Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7722 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7722 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/03/2025
Oggetto: IRPEG 2006 – Art. 109 1-5 t.u.i.r. -Costi di transazione -Deducibilità – Art. 1, comma 58 e 59, l. 244/2007 – Applicabilità agli anni precedenti il 2008 – Condizioni * Principi di diritto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26681/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del secondo;
-ricorrente-
controricorrente incidentale -contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente-
ricorrente incidentale – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, n. 924/24/2017, depositata in data 6 aprile 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle entrate emetteva l’ avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO nei confronti della Banca di Anghiari e Stia Credito Cooperativo, per l’anno 2006, evidenziando la non deducibilità di costi per Euro 197.940,07, derivanti da transazione della banca con la clientela per prevenire controversie in ordine ad investimenti, oltre che dei costi relativi all’acquisizione di un diritto di superficie su immobili per Euro 64.744,00, entrambi per difetto di inerenza, nel primo caso per illiceità della condotta, nel secondo per il mancato utilizzo in concreto del bene. Inoltre, erano disconosciute le quote di ammortamento di oneri pluriennali relativi all’acquisizione di un bene immateriale, quale la lista clienti, attinente all’acquisto di un ramo di azienda di un promotore finanziario, in quanto tale lista non rappresentava un bene separabile e scorporabile, non potendo, dunque, costituire una attività immateriale.
La Commissione tributaria provinciale di Arezzo accoglieva il ricorso, mentre la Commissione tributaria regionale, per quel che ancora qui rileva, accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Ufficio, ritenendo indeducibili i costi di transazione solo relativamente alla posizione della RAGIONE_SOCIALE ed i costi per l’acquisizione del diritto di superficie, confermando per il resto la sentenza di prime cure.
Avverso la sentenza di appello propone ricorso per cassazione la contribuente, affidato a due motivi. Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso e proponendo ricorso incidentale. La contribuente ha depositato controricorso al ricorso incidentale.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 21/02/2025.
La ricorrente principale ha depositato memoria ex art. 380bis1 cod. proc. civ.
Considerato che:
Con il primo motivo d ell’ impugnazione principale la contribuente deduce la «violazione e falsa applicazione dell’art. 101 comma 5 e dell’art. 83 comma 1 del TUIR, con riguardo alla non
deducibilità delle perdite sul credito RAGIONE_SOCIALE per asserito difetto dei requisiti di certezza e precisione». La CTR avrebbe erroneamente escluso la deducibilità della perdita, negando la sussistenza dei requisiti di certezza e precisione di cui all’art. 101, comma 5, TUIR, poiché il credito della banca era assistito da garanzie fideiussorie non escusse dall’istituto di credito. La ricorrente evidenzia che i patrimoni dei garanti erano del tutto incapienti per qualunque tipo di recupero del credito (circostanza di fatto mai contestata dall’Ufficio) e che i criteri di certezza e precisione della perdita su crediti richiamati dalla detta norma dovevano ritenersi sussistenti tutte le volte che la derecognition di quei crediti dal bilancio fosse stata decisa in conformità ai principi IAS. Il cd. principio di derivazione dell’imponibile fiscale dalle risultanze del bilancio IAS, espressamente codificato nell’art. 83 TUIR, trovava applicazione anche per i periodi d’imposta anteriori al 2008.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale l’Agenzia delle entrate deduce la «violazione e falsa applicazione dell’art. 101 comma 5 TUIR, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3) c.p.c.» per avere la CTR erroneamente svolto un giudizio di mera ‘convenienza economica’ delle transazioni e della cessione pro soluto , in difetto della prova (incombente sulla contribuente) della esistenza e della oggettiva determinabilità delle perdite.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, vertendo sulla medesima questione, ovvero la deducibilità, ai sensi dell’art. 101, comma 5, TUIR, delle perdite su crediti derivanti da atti transattivi e dalle cessioni di credito pro soluto ; in particolare, la contribuente afferma la deducibilità anche della perdita derivante dalla transazione con la RAGIONE_SOCIALE, l’Ufficio deduce l’indeducibilità anche delle perdite derivanti dalle altre transazioni e dalle cessioni pro soluto .
