Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16190 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16190 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15313/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis ;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del l.r.p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente a ll’ avvocato NOME COGNOME;
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. EMILIA – ROMAGNA n. 2779/2015 depositata il 14/12/2015;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
Con avviso di accertamento l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE effettuava, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, tre riprese tutte relative al disconoscimento di costi, per l’anno di imposta 2008; in particolare recuperava a tassazione sia a fini imposte dirette che a fini Iva:
A. costi per euro 50.000 sostenuti a fronte di servizi resi dall’RAGIONE_SOCIALE; il recupero nasceva dalla circostanza che si trattava di prestazioni di cui non era chiara né la sostanza né l’effettività, non essendo stato prodotto il contratto al quale le fatture facevano riferimento e in considerazione RAGIONE_SOCIALE divergenti affermazioni rese dallo stesso rappresentante legale della società, che talvolta aveva parlato di spese di pubblicità, e come tali erano state registrate in contabilità, e altre volte di prestazioni di supporto logistico;
B. costi per euro 100.000 sostenuti per le prestazioni rese dalla RAGIONE_SOCIALE, in quanto la documentazione fornita era insufficiente per verificare la congruità e inerenza dei costi stessi, tenuto conto anche del fatto che la società aveva proprio personale alle dipendenze e che i servizi di logistica erano affidati anche all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE predetta;
c. costi di leasing relativi a due autovetture marca Porsche, costi che la società aveva dedotto integralmente senza tener conto dei limiti di deducibilità previsti dall’art. 164 t.u.i.r. e dall’art. 19bis .1 d.P.R. n. 633 del 1972, non potendosi ritenere beni esclusivamente strumentali all’attività d’impresa, che aveva ad oggetto la gestione di una scuderia di moto e l’organizzazione di trofei motociclistici, per cui solo le motociclette potevano essere considerate beni strumentali utilizzati esclusivamente nell’attività propria dell’impresa.
La Commissione tributaria provinciale di Bologna accoglieva parzialmente nel merito il ricorso, annullando il recupero che riguardava le operazioni intercorse con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e confermando gli altri recuperi.
Contro tale sentenza proponevano appello in via principale la società e in via incidentale l’RAGIONE_SOCIALE.
La Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna respingeva l’appello principale della società contribuente, in relazione a vizi di nullità dell’avviso di accertamento, mentre lo accoglieva nel merito; rigettava l’appello incidentale della difesa erariale, pervenendo all’annullamento di tutte le riprese.
In particolare, i giudici del gravame:
-ritenevano infondata l’eccezione di nullità dell’atto di accertamento per violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, in quanto applicabile ai soli casi di accessi e ispezioni e verifiche fiscali nei locali del contribuente;
-quanto alla ripresa relativa ai costi sostenuti in favore dell’RAGIONE_SOCIALE evidenziavano l’irrilevanza della mancanza di un contratto registrato, essendo la documentazione fiscale a sostegno sufficiente a provare la prestazione e il costo esposto, salvo che l’ufficio provasse che la fattura fosse falsa o del tutto inesistente, con onere probatorio a suo carico;
-quanto alla ripresa dei costi relativi alle autovetture Porsche, evidenziavano che la strumentalità dei beni al servizio dell’attività di impresa appariva nella sua totalità atteso che il riconoscimento della strumentalità non può essere scisso, in mancanza di prove sul diverso utilizzo del bene stesso, e che nel caso di specie l’ufficio non aveva addotto alcuna prova;
-quanto alla ripresa dei costi relativi alle operazioni con NOME COGNOME, evidenziavano che l’ufficio si era limitato a sottolinearne l’antieconomicità senza produrre alcuna prova di tale assunto.
Contro tale sentenza propone ricorso l’RAGIONE_SOCIALE, sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso la società contribuente, che propone ricorso incidentale condizionato affidato a tre motivi, illustrati da successiva memoria depositata in vista dell’adunanza camerale del 4 aprile 2024.
