Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14813 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14813 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE con il prof. avv. NOME COGNOME – controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di 2^ grado della Sicilia, n. 7735/22 depositata il 20 settembre 2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 aprile 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.Con ricorso alla CTP di Palermo la RAGIONE_SOCIALE esercente l’attività di produzione di mangimi per animali da allevamento, ha impugnato l’avviso di accertamento n. TY303A104180/2012 con il quale l’Agenzia delle Entrate, sulla scorta del contenuto del PVC redatto e notificato a detta società il 20.12.2011 ha richiesto il pagamento di maggiore IRES ed IRAP per € 50.426,00, oltre a sanzioni ed accessori di legge, in ragione della sussistenza di costi indebitamente dedotti per € 175.345,00, essendo stati tra l’altro ritenuti indeducibili € 122.915,58 per costi non inerenti ai sensi
Contratto swap
dell’art. 109 del TUIR derivanti dal conto denominato ‘Oneri Poliennali SWAP’, rivelatisi speculativi, posto che in sede di controllo non si è riscontrato alcun rapporto economico/finanziario connesso all’esercizio dell’attività d’impresa, nonché al recupero del costo di € 9.633,58 per il pagamento del contributo associativo presso la Confindustria di Palermo.
2.La CTP accoglieva parzialmente il ricorso, anche in relazione all’operazione SWAP ed al suddetto contributo associativo.
3.In sede di gravame la CTR respingeva l’appello incidentale dell’Agenzia, spiegato relativamente all’operazione SWAP nonché al recupero del costo di € 9.633,58 per il pagamento del contributo associativo presso la Confindustria di Palermo.
4.L’Agenzia propone così ricorso in cassazione affidato a due motivi, in relazione al quale la contribuente resiste a mezzo di controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Con riferimento al primo motivo si denuncia omessa pronuncia in relazione al motivo d’appello incidentale inerente al contributo associativo presso la Confindustria di Palermo.
1.1. Il motivo è infondato dal momento che in effetti la pronuncia pur nulla motivando sul punto, oggetto di appello incidentale, ha riportato la relativa domanda nella parte in fatto, per cui deve escludersi l’omissione e deve invece concludersi per il rigetto implicito, dal momento che l’intero appello veniva respinto.
Quanto alla motivazione, il vizio è dedotto nel corpo del motivo e la stessa è sicuramente omessa, ma in proposito va rilevato che la giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis Cass. SU 2.2.2017, n. 2731) ha già stabilito che, ove non occorrano ulteriori accertamenti di fatto, la Corte stessa può disporre ex art. 384 c.p.c. la correzione dell’impugnata sentenza. Nella specie il giudice di primo grado aveva rilevato come in alcun modo l’Agenzia aveva contestato la produzione nel giudizio di merito della documentazione (non solo la ricevuta di versamento, ma anche la deliberazione, a seguito di
ordinanza istruttoria del giudice di primo grado stesso). Va dunque sostituita sul punto la motivazione e pertanto va confermata la deduzione del costo ex art. 99, comma 3, TUIR.
2. Col secondo motivo si deduce ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 109, 112 e 99 del TUIR, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ A parere della difesa erariale i contratti di swap sono operazioni finanziarie in cui le controparti si impegnano a scambiarsi periodicamente e secondo regole predeterminate, dei flussi finanziari che possono in sé avere valenza speculativa. Nella vicenda in esame, il tentativo di eliminazione del rischio si collocherebbe in un’alea derivante dalla movimentazione futura ed imprevedibile di tassi di interesse posto che, oltretutto, le parti dichiarano espressamente anche di rinunziare alla risoluzione del contratto di swap per eccessiva onerosità. In tali ipotesi, pertanto, si può prevedere anche una situazione tale da portare la società a perdere sia in termini di tasso collegato al proprio indebitamento originario, sia a quello per il quale si è scommesso sottoscrivendo un contratto di swap. Al riguardo, la giurisprudenza ha, oramai definitivamente stabilito che per le società che non operano nel settore creditizio e finanziario, i derivati speculativi difettano del requisito di inerenza e, pertanto, detti costi non possono essere considerati deducibili ai fini delle imposte sui redditi. La difesa erariale fa anche notare che non potrebbe essere riconosciuta l’inerenza per il solo fatto che i costi possano essere ricondotti a qualsiasi operazione idonea a produrre reddito, poiché il derivato speculativo potrebbe anche condurre a un profitto, in quanto la riferibilità va relazionata non ai ricavi in sé, ma all’oggetto dell’impresa (cfr. Cassazione, sentenze nn. 10269/2017, 3746/2015, 21184/2014 e 7701/2013) e, quindi, prescinde anche dall’eventuale funzione di copertura, eventualmente assolta dallo SWAP. In particolare, nella sentenza n. 559/2020, questa Corte ha evidenziato che, per riconoscere la finalità di copertura del
derivato, deve osservarsi il seguente principio: ‘In tema di deducibilità degli accantonamenti per la copertura del rischio inerente ad operazioni su derivati, la società non operante nel settore creditizio o finanziario che invochi l’applicazione dell’art. 112 del d.P.R. n. 917 del 1986 ha l’onere di allegare e di provare che la finalità del contratto di ‘interest rate swap’ è di coprire operazioni che attengono all’esercizio dell’attività imprenditoriale, atteso che l’inerenza sussiste non ogni qual volta la componente negativa sia riferibile a una qualsiasi operazione idonea a produrre reddito, bensì in relazione all’oggetto dell’impresa’. Il derivato cioè dovrebbe assolvere alla funzione di ridurre o trasferire il rischio di variazione del valore di singole attività e passività o di insiemi di attività e passività, al cui fine è necessario verificare che vi sia l’intento di porre in essere la copertura; sia elevata la correlazione tra le caratteristiche tecnico-finanziarie (scadenza, tasso di interesse, nozionale, eccetera) delle attività/passività coperte e quelle del contratto di copertura; le predette circostanze risultino documentate da evidenze interne. In assenza delle predette condizioni, il derivato è di tipo aleatorio e speculativo, e deve pertanto escludersene la natura di operazione di copertura. Tale situazione si sarebbe verificata nel caso di specie, dal momento che non è stata riscontrata la sussistenza dei sopra citati requisiti oggettivi e soggettivi.