3.1. Il primo motivo del ricorso principale è fondato.
Invero, ai sensi dell’art. 109, comma 5, d.P.R. 917/1986, “le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi,
tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi”. Per questa Corte (Cass., 11/04/2011, n. 8135) un costo può essere deducibile dal reddito d’impresa solo se e in quanto sia funzionale alla produzione del reddito stesso; sicché la correlazione fra costo e reddito è stata esclusa con riferimento ai costi rappresentati dal pagamento di sanzioni pecuniarie irrogate per punire comportamenti illeciti del contribuente (cfr. Cass. 29/05/2000, n. 7071, per le infrazioni alle norme sulla circolazione stradale; Cass. 13/05/2003, n. 7317; come pure per gli interessi moratori su somme pagate a titolo di sanzione: in tal senso Cass., 20/05/2009, n. 11176). Allo stesso modo si è ritenuto non deducibile l’esborso effettuato per evitare indagini fiscali, trattandosi non di atto di gestione dell’impresa, ma ponendosi su un piano autonomo ed esterno alla stessa (Cass. 19/04/2001, n. 5796). In tutte queste ipotesi (cfr. anche la ritenuta non detraibiltà del riscatto pagato per la liberazione di un dirigente come da Cass., 11/08/1995, n. 8818), l’illecito compiuto “spezza”, in ogni caso, il nesso di inerenza, in quanto “la spesa non nasce più nell’impresa”, ma in un atto o fatto antigiuridico, che per sua natura si pone al di là della sfera aziendale. La deducibilità è stata negata anche ai costi sopportati per le sanzioni pagate dall’imprenditore a titolo di condono edilizio (Cass. 07/09/2007, n. 1860), come pure a quelli per sanzioni irrogate dagli organismi della concorrenza e del mercato per aver posto in essere pratiche concordate per falsare in maniera consistente la concorrenza sul mercato (Cass. 03/03/2010, n. 5050), anche perché tali sanzioni sono inflitte a prescindere dal danno concretamente ricevuto dai consumatori.
Si è invece affermato che sono deducibili dal reddito d’impresa le penalità contrattuali per ritardata consegna alla clientela, stabilite in base all’art. 1382 cod. civ., in quanto, per la natura di patto accessorio del contratto, inidoneo ad interrompere il nesso
sinallagmatico, non hanno finalità sanzionatorie o punitive ma, assolvendo la funzione di rafforzare il vincolo negoziale e predeterminare la misura del risarcimento in caso d’inadempimento, sono inerenti all’attività d’impresa (Cass. 05/07/2017, n. 16561; Cass., n. 18903/2018). Più recentemente si è anche chiarito che le sanzioni civili per il ritardato pagamento di oneri (nella specie, previdenziali), pur avendo natura risarcitoria, non sono automaticamente deducibili come costi inerenti, dovendosene verificare la correlazione con lo svolgimento dell’attività di impresa, avendo riguardo all’oggetto sociale della stessa (Cass. 22/11/2018, n. 30238). Va, poi, esclusa la deducibilità delle spese legali sostenute dalla società contribuente per la difesa di propri dipendenti (Cass. 10/03/2017, n. 6185).
3.2. Costituisce principio consolidato quello per cui le somme erogate, a seguito di transazioni, a titolo di risarcimento del danno sono costi deducibili dall’impresa che provvede al pagamento, potendosi soltanto contestare la deducibilità in un unico momento o in più annualità, in relazione al principio di competenza (Cass. 25/03/2015, n. 5976, in una controversia relativa alla contestazione di indeducibilità dell’intero importo pagato, a seguito di transazione, da un imprenditore in favore del proprietario del fondo adiacente l’area destinata ad attività di impresa, per estrazione di inerti sine titulo dal terreno di proprietà altrui).
3.3. Dalla sentenza di appello emerge che l’Ufficio ha contestato la indeducibilità dei costi sostenuti dalla Banca in relazione alle transazioni su cause di risarcimento “avanzate dai clienti della banca” , poiché ciò postula l’applicazione di un principio (di derivazione rafforzata del reddito imponibile dal bilancio) introdotto da una normativa all’epoca non ancora entrata in vigore (principio che, come sostenuto dai giudici di prossimità, consente una deroga ai criteri di certezza e precisione). La CTR ha accolto in parte la doglianza dell’Ufficio, precisamente con riferimento alla posizione riferita alla società RAGIONE_SOCIALE, sia per l’entità del
credito sia per l’esistenza di garanzie fideiussorie non escusse dall’istituto di credito, implicitamente ritenendo non applicabile il suddetto principio (‘stante la sua controvertibile applicazione sotto il profilo temporale’, pag. 3 della sentenza).