Considerato che
Il ricorso principale è affidato a due motivi.
Con il primo motivo, la difesa erariale deduce nullità della sentenza per motivazione apparente, perplessa e obiettivamente incomprensibile, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., risultando la decisione solo apparentemente motivata in relazione a ciascuna ripresa.
Per quanto riguarda la ripresa dei costi con l’RAGIONE_SOCIALE evidenzia infatti che il contratto non era affatto irrilevante in quanto le fatture ad esso facevano riferimento ed alla luce RAGIONE_SOCIALE contraddittorie spiegazioni fornite dal legale rappresentante circa la natura RAGIONE_SOCIALE prestazioni di cui al contratto.
Per quanto riguarda la ripresa dei costi RAGIONE_SOCIALE operazioni con il COGNOME, la CTR non avrebbe motivato circa l’antieconomicità del costo che appariva evidente, sia per l’importo (100.000 euro) sia per la genericità del contratto, sia perché la RAGIONE_SOCIALE sosteneva costi per personale dipendente e aveva versato altri 50.000 euro alla RAGIONE_SOCIALE per prestazioni analoghe.
Per quanto riguarda la ripresa relativa alle vetture Porsche le affermazioni sarebbero incomprensibili e illegittime laddove sembrano attribuire all’ufficio l’onere di provare il diverso utilizzo RAGIONE_SOCIALE vetture stesse.
Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 109 t.u.i.r., dell’art. 39, comma 1, lettera d, d.P.R. n. 600 del 1973, degli artt. 54 e 19 d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; in particolare la difesa erariale censura la sentenza d’appello laddove fa ricadere sull’ufficio l’onere di provare la certezza e la
congruità dei costi di cui ai primi due rilievi nonché l’onere di provare la piena strumentalità all’esercizio dell’impresa dei beni di cui al terzo rilievo; evidenzia infatti che l’art. 109 t.u.i.r. pone regole circa la deducibilità dei costi, stabilendo il principio generale di inerenza in forza del quale le spese sono deducibili dal reddito di impresa quando riguardino beni o attività da cui derivano ricavi e altri proventi, con la conseguenza che il contribuente deve fornire prova documentale circa l’esistenza e la determinabilità del loro ammontare nonché circa l’inerenza e la congruità degli stessi.
I motivi del ricorso principale vanno congiuntamente esaminati e sono fondati nei termini che seguono.
Occorre premettere che in tema di deduzione di costi, l’onere della prova è a carico del contribuente (Cass. n. 5079/2017; Cass. n. 16461/2013) e «ove il contribuente assolva l’onere, a suo carico, di provare il fatto costitutivo del diritto alla deduzione dei costi o alla detrazione dell’IVA mediante la produzione RAGIONE_SOCIALE fatture, l’Amministrazione finanziaria ne può dimostrarne l’inattendibilità anche mediante presunzioni, sicché il giudice di merito deve prendere in considerazione il complessivo quadro probatorio al fine di verificare l’esistenza o meno RAGIONE_SOCIALE operazioni fatturate, ivi compresi i fatti secondari indicati» (Cass. n. 2935/2015; Cass. n. 26802/2020).
2.1. Per quanto riguarda la ripresa relativa ai costi in favore della RAGIONE_SOCIALE, per la quale il rilievo era in termini di assenza di prova di competenza, certezza e determinabilità, per la genericità RAGIONE_SOCIALE fatture e l’assenza del contratto cui esse facevano riferimento nonché per la contraddittorietà RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dell’amministratore, la CTR ha ritenuto sufficiente la prova data dalla produzione della documentazione fiscale ritenendo non necessaria la produzione del contratto, ma in ciò rendendo una motivazione apodittica ed
errando poiché il contratto era rilevante in quanto ad esso facevano riferimento le fatture.
