Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15582 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15582 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/06/2024
Oggetto: Tributi
Irpef, Irap 2007
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 11625 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
Da
NOME COGNOME, titolare di omonima ditta individuale, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrente –
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
–
contro
ricorrente- per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale RAGIONE_SOCIALE Marche n. 658/01/2020, depositata in data 1° ottobre 2020, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 aprile 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME, titolare di omonima ditta individuale, esercente attività di ‘agente e rappresentante di calzature ed accessori’ , propone ricorso affidato a due motivi per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione Tributaria Regionale RAGIONE_SOCIALE Marche aveva accolto parzialmente l’appello principale proposto nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE e rigettato quello incidentale dell’Ufficio avverso la sentenza n. 324/02/2013 della Commissione Tributaria Provinciale di Ascoli Piceno con la quale era stato accolto parzialmente il ricorso del suddetto contribuente avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva ripreso a tass azione, per l’anno 2007 costi per prestazioni pubblicitarie e ristorazione ritenuti indebitamente dedotti ai fini Irpef, Irap, addizionale comunale e regionale, in quanto non documentati e comunque non inerenti.
In punto di diritto, per quanto di interesse la CTR, nell’ annullare la ripresa del costo di euro 1744,21 per pranzi, confermando per resto la sentenza di primo grado ha affermato che: 1) non sussisteva il preteso difetto di contraddittorio in quanto il contribuente aveva instaurato un procedimento di adesione nella fase precontenziosa e
comunque trattandosi di un accertamento ‘a tavolino’, l’Amministrazione non era tenuta a redigere il p.v.c. e a concedere il termine dilatorio di sessanta giorni prima dell’emissione dell’avviso; 2) ai fini della deducibilità RAGIONE_SOCIALE spese di pubblicità per euro 80.000,00 era irrilevante la circostanza che il contratto di sponsorizzazione fosse stato stipulato nel 2007, non essendo state emesse a tale titolo, né nel 2007 né nel 2008, fatture relative alla pubblicità svolta nel 2007, e non essendo stata provata adeguatamente la stessa attività pubblicitaria svolta dal soggetto sponsorizzato; peraltro, le spese pubblicitarie dedotte erano anche sproporzionate rispetto al reddito di impresa dichiarato (pari al 40% RAGIONE_SOCIALE spese di pubblicità dedotte).
3.Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE
1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 12, commi 2 e 7 , della legge n. 212/2000 per avere la CTR ritenuto – trattandosi di accertamento ‘ a tavolino ‘ -non tenuta l’Amministrazione ad elevare il p.v.c. e a concedere il termine di sessanta giorni prima dell’emissione dell’avviso, sebbene la mancanza del contraddittorio preventivo -espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuentecomportasse la nullità dell’atto impositivo. In particolare, diversamente da quanto affermato dalla CTR, la semplice richiesta dell’Ufficio di produzione di documenti non poteva ritenersi idonea a soddisfare il contraddittorio preventivo, essendo evidente che solo con l’elevazione di p.v.c. il contribuente poteva essere edotto degli esiti RAGIONE_SOCIALE indagini e RAGIONE_SOCIALE prete se dell’erario.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Va ribadito che: «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio.» (Cass. Sez. Un., Sentenza 29 luglio 2013 n. 18184). Inoltre, le Sezioni unite della Corte hanno anche precisato che «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito.» (Cass. Sez. Un. 9 dicembre 2015, n.