3.4. La decisione non può essere condivisa.
3.4.1. Invero, come già chiarito da questa Corte, in presenza di transazioni stipulate dalla banca con i clienti per prevenire l’instaurazione di un contenzioso fondato sulla dedotta violazione da parte dei funzionari degli obblighi informativi per la conclusione di contratti di investimento aventi ad oggetto obbligazioni (Cirio e Bond argentini), le spese erogate dalla Banca per coprire tali costi costituiscono risarcimento del danno, e sono pienamente deducibili dal soggetto che ha effettuato i pagamenti delle relative transazioni, trattandosi di spese attinenti al concreto svolgimento dell’attività di impresa, a titolo di responsabilità precontrattuale o contrattuale e, dunque, inerenti ai sensi dell’art. 109 d.P.R. 917/1986, deducibili come sopravvenienza passiva nell’esercizio in cui interviene la relativa spesa (Cass. 25/03/2015, n. 5976).
3.4.2 . Riguardo all’applicabilità, nella fattispecie, del cd. principio di derivazione rafforzata è necessario premettere un riferimento al quadro normativo delineatosi nella materia sub iudice , nei limiti delle disposizioni applicabili, anche ratione temporis .
Gli International Accountíng Standards (IAS) costituiscono principi contabili internazionali, emanati, nel tentativo di standardizzazione mondiale delle regole contabili, da un gruppo di professionisti contabili costituiti in un comitato (IASCInternational Accounting Standards Committee ) interno all’organizzazione mondiale dei professionisti contabili (IFACInternational Federation of Accountants ). Successivamente, dal 2001, lo stesso IASC si è trasformato in una fondazione privata di diritto statunitense, della quale è organo l’ International Accounting Standards Board (IASB), che provvede ad emanare i principi contabili, denominati International Financial Reporting Standards (IFRS). La coesistenza
tra i precedenti IAS ed i successivi IFRS giustifica la prassi frequente di fare riferimento ai principi contabili internazionali con il termine IAS/IFRS.
L’introduzione dei principi contabili internazionali nella disciplina della contabilità dei singoli Stati dell’Unione Europea ha avuto origine dall’emanazione del Regolamento CE n. 1606 del 19 luglio 2002, in materia di armonizzazione contabile nell’ambito del processo di integrazione dei mercati finanziari, relativamente alle società europee emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentari unionali, obbligate ad adottare i principi IAS/IFRS nella redazione dei loro bilanci consolidati a decorrere dal 2005, al fine di fornire agli investitori informazioni, basate su criteri uniformi, che rappresentassero la sostanza del fenomeno economico descritto, con prevalenza rispetto alle caratteristiche formali dello stesso. Inoltre, l’art. 5 del Regolamento 1606/2002 ha previsto che gli Stati membri potessero consentire o prescrivere l’applicazione degli IAS/IFRS emanati dallo IASB anche ai bilanci consolidati delle società non quotate ed ai bilanci di esercizio delle società quotate o non quotate.
L’Italia ha esercitato le facoltà consentite dal Regolamento mediante l’emanazione del d.lgs. 28 febbraio 2005, n. 38, che ha dato attuazione all’articolo 25 della legge “comunitaria” 31 ottobre 2003, n. 306, introducendo anche la mera facoltà di utilizzo dei principi IAS per la redazione dei bilanci di esercizio di numerosi soggetti, con la conseguente ampliata emersione della differenza ontologica e funzionale tra i principi contabili internazionali, che, attraverso l’applicazione del principio di prevalenza della sostanza sulla forma e la conseguente valorizzazione dell’effettivo contenuto economico degli atti di gestione, mirano a soddisfare concrete esigenze informative degli investitori, ed i principi contabili civilistici, che rispondono piuttosto alla necessità di tutela dell’integrità del capitale sociale, nell’interesse dei creditori e dei soci (sul punto cfr. Cass. 05/11/2019, n. 28355, ampiamente in motivazione).
