Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6426 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6426 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12100/2017 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente principale- contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della PUGLIA n. 2643/2016 depositata il 07/11/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/01/2025 dal Consigliere COGNOME
Fatti di causa.
La Guardia di Finanza di Foggia operò una verifica fiscale nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, esercente attività di commercio di gas mediante condotte. All’esito della verifica l’erario notificò due avvisi di accertamento in relazione all’anno d’imposta 2008, recuperando a tassazione importi Ires, Irap e Iva, relative a voci incongruamente computate quali spese o componenti negative di reddito.
Gli atti venivano annullati dalla CTP di Foggia, adita dalla contribuente.
La CTR della Puglia rigettava l’appello principale della contribuente, afferente la liquidazione alle spese; accoglieva parzialmente il gravame incidentale dell’Agenzia.
Quest’ultima ha affidato il proprio ricorso a due motivi di censura. La società contribuente si è costituita con controricorso, avanzando, inoltre, ricorso incidentale incentrato su due motivi. In seguito, ha depositato memoria illustrativa.
Con ordinanza n. 19653, depositata il 16 luglio 2024, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del presente giudizio, valorizzando la rituale presentazione, ad opera di RAGIONE_SOCIALE, di dichiarazione di adesione alla definizione agevolata dei carichi affidati all’Agente della Riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 settembre 2017 ex art. 1 del D.L. n. 148/2017, convertito con modificazioni dalla L. n. 172/2017; con nota del 12 febbraio 2024, RAGIONE_SOCIALE aveva documentato l’avvenuto pagamento degli importi, formulando rinuncia al ricorso proposto.
Successivamente, con istanza del 23 settembre 2024, l’Agenzia delle Entrate ha richiesto la fissazione di udienza per la decisione del proprio ricorso, non avendovi rinunciato.
Il procedimento è stato ricalendarizzato per l’adunanza camerale del 29 gennaio 2025, in esito alla quale è stato deciso.
Ragioni della decisione.
Con il primo motivo di ricorso si lamenta l’omesso esame, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, avendo il Collegio ritenuto deducibili i costi sostenuti per l’impianto denominato ‘vaso espansore’.
Con il secondo motivo si contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 TUIR, nonché degli artt. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973, e 54, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., avuto riguardo alle anomalie e disfunzioni dell’impianto denominato ‘vaso espansore’ negli anni 2006, 2007, 2008.
Con il primo motivo di ricorso incidentale si lamenta la violazione dell’art. 32, comma 1, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per avvenuta decadenza dell’Agenzia a seguito della tardiva produzione della delega del Direttore Provinciale, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c.
Con il secondo motivo si contesta la violazione degli artt. 15 d.P.R. n. 633 del 1972, 8, comma 35, L. 11 marzo 1988, n. 67, 1362, 1363, 1366 e 1368 c.c., avuto riguardo all’art. 360, n. 3, c.p.c., avendo la CTR trascurato di considerare, da un lato, che la deducibilità dei costi e delle spese è strettamente correlata alla produzione di ricavi, nella specie irrilevanti nel 2006 e addirittura assenti nel 2007 e nel 2008, dall’altro lato, che l’antieconomicità relativa alla gestione dell’impianto andava rigorosamente spiegata e giustificata dalla contribuente.
Mette preliminarmente in conto osservare che, come rilevato in narrativa, in prossimità dell’udienza del 14 maggio 2024, con atto del 12 febbraio 2024, Amgas ha formulato istanza finalizzata ad
ottenere la dichiarazione di cessazione della materia del contendere, sul presupposto dell’intervenuta adesione alla definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 settembre 2017 (art. 1 del d.l. n. 148/2017, convertito con modificazioni dalla l. n. 172/2017); l’istanza è stata corredata di domanda di definizione agevolata della controversia e quietanza dei pagamenti eseguiti.