2.2. Per quanto riguarda la ripresa dei costi connessi alle operazioni realizzate con NOME COGNOME, fondata sull ‘ affermata antieconomicità degli stessi, occorre evidenziare che la costante giurisprudenza di questa Corte, pur affermando che la nozione di inerenza esprime la concreta riferibilità dei costi sostenuti all’attività d’impresa -anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura -quale esito di una valutazione qualitativa, e non quantitativa, degli stessi (Cass. n. 30366/2019; Cass. n. 450/2018), ha tuttavia costantemente affermato che l’antieconomicità e l’incongruità della spesa possono essere indici rivelatori del difetto di inerenza (v. ad es. Cass. n. 11324/2022; Cass. n. 27786/2018).
La possibile rilevanza del dato quantitativo nella valutazione di inerenza di un costo – intesa come congruità di quest’ultimo rispetto ad ulteriori dati contabili dell’impresa, donde possa desumersi la sua correlazione all’attività dell’impresa stessa – si intreccia con il profilo dell’onere della prova dell’inerenza.
Tale ultimo, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, incombe sul contribuente, con alcune precisazioni.
In particolare, l’onere probatorio che grava sul contribuente attiene all’esistenza di circostanze fattuali che consentano di ricondurre il costo all’attività d’impresa; ma laddove l’Amministrazione adduca ulteriori elementi tali da far ritenere – per sé soli o in combinazione con quelli portati dal contribuente – che il costo non sia, in realtà, correlato all’attività d’impresa, essa ultima è tenuta a fornire la prova della propria contestazione (cfr., fra le altre, Cass. n. 18904/2018, diffusamente in motivazione). È in tale prospettiva che assume rilievo la possibile valutazione circa la
congruità od antieconomicità della spesa, intesa come proporzionalità fra importi corrisposti ed utilità conseguite.
In tale ultimo caso, l’Amministrazione non può, ovviamente, spingersi a sindacare le scelte imprenditoriali; l’antieconomicità della spesa richiede, invece, la dimostrazione dell’inattendibilità della condotta, che va considerata in chiave diacronica, tenuto conto dei diversi indici che presiedono la stima della redditività dell’impresa (v. Cass. n. 21869/2016; Cass. n. 13468/2015), a fronte della quale spetta poi al contribuente dimostrare la regolarità RAGIONE_SOCIALE operazioni effettuate (Cass. n. 25257/2017). Una tale dimostrazione, peraltro, ben può essere fornita anche con ricorso ad elementi indiziari, purché provvisti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
Alla luce di tali considerazioni s’è quindi affermato (Cass. n. 33568/2022) che: «Il principio di inerenza dei costi deducibili, esprimendo una correlazione in concreto tra costi e attività d’impresa, si traduce in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde da valutazioni di natura quantitativa. Tuttavia, l’antieconomicità di un costo -intesa, in particolare, come sproporzione fra la spesa e l’utilità che ne deriva, avuto riguardo agli ulteriori dati contabili dell’impresa – può fungere da elemento sintomatico del difetto di inerenza. In tale ultimo caso, ove il contribuente indichi i fatti che consentano di ricondurre il costo all’attività d’impresa, l’Amministrazione è tenuta a dimostrare, se del caso anche con ricorso ad indizi, gli ulteriori elementi addotti in senso contrario, in particolare evidenziando l’inattendibilità della condotta del contribuente».
Tutto ciò premesso, nel caso di specie, la CTR con motivazione apodittica ha evidenziato che non si potesse dedurre l’antieconomicità dalla qualità della prestazione e che l’ufficio non avesse dettagliato il riferimento al carattere antieconomico, laddove l’ufficio aveva evidenziato che la LUX sosteneva cost i per
personale dipendente per tre persone e aveva altresì versato euro 50.000 alla RAGIONE_SOCIALE per prestazioni similari, elementi che la CTR avrebbe dovuto necessariamente vagliare.