Le conseguenze, in materia tributaria, di tale divaricazione sono state considerate dal legislatore nazionale da un lato confermando, anche per le società IAS adopters , il principio di derivazione del reddito imponibile dalle risultanze del bilancio di esercizio; dall’altro garantendo la neutralità dell’imposizione rispetto ai principi contabili internazionali o nazionali applicati dalle società contribuenti. Chiara, in questo senso, è la relazione illustrativa al d.lgs. 28 febbraio 2005, n. 38, nel paragrafo intitolato “Disposizioni tributarie”, quando argomenta che: «la considerazione della circostanza che alcuni contribuenti IRES applicheranno (obbligatoriamente o in via facoltativa) i principi contabili internazionali ed altri, invece, continueranno ad applicare (obbligatoriamente o in via facoltativa) i principi contabili nazionali ha indotto a mantenere immutati i meccanismi di determinazione della base imponibile, fondati sul principio di derivazione dal risultato del conto economico, apportando alla normativa solo quelle modifiche strettamente indispensabili a consentirne l’applicazione ai soggetti che utilizzeranno i principi contabili internazionali, salvaguardando, nei limiti del possibile, la neutralità dell’imposizione rispetto ai diversi criteri di redazione del bilancio di esercizio». Successivamente, è intervenuta la legge 24 dicembre 2007, n. 244, che con l’art. 1, comma 58, ha modificato l’art. 83 d.P.R. n. 917 del 1986, il cui ultimo periodo prevede ora che «per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento CE n. 1602/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 luglio 2002, valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti da detti principi contabili».
L’attuazione compiuta di tale novella, demandata dal comma 60 dell’articolo 1 della legge n. 244 del 2007 ad apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, si è infine realizzata tramite l’adozione del D.M. 1 aprile 2009, n. 48 (“regolamento recante
disposizioni di attuazione e coordinamento delle norme contenute nei commi 58 e 59 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 in materia di determinazione del reddito dei soggetti tenuti alla adozione dei principi contabili internazionali”). L’art. 2, primo e secondo comma, D.M. n. 48 del 2009, stabilisce, per quanto qui interessa, che: «1. Ai sensi dell’articolo 83, comma 1, terzo periodo, del testo unico, per i soggetti IAS assumono rilevanza, ai fini dell’applicazione del Capo II, Sezione I, del testo unico, gli elementi reddituali e patrimoniali rappresentati in bilancio in base al criterio della prevalenza della sostanza sulla forma previsto dagli IAS. Conseguentemente, devono intendersi non applicabili a tali soggetti le disposizioni dell’articolo 109, commi 1 e 2, del testo unico, nonché ogni altra disposizione di determinazione del reddito che assuma i componenti reddituali e patrimoniali in base a regole di rappresentazione non conformi all’anzidetto criterio. 2. Anche ai soggetti IAS, fermo restando quanto previsto al comma 1, si applicano le disposizioni del Capo II, Sezione I del testo unico che prevedono limiti quantitativi alla deduzione di componenti negativi o la loro esclusione o ne dispongono la ripartizione in più periodi di imposta, nonché’ quelle che esentano o escludono, parzialmente o totalmente, dalla formazione del reddito imponibile componenti positivi, comunque denominati, o ne consentono la ripartizione in più periodi di imposta, e quelle che stabiliscono la rilevanza di componenti positivi o negativi nell’esercizio, rispettivamente, della loro percezione o del loro pagamento. Concorrono comunque alla formazione del reddito imponibile i componenti positivi e negativi, fiscalmente rilevanti ai sensi delle disposizioni dello stesso testo unico, imputati direttamente a patrimonio per effetto dell’applicazione degli IAS. Resta, altresì, ferma l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 109, comma 3, con riferimento ai componenti da imputarsi al conto economico ovvero a patrimonio, e 4, lettera b), ultimo periodo, del testo unico».