Ancorché prima facie possa percepirsi resa in relazione all’intero giudizio, l’ordinanza n. 19653, depositata il 16 luglio 2024, è da intendersi chiaramente riferita alla sola porzione del giudizio correlata al ricorso incidentale avanzato da Amgas. Del resto, il contenuto decisorio di un provvedimento giurisdizionale è rappresentato non solo dal dispositivo, ma anche dalle affermazioni e dagli accertamenti contenuti nella motivazione, nei limiti in cui essi costituiscano una parte della decisione, in quanto integrano una necessaria premessa od un presupposto logico indefettibile della pronuncia (v. Cass. n. 26802 del 2022; Cass. n. 14547 del 2019; Cass. n. 19252 del 2018; Cass. n. 23751 del 2015; Cass. n. 14499 del 2014). Nell’ordinanza anzidetta il profilo centrale della motivazione è rappresentato dal richiamo all’istanza di una della due parti in causa, mentre l’elemento centrale di raccordo fra il dispositivo e la motivazione stessa è costituito -una volta di più -dal solo richiamo dell’istanza di Amgas e della documentazione depositata da tale contribuente ai fini della definizione agevolata della controversia. Inoltre, è aspetto essenziale e significativo quello per cui non veniva pronunciata la declaratoria di cessazione della materia del contendere, postulando con ogni evidenza la sussistenza del ricorso dell’Agenzia delle Entrate un persistente contrasto di posizioni su una frazione del thema decidendum , quella collegata -appunto -al ricorso erariale. Pertanto, avuto riguardo alla scindibilità della pretesa fiscale a tutt’oggi non abdicata rispetto alla porzione di essa fatta oggetto di
rottamazione, è inequivocabile che la declaratoria di estinzione -si ribadisce, senza declaratoria di cessazione della materia del contendere -sia riferita esclusivamente ai profili della pretesa fiscale correlati al ricorso di Amgas, restando estranei al perimetro della dichiarazione di estinzione le doglianze veicolate con il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, permanendo l’interesse alla statuizione sulla pretesa erariale.
Su questa premessa, può procedersi all’esame dei motivi proposti dall’Agenzia delle Entrate.
Il primo motivo del ricorso avanzato dall’Agenzia delle Entrate non coglie nel segno e va disatteso.
La motivazione della sentenza d’appello è, invero, rispettosa del c.d. ‘minimo costituzionale’, del quale non infrange la soglia.
La CTR ha opinato nel senso dell’infondatezza dell’appello incidentale erariale, ritenendo, con esplicito riguardo al ‘vaso espansore’, che l’Agenzia avesse compiuto una scelta ‘ la cui redditività non poteva essere valutata in anticipo rispetto … ai risultati concreti ottenuti dagli investimenti ‘, soggiungendo che ‘ la semplice circostanza che l’operazione da un punto di vista della redditività si sia poi rivelata antieconomica non può portare alla conclusione che trattasi di operazione elusiva ‘.
Giova evidenziare che ‘ in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente
incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali ‘ (Cass. n. 7090 del 2022; Cass. n. 22598 del 2018).
Il secondo motivo del ricorso avanzato dall’Agenzia delle Entrate è infondato e va respinto.
Con il mezzo di censura l’Agenzia finisce per sostenere l’indeducibilità dei costi sulla base del dato quantitativo dell’esiguità (nel 2006) e dell’assenza (nel 2007 e nel 2008) di ricavi. In altri termini, l’Agenzia collega la deducibilità imprescindibilmente -alla produzione di ricavi.
Detta prospettiva non è, tuttavia, condivisibile.
In termini generali, è il caso di ricordare che, secondo il consolidato orientamento della Corte, il principio d’inerenza del costo, ai fini della sua deducibilità, è stato ricondotto, sul piano normativo, all’art. 109, comma 5, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) (in precedenza, art. 75, comma 5, TUIR) che stabilisce che: « Le spese e gli altri componenti negativi sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi .».
