricorso è fondato.
In primo luogo, nell’estratto del pvc (pag. 6) riportato nell’illustrazione del terzo motivo di ricorso si legge: « la vendita a stock di attrezzature e materiali, che giustificava l’emissione di una fattura con prezzo complessivo, e priva della indicazione dettagliata del materiale e del relativo prezzo unitario, di fatto, è venuta meno considerata la restituzione pressoché totale della merce.»
In secondo luogo, la ricorrente aveva evidenziato -in relazione ai costi indeducibili -censure puntuali inerenti alla parziale restituzione di parte della merce cui si riferivano i costi e il carattere sproporzionato del prezzo rispetto ai valori di mercato, tenuto conto anche del rilievo assunto da tale aspetto ai fini della valutazione del requisito di antieconomicità e del difetto di inerenza (Cass., 15/11/2022, n. 33568).
In terzo luogo, la motivazione della sentenza impugnata non risulta conforme alla giurisprudenza in materia di interpretazione dell’art. 109 t.u.i.r. ad opera di questa Corte, secondo la quale ai fini della deducibilità dei costi sostenuti, il contribuente è tenuto a dimostrarne l’inerenza, intesa in termini qualitativi e dunque di compatibilità, coerenza e correlazione, non già ai ricavi in sé, ma all’attività imprenditoriale svolta, sicché deve provare e documentare l’imponibile maturato, ossia l’esistenza e la natura dei costi, i relativi fatti giustificativi e la loro concreta destinazione alla produzione (Cass., 02/02/2021, n. 2224).
Con riferimento all’altro parametro normativo posto a fondamento del motivo di ricorso è altresì costante -e da ribadire anche nella presente sede l’orientamento di questa Corte secondo il quale, i n
tema di imposte sui redditi, l’irregolarità della fattura, non redatta in conformità ai requisiti di forma e contenuto prescritti dall’art. 21 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, fa venir meno la presunzione di veridicità di quanto in essa rappresentato e la rende inidonea a costituire titolo per il contribuente ai fini del diritto alla deduzione del costo relativo, per cui l’Amministrazione finanziaria può contestare l’effettività delle operazioni ad essa sottese e ritenere indeducibili i costi nella stessa indicati (Cass., 10/10/2014, n. 21446; Cass. 27/05/2020, n. 9912).
La sentenza impugnata si discosta anche dall’orientamento appena richiamato, nella misura in cui afferma che il mancato riconoscimento da parte dell’amministrazione finanziaria dei costi sostenuti e contabilizzati è generico e superficiale, senza verificare se le relative fatture fossero, invece, conformi ai requisiti previsti dall’art. 21 d.P.R. n. 633 del 1972, con particolare riferimento a quelli richiamati nel secondo comma della norma appena citata, dove (alla lettera g) è richiesta l’indicazione dell a « natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione.» , proprio al fine di supportare (oltre all’individuazione dei contenuti puntuali delle operazioni anche) la prova dei requisiti richiesti dall’art. 109 t.u.i.r.
3.3. Il motivo di ricorso è, pertanto, fondato, con la conseguenza che il giudice, in sede di rinvio, dovrà verificare se, ai fini del riconoscimento della deduzione, i costi rispettino i requisiti previsti nell’art. 21 d.P.R. n. 633 del 1972 e nell’art. 1 09 t.u.i.r.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato devono essere accolti il primo e il terzo motivo, mentre deve essere rigettato il secondo motivo di ricorso. La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia,
sez. dist. Taranto, che in diversa composizione deciderà anche sulle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso e rigetta il secondo motivo;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sez. dist. di Taranto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 12/12/2024.