2.3. In ordine alla terza ripresa, quella relativa ai costi di leasing di due autovetture Porsche, essa si fondava sulla ritenuta non esclusiva strumentalità all’esercizio dell’impresa, la cui attività era riferita come dedita alla gestione di gare motociclistiche e di un team motociclistico.
I motivi, anche in riferimento a tale statuizione, sono fondati.
Il legislatore, nell’individuare con riguardo a quali mezzi possano essere interamente deducibili i costi e le spese ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, ha considerato, infatti, come fattore scriminante, l’indispensabilità di quei veicoli per l’esercizio stesso dell’impresa, ovvero la circostanza che l’attività dell’impresa senza quei veicoli non possa essere esercitata; se un uso promiscuo è presunto – ma non espressamente previsto – per quei veicoli che, pur essendo strumentali all’attività (generica) d’impresa, non sono indispensabili per l’esercizio della stessa, tale uso promiscuo non è né presunto né consentito per i veicoli senza i quali l’impresa non possa essere esercitata; la deduzione integrale spetta quindi se il bene sia indispensabile, nel senso predetto, ed esclusivamente utilizzato per lo svolgimento dell’attività d’impresa (Cass. n. 31031/2018). La giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che anche la prova della funzione esclusivamente strumentale all’esercizio dell’impresa del bene deve essere data dal contribuente (Cass. n. 22499/2022; Cass. n. 31031/2018; Cass. n. 14858/2018).
L’affermazione resa dalla CTR, sul punto, da un lato è meramente apodittica ove afferma che ‹‹ la strumentalità dei beni al servizio dell’esercizio dell’attività di impresa appare infatti nella sua totalità ›› e dall’altro è errata ove apparentemente sembra far gravare l’onere probatorio sull’ufficio, mentre, trattandosi di costi,
grava sulla parte contribuente l’onere di provare i presupposti della (integrale) deducibilità.
3. La società propone ricorso incidentale condizionato affidato a tre motivi.
Il primo motivo deduce la violazione dell’art. 12, comma 7, e dell’art. 7, comma 1, dello Statuto del contribuente, degli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990 nonché del principio generale ed immanente del contraddittorio endoprocedimentale quale discende dagli artt. 97, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, e dall’ art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
Con tale motivo la società ricorrente deduce che l’art. 12, comma 7, si applichi anche agli accertamenti a tavolino e che ciò implichi che si applichi anche il termine di 60 giorni previsto dalla medesima disposizione e decorrente della chiusura dell’attività accertativa, termine che nel caso di specie non era stato rispettato.
Con il secondo motivo la società deduce la violazione dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990 nonché del principio generale e immanente del contraddittorio endoprocedimentale quale discende dagli artt. 97, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione e dall’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
Con il terzo motivo la società deduce violazione degli artt. 1, comma 2, 5, comma 4 e 6, comma 6, del d.lgs. 18/12/1997, n. 471, nel testo modificato dall’art. 15 del d.lgs. 24/09/2015, n. 158, nonché dell’art. 3 del d.lgs. 18/12/1997, n. 472, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., deducendo che in ogni caso la sanzione amministrativa irrogata con l’atto impositivo per cui è causa vada rideterminata per tener conto dello ius superveniens , deducendo, a dimostrazione del trattamento più
favorevole conseguente, che nel caso di specie era stata irrogata una sanzione unica, determinata assumendo, quale sanzione base, quella corrispondente alla violazione più grave pari al 100% dell’Ires pagata non pagata.