La novella dell’art. 83 d.P.R. n. 917 del 1986, introdotta dalla legge n. 244 del 2007 ed attuata dal D.M. n. 48 del 2009, viene comunemente considerata in dottrina come introduttiva del c.d. “principio di derivazione rafforzata del reddito imponibile dal bilancio redatto secondo i principi contabili internazionali”, che consente ai soggetti IAS adopters di mantenere le rappresentazioni già adottate in sede di bilancio ed improntate all’aspetto economico-sostanziale proprio dei principi IAS/IFRS e, correlativamente, di sottrarsi alla riclassificazione dei medesimi fenomeni secondo i criteri giuridicoformali di cui al t.u.i.r., ed alle conseguenti rettifiche. Le disposizioni fiscali ispirate al principio di derivazione rafforzata sono state poi integrate dal D.M. 8 giugno 2011, emanato in esecuzione del comma 28 dell’art. 2 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, che demandava l’emanazione delle disposizioni di coordinamento previste dall’art. 4, comma 7-quater, del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, per i principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 luglio 2002, adottati con regolamento UE entrato in vigore nel periodo compreso tra il 10 gennaio 2009 e il 31 dicembre 2010, ad apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Successivamente, il d.lgs. 18 agosto 2015, n. 139 (che non riguarda neppure ratione temporis , la fattispecie sub iudice ), che ha recepito la direttiva n. 2013/34/UE, ha introdotto rilevanti novità nella disciplina del bilancio contenuta nel codice civile, relativamente ai soggetti che non abbiano adottato – né per obbligo, né per opzione – gli IAS, essendo destinatari dei nuovi principi contabili nazionali elaborati dall’OIC (Organismo Italiano di Contabilità), ispirati, come per gli IAS, ad una nuova concezione per lo più “finanziaria” dell’informativa di bilancio, basata sul cd. fair value e sulla “sostanza” degli atti dell’impresa.
3.4.3. Tanto premesso, pare opportuno sottolineare, come ha fatto la dottrina, la differente tecnica usata dal legislatore tributario
nel dettare (quanto meno prima del predetto d.lgs. n. 139 del 2015 sui nuovi principi contabili nazionali OIC) la disciplina del principio di derivazione “semplice” del reddito imponibile dal bilancio del contribuente, rispetto alla versione “rafforzata” del medesimo principio, riservata ai contribuenti IAS adopters . Nel caso della derivazione “semplice”, infatti, ovvero con riferimento al primo periodo dell’art. 83 d.P.R. n. 917 del 1986, la disciplina del bilancio viene “presupposta” dal legislatore tributario, che non entra nel merito delle valutazioni effettuate dal redattore del bilancio per giungere al dato del “risultato” (utile o perdita) del bilancio, assunto quale “mero fatto” ai fini della determinazione del reddito di impresa (ciò che non esclude, tuttavia, che i “principi contabili” possano talvolta comunque rilevare in quanto tali, quando la specifica norma tributaria dia loro rilevanza). Invece, nel caso della derivazione “rafforzata”, relativamente ai soggetti che, per obbligo o per scelta, redigono il bilancio di esercizio secondo i principi contabili internazionali IAS/IFRS, l’ultimo periodo dell’art. 83 d.P.R. n. 917 del 1986 attua un vero e proprio rinvio, anche in deroga alle disposizioni del TUIR, ai «criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti da detti principi contabili», non limitandosi alla mera presupposizione dei principi contabili che richiama, come accade invece per i soggetti di cui al primo periodo. La circostanza che il legislatore abbia fatto ricorso alla tecnica del rinvio ai principi IAS/IFRS colloca pertanto questi ultimi (per loro natura regole extralegali, riconosciute da una comunità scientifica internazionale, lo IASB) all’interno del precetto della disposizione normativa nazionale in questione (della quale non sarebbe altrimenti individuabile il senso e la portata derogatoria dei successivi articoli della medesima sezione), oltre che di quella comunitaria dalla quale essa deriva, e fa sì che l’Amministrazione finanziaria possa accertarne la corretta applicazione e che la loro interpretazione ed applicazione costituisca anche una questione di diritto, quindi non necessariamente di mero fatto.