Come chiarito dalla giurisprudenza nomofilattica, il giudizio sull’inerenza del costo va riferito all’oggetto sociale dell’impresa, nel senso che esso è deducibile se è funzionale alle singole attività sociali o, comunque, se apporta all’impresa un’utilità, obiettivamente determinabile e adeguatamente documentata (Cass. n. 23164 del 2017).
L’«inerenza» non integra, in definitiva, un nesso tra costo e ricavo, ma si sostanzia nella correlazione tra costo e attività d’impresa, anche solo potenzialmente capace di produrre reddito imponibile.
Giova dar continuità al principio alla luce del quale ‘ In tema di deducibilità dei costi, l’inerenza, desumibile dall’art. 109, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986 (in precedenza, art. 75, comma 5, del
detto decreto), deve essere riferita all’oggetto sociale dell’impresa, in quanto non integra un nesso di tipo utilitaristico tra costo e ricavo, bensì una correlazione tra costo ed attività di impresa, anche solo potenzialmente capace di produrre reddito imponibile, ma – a differenza di quanto avviene ai fini della detrazione dell’IVA, rispetto alla quale il concetto ha valenza esclusivamente qualitativa – nelle imposte dirette l’antieconomicità di una spesa, ossia la sproporzione sul piano quantitativo, può costituire significativo sintomo della non inerenza della stessa ‘ (Cass. n. 13588 del 2018). Questa Corte ha anche evidenziato che ‘ In tema di imposte sui redditi d’impresa, il principio dell’inerenza dei costi deducibili non si ricava dall’art. 109, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986 (in precedenza, art. 75, comma 5, del medesimo d.P.R.), che attiene alla correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili, ma costituisce espressione della necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’impresa, sicché devono ritenersi inerenti – secondo un giudizio di natura qualitativa – anche i costi relativi ad iniziative che si collocano in un nesso di programmatica, futura o potenziale proiezione dell’attività imprenditoriale, senza che sia necessario verificarne la correlazione con i ricavi dell’impresa, né valutarne la congruità, non potendo invece ritenersi inerenti le operazioni comportanti costi che si riferiscono ad un ambito non coerente o estraneo all’oggetto dell’attività di impresa ‘ (Cass. n. 13882 del 2018). Ancor più incisivamente si è sottolineato, nel formante nomofilattico, che il requisito dell’inerenza ha ‘ valenza qualitativa, e quindi da intendersi come nesso di strumentalità, anche solo potenziale, tra il bene e l’attività svolta’ (Cass. n. 23278 del 2018). In definitiva, il principio di inerenza dei costi deducibili, esprime una correlazione in concreto, non tra costi e ricavi, ma tra costi ed attività d’impresa, traducendosi in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde da considerazioni di natura quantitativa (v. anche Cass. n. 33568 del 2022)
In questo quadro, l’antieconomicità di un costo – intesa come sproporzione tra la spesa e l’utilità che ne deriva, avuto riguardo agli ulteriori dati contabili dell’impresa – può fungere soltanto da elemento sintomatico del difetto di inerenza, e in questo caso, ove il contribuente indichi i fatti che consentano di ricondurre il costo all’attività d’impresa, l’Amministrazione è tenuta a dimostrare, anche con il ricorso ad indizi, gli ulteriori elementi addotti in senso contrario, evidenziando, in particolare, l’inattendibilità della condotta del contribuente.
Nella specie, la CTR, esprimendo il sindacato ad essa riservato, ha ritenuto -compiendo un accertamento in fatto -che l’operazione si risolvesse in un investimento e non in un’operazione elusiva, in tal senso reputando irrilevante il dato quantitativo. L’esito del sindacato liberamente svolto dal giudice di secondo grado non può essere soppianto e sostituito in questa sede da un diverso apprezzamento di fatto e di merito, palesandosi una simile operazione fisiologicamente interdetta nell’odierna fase di giudizio.
Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate va, pertanto, respinto.
Le spese del giudizio, avuto riguardo all’esito di esso, sono suscettibili d’integrale compensazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Compensa interamente fra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 29/01/2025.