I primi due motivi vanno esaminati congiuntamente e decisi alla luce dei principi posti da Cass., Sez. U., n. 24823/2015, per la quale:
a) in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi armonizzati , mentre, per quelli non armonizzati , non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito;
in particolare, in tema di tributi armonizzati, la violazione del diritto ad essere sentiti prima dell’adozione di provvedimento lesivo, determina l’annullamento dell’atto adottato al termine del procedimento amministrativo soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, detto procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso (cfr.: Corte giust. 3/07/2014, in causa C-129 e C-130/13, RAGIONE_SOCIALE, punti 78 82 e la giurisprudenza); affinché il difetto di contraddittorio endoprocedimentale determini la nullità del provvedimento conclusivo del procedimento impositivo, non è sufficiente che, in giudizio, chi se ne dolga si limiti alla relativa formalistica eccezione, ma è, altresì, necessario che esso assolva l’onere di prospettare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che
l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio) si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali l’ordinamento lo ha predisposto;
c) tutte le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, l. 212/2000, trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente ma non nei casi di accertamenti a tavolino.
Si tratta di principi che non trovano efficace smentita nelle considerazioni svolte nelle doglianze in esame, anche perché essi sono stati affermati proprio all’esito di un’ampia disamina tanto dell’ordinamento tributario nazionale e dei principi costituzionali di riferimento, quanto degli indirizzi applicabili in materia sulla base del diritto UE e RAGIONE_SOCIALE pronunce della Corte di Giustizia.
Tale stabile assetto giurisprudenziale è stato confermato da Corte Cost. n. 47 del 2023, che ha rimesso al legislatore l’adeguamento della normativa così pacificamente interpretata. Da qui la declaratoria di inammissibilità della questione in quanto il superamento dei prospettati dubbi di legittimità costituzionale esige un intervento di sistema del legislatore, intervento che garantisca l’estensione del contraddittorio endoprocedimentale in materia tributaria.
4.1. Alla luce di tali principi i motivi devono certamente essere rigettati in riferimento alla ritenuta applicabilità dell’art. 12, comma 7, dello Statuto anche agli accertamenti a tavolino nonché in relazione alla dedotta esistenza di un principio generale del contraddittorio valido anche per i tributi non armonizzati; i motivi devono altresì essere rigettati anche laddove deducono la
violazione del contraddittorio in relazione all’Iva, tributo armonizzato, in quanto la parte non ha allegato le ragioni che avrebbe potuto far valere ove il contraddittorio si fosse correttamente attivato; tale allegazione infatti non è presente né nel testo dei due motivi di ricorso né nelle parti dell’appello trascritte. Né si può a tal riguardo sostituire all’omessa allegazione difensiva quanto evidenziato dalla ricorrente (solo) in memoria, ove si richiamano i documenti prodotti in giudizio e che avrebbero fondato la favorevole decisione della CTP. Giova appena rammentare la natura meramente illustrativa RAGIONE_SOCIALE memorie nel giudizio di cassazione (Cass. n. 7237/2006; Cass. n. 5355/2018; Cass. n. 4790/2024).
4.2. La Corte non ignora che con ordinanza interlocutoria n. 7829/2024 è stata rimessa alle Sezioni Unite (in ragione non dell’esistenza di un contrasto ma della natura di massima importanza della questione) la questione del contenuto dell’onere probatorio gravante sul contribuente in merito alla cd. prova di resistenza, se cioè esso abbia ad oggetto la non pretestuosità RAGIONE_SOCIALE ragioni spese o anche la probabile fondatezza RAGIONE_SOCIALE medesime; alla luce di quanto esposto nel precedente paragrafo, si tratta evidentemente di questione che esula dal presente giudizio, posto che le ragioni della infondatezza dei motivi sono date dall’omessa allegazione RAGIONE_SOCIALE ragioni che la parte avrebbe fatto valere.
Il terzo motivo , relativo all’applicabilità RAGIONE_SOCIALE sanzioni alla luce dello jus superveniens , è assorbito dall’accoglimento dei motivi erariali.
In conclusione, vanno respinti i primi due motivi del ricorso incidentale, assorbito il terzo, e va accolto il ricorso erariale, con cassazione della sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Emilia -Romagna, in diversa composizione, cui si demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
rigetta i primi due motivi del ricorso incidentale, assorbito il terzo; accoglie il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Emilia -Romagna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 4 aprile 2024.