3.4.4. Il legislatore nazionale (comma 61 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244) ha opportunamente dettato una norma transitoria prevedendo, da un lato, che le disposizioni di cui ai precedenti commi 58 e 59 si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e, dall’altro, che per i periodi di imposta precedenti, sono fatti salvi gli effetti sulla determinazione dell’imposta prodo tti dai comportamenti adottati sulla base della corretta applicazione dei principi contabili internazionali, purché coerenti con quelli che sarebbero derivati dall’applicazione delle disposizioni introdotte dal comma 58.
Pertanto, la nuova normativa, previa verifica della ‘coerenza’ dei comportamenti adottati prima del 2008 sulla base dei principi contabili internazionali con quelli che sarebbero derivati dalle nuove disposizioni, è sostanzialmente applicabile per i periodi di imposta antecedenti al 2008.
Nella specie, detta coerenza sussiste, essendo stati posti in essere dalla contribuente comportamenti identici negli anni (deduzione di costi per transazioni), conformi ai principi contabili internazionali.
3 .4.5. L’applicazione della nuova normativa comporta, quindi, la deducibilità di tutti costi derivanti dalle transazioni stipulate con la clientela, a prescindere dalla valutazione della loro certezza e previsione (criteri derogati dal principio di derivazione rafforzata).
3 .5. L’accoglimento del primo motivo del ricorso principale comporta il rigetto dell’unico motivo del ricorso incidentale.
Con il secondo motivo del ricorso principale la contribuente deduce la «violazione e falsa applicazione dell’art. 109 comma 5 in combinato disposto con l’art. 83 comma 1 del TUIR, in merito alla ritenuta non deducibilità dei costi derivanti dall’acquisizione e dall’utilizzo del diritto di superficie», in quanto il giudice di appello sul punto ha omesso di applicare il principio di derivazione dell’imponibile fiscale dalle risultanze del bilancio las. In particolare, la banca nel 2007, a seguito dell’acquisto e dell’utilizzo di un diritto
di superficie per la durata di 72 anni su un immobile di proprietà della Fondazione Gennaioli RAGIONE_SOCIALE, sia per fine di mutualità bancaria sia per fini di mutualità esterna, ha sostenuto spese per Euro 18.400,04 a titolo di “quote di ammortamento di attività materiali di proprietà ad esso funzionali” e per Euro 44.968,77 per “altri oneri di gestione”. Il diritto di proprietà superficiaria è stato iscritto, nello stato patrimoniale, fra le immobilizzazioni materiali ad uso funzionale, per un importo individuato attualizzando ad un tasso di mercato i pagamenti previsti per i successivi 72 anni. Il debito in conto capitale nei confronti della RAGIONE_SOCIALE è stato inserito fra le passività. Nel conto economico sono state inserite le quote di ammortamento del diritto di superficie, imputando tra gli “oneri di gestione” la quota di interessi determinata nel processo di attualizzazione. La banca, quindi, ha applicato il principio di prevalenza della sostanza sulla forma, come se la Fondazione avesse finanziato la ricorrente al tasso di mercato per l’acquisto del diritto reale immobiliare.
In particolare, la quota di interessi determinata dal processo di attualizzazione è stata individuata facendo applicazione del principio las n. 16, evidenziando che gli interessi passivi sono sempre deducibili. Quanto alla imputazione temporale la ricorrente si è attenuta al principio las paragrafo 55, per il quale l’ammortamento di un ‘ attività ha inizio quando questa è disponibile all’uso, sicché l’ammortamento non cessa quando l’attività è inutilizzata, ai sensi del principio las 16 paragrafo 55.
Il giudice di appello, invece, ha ravvisato un difetto di inerenza per il mancato utilizzo del bene nell’anno di riferimento, senza tenere conto del principio di derivazione dell’imponibile fiscale dalle risultanze del bilancio Ias di cui all’art. 83 d.P.R. 917/1986, come modificato dall’art. 1 comma 58 della legge 24/12/2007, che si applica anche ai periodi di imposta anteriori al 2008, ai sensi del comma 61 dell’art. 1 della medesima legge.
Anche questo motivo è fondato.
4.1. Invero, come già affermato in sede di esame del primo motivo del ricorso principale, l’art. 83 del t.u.i.r. sancisce il principio di “derivazione”, nel senso che il reddito di impresa deriva dal risultato del conto economico della stessa (“il reddito complessivo è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all’esercizio chiuso nel periodo di imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione”).