2.1. Il motivo è inammissibile per come formulato.
La sentenza impugnata così motiva sul punto
‘L’Agenzia ha proposto appello incidentale in riferimento ai capi della sentenza che hanno disconosciuto la fondatezza dell’avviso di accertamento in ordine al recupero a tassazione di costi non inerenti pari a 122.915,58 €, relativi ad oneri finanziari gravanti su operazioni di contratto derivato denominato Interest Rate Swap e alla parte concernente costi non inerenti per 9.633,58 €, relativi a contributi versati ad associazioni sindacali. In particolare, l’Agenzia
lamenta la nullità della sentenza per omessa e/o insufficiente motivazione in violazione del combinato disposto degli artt. 36 del D. Lgs 546/1992 e 360 c.p.c., e per violazione degli artt. 112 e 99 del TUIR. In particolare, i verificatori, analizzata la documentazione riscontrata nella sede dell’impresa, hanno ritenuto che il suddetto contratto palesi un’operazione speculativa indipendente ed autonoma, da cui non si evince una natura di copertura, e, pertanto, ai sensi dell’articolo 112 del TUIR, comma 1, lettera a) tale componente negativo non concorre alla formazione del reddito d’impresa, valutato oltretutto il principio di inerenza ex articolo 109 TUIR, anch’esso richiamato dai verificatori. Il motivo è infondato. Gli Swaps sono strumenti finanziari derivati che prevedono uno scambio reciproco di flussi di denaro, con regolamento mediante pagamento del differenziale, ciascuno di entità commisurata all’andamento di un distinto parametro di carattere finanziario (la quotazione di un determinato valore immobiliare, il tasso di cambio di una valuta, un tasso di interesse, un indice finanziario etc.). Questi prodotti finanziari possono perseguire finalità speculative oppure in alcuni casi di copertura. Una delle ipotesi più ricorrente di questa seconda categoria è quello contratto stipulato in relazione a un mutuo a tasso variabile per neutralizzare il rischio di incremento del costo finanziario del mutuo stesso (funzione di copertura). Ebbene, in riferimento al caso di specie, appare corretta e legittima la decisione del Collegio di prime cure. Infatti, sia dalla valutazione degli obiettivi evidenziati nei contratti in questione, sia dalla complessiva valutazione delle clausole e condizioni degli stessi, si evince la natura di copertura e non speculativa dell’accordo negoziale delle parti, connessi alla stipulazione di mutui a tasso variabile e volti a neutralizzare il rischio di incremento del costo finanziario dei mutui stessi. Di conseguenza, la deduzione operata della società appare legittima e correttamente realizzata nella misura e secondo le prescrizioni di legge’.
Ordunque la decisione sul punto è esplicitamente basata sulla valutazione delle clausole contrattuali e dei relativi obiettivi. Trattasi dunque di attività di interpretazione del contatto, che costituisce oggetto di una valutazione in fatto del giudice del merito, come tale non censurabile in sede di legittimità.
Benvero, va in ipotesi di attività interpretativa del contratto ravvisato il vizio di violazione di legge allorché il giudice di merito non abbia indicato i criteri interpretativi utilizzati (Cass. n. 5052/2025) come indicati dall’art. 1362 cod. civ., ma non è questo il profilo dedotto dalla difesa erariale, risultando invece dedotta la violazione degli artt. 109, 112 e 99 TUIR.
Da quanto precede discende il rigetto del ricorso con condanna dell’amministrazione al pagamento delle spese di lite che vanno liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte respinge il ricorso e condanna l’amministrazione ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in € 5.800,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15 %, oltre i.v.a. e c.p.a. se dovute ed oltre ad € 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, il 15 aprile 2025