Come supra esposto (par. 3.4.2. e seguenti), dal principio di “neutralità” derivante dalla prima applicazione delle regole fiscali introdotte dal d.lgs. 38 del 2005, si è passati al principio di “derivazione rafforzata” del reddito imponibile dalle qualificazioni, imputazioni temporali e classificazioni in bilancio previste dai principi contabili internazionali, introdotto con la legge 244/2007.
Infatti, l’art. 83 d.P.R. 917/1986, come modificato dall’art. 1 comma 58 della legge 24/12/2007, n. 244, prevede che “per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento CE n. 1602/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 luglio 2002, valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti da detti principi contabili”.
4.2. Nel caso in esame, la banca ha acquisito un diritto di superficie per la durata di 72 anni su un immobile di proprietà della Fondazione Gennaioli RAGIONE_SOCIALE, a fronte di una rendita annuale e con il sostenimento di costi per quote di ammortamento e per altri oneri di gestione. Non è contestato che il diritto di superficie fosse funzionale all’utilizzo dell’immobile sia per fini di mutualità bancaria diretta sia per fini di mutualità esterna. Il giudice di appello ha ritenuto tali costi indeducibili in quanto nel 2006 l’immobile non è stato in concreto utilizzato.
Tuttavia, l’applicazione del principio di “derivazione rafforzata” di cui all’art. 83 del d.P.R. 917/1986, consente la deducibilità di tali costi. Infatti, trova applicazione il Principio IAS n. 16 paragrafo 55, con la centralità della “messa a disposizione del bene”, invece che dell’utilizzo in concreto dello stesso. Infatti, il Principio las 16 al paragrafo 55 prevede che “l’ammortamento di un’attività ha inizio quando questa è disponibile all’uso, ossia quando è nel luogo e nelle condizioni necessarie perché sia in grado di funzionare nella maniera intesa dalla direzione aziendale. L’ammortamento di un bene cessa alla più remota tra la data in cui l’attività è classificata come posseduta per la vendita…, e la data in cui l’attività viene eliminata contabilmente. Pertanto, l’ammortamento non cessa nel momento in cui l’attività resta inutilizzata oppure ritirata dall’uso attivo, a meno che essa non sia completamente ammortizzata”. L’Agenzia non ha mai contestato la disponibilità del bene immobile in capo alla Banca, né ha contestato un utilizzo non strumentale dello stesso, ma ha basato l’avviso di accertamento, sul punto, solo sulla non inerenza derivante dal preteso “non uso”, invece che sulla “disponibilità” all’uso come imposto dai principi las.
Pur trattandosi dell’anno di imposta 200 6, ai sensi della richiamata normativa transitoria, può farsi applicazione dei commi 58 e 59 dell’art. 1 della l. 244/2007, poiché i comportamenti adottati prima del 2008 sulla base dei principi contabili internazionali sono coerenti con quelli che sarebbero derivati dalle nuove disposizioni: nella specie, infatti, sono stati posti in essere dalla contribuente comportamenti identici negli anni (deduzione di costi per l’acquisto del diritto di superficie), conformi ai principi contabili internazionali.
La sentenza deve, quindi, essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, che si adeguerà ai seguenti principi di diritto:
-“le somme erogate dalla Banca ai propri clienti, per prevenire (o definire) un contenzioso fondato sulla responsabilità
precontrattuale o contrattuale dell’istituto di credito nell’espletamento dei servizi finanziari (obbligazioni Cirio e bond argentini) integrano costi deducibili ai sensi dell’art. 109 comma 5 d.p.r. 917/1986 nell’esercizio in cui interviene la relativa spesa, essendo inerenti a ll’esercizio concreto dell’attività d’impresa “;
-“in base all’art. 1, comma 61, l. 244/2007, i commi 58 e 59 del medesimo articolo si applicano anche ai periodi di imposta precedenti l’anno 2008 qualora i comportamenti adottati prima dell’anno 2008 sulla base dei principi contabili internazionali siano coerenti con quelli derivati dalle nuove disposizioni (per esempio qualora i comportamenti del contribuente siano stati identici negli anni)”.
Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese di legittimità.
Rilevato che risulta soccombente l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 228 del 2012 (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 febbraio 2025.