24823). Non vi sono ragioni per discostarsi nel caso di specie da tale autorevole insegnamento, mai superato (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 701 del 15/01/2019, Rv. 652456 – 01; conforme, ad es. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22644 del 11/09/2019, Rv. 655048 -01, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 37234 del 20/12/2022). In particolare, in tema di accertamento tributario, la redazione del verbale di verifica e di quello conclusivo RAGIONE_SOCIALE operazioni è richiesta dall’art. 52, comma 6, del d.P.R. n. 633 del 1972 (applicabile non solo in materia di IVA ma anche di imposte dirette, in virtù del richiamo operato dall’art. 33, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973) esclusivamente nelle ipotesi di accesso finalizzato all’acquisizione di documentazione, e non anche in quello di accertamenti documentali cd. a tavolino, espletati autonomamente dall’Amministrazione finanziaria nei propri uffici (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8246 del 04/04/2018). Nel caso di specie, la ripresa non consegue ad accesso, ispezione o verifica, trattandosi di controlli meramente documentali, ossia condotti sulla base della dichiarazione e della documentazione già esibiva su invito dell’Amministrazione. Pertanto, come correttamente statuito dalla CTR, nella specie non trovava applicazione l’art. 12, comma 7, dello Statuto del contribuente non essendo l’Amministrazione ‘tenuta a redigere il p.v.c. e a concedere il termine dilatorio di 60 giorni prima dell’emissione dell’avviso di accertamento nel caso d i accertamento a tavolino’.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 38 del d.P.R. n. 600/73, 90, comma 8, della legge n. 289/2002 e 108, comma 2 (ex art. 74, comma 2) del TUIR per avere la CTR ritenuto indeducibile la spesa di euro 80.000,00 per prestazioni pubblicitarie -attraverso cartellonistica e concerti in forza di contratto di sponsorizzazione stipulato nel 2007 con il RAGIONE_SOCIALE di Civitanova Marche -stante la mancata emissione di fatture, la mancata prova dell’attività pubblicitaria e la sproporzione della spesa rispetto al
reddito d’impresa dichiarato sebbene : 1) le fatture passive fossero state ricomprese nell’apposito conto ‘fatture da ricevere’ ; 2) i pagamenti dei corrispettivi fossero stati effettuati dal contribuente in contante nonché attraverso bonifici e assegni; 3) i costi sostenuti fossero inerenti all’attività d’impresa del contribuente in considerazione della pubblicizzazione dei propri prodotti attraverso l’inserimento del suo logo in locandine, cartelloni relativi ad eventi musicali organizzati dal RAGIONE_SOCIALE; 4) le spese in questione non fossero ‘ antieconomiche ‘ dovendo essere rapportate non al reddito prodotto ma al volume complessivo degli affari, anche tenendo presenti esercizi successivi a quello di effettivo sostenimento RAGIONE_SOCIALE stesse. Peraltro, la CTR avrebbe dovuto ritenere deducibili le spese di sponsorizzazione in questione anche in forza dell’invocato art. 90, comma 8 della legge n. 289/2002, applicabile, ad avviso della ricorrente, anche alla fattispecie in esame in cui il soggetto sponsorizzato era non già una compagine sportiva dilettantistica ma una istituzione scolastica.
6.1. Il motivo è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
6.2. In primo luogo, il principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata RAGIONE_SOCIALE censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa ( ex multis , Cass. n. 7825 e n. 12688 del 2006; Cass. n. 14784 del 2015); nella specie, il contribuente, in mancanza della trascrizione o allegazione al ricorso del contenuto, nelle parti rilevanti, degli atti difensivi dei gradi di merito con riguardo alla eccepita deducibilità RAGIONE_SOCIALE spese pubblicitarie per euro 80.000,00, non è dato a questa Corte verificare gli esatti termini della questione e di averne la completa cognizione al fine di valutare la fondatezza della censura.
6.3. Peraltro, premesso che spetta al contribuente, che allega un fatto impeditivo della pretesa tributaria, l’onere di provare la effettiva sussistenza di componenti negativi del reddito di impresa, nonché l’inerenza degli stessi ad attività produttive di ricavi o altri proventi ai sensi dell’art.109 comma 5 d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917 (Cass. sez. 5, Sentenza n. 11942 del 2016; Sez. 5, Sentenza n. 25282 del 16/12/2015, Rv. 638007Sez. 5, Sentenza n. 1691 del 29/01/2016, Rv. 638736); che, in particolare, il principio di inerenza -che, pur con le dovute precisazioni derivanti dall’applicazione della giurisprudenza della Corte di giustizia della UE per l’imposta armonizzata, è unico per le imposte dei redditi e per l’IVA (Cass. n. 18904 del 17/07/2018)- si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dall’art. 109, comma 5, del medesimo d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili) (Cass. n. 450 del 11/01/2018) ed è espressione della necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’impresa, anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura, escludendo i costi che si collocano in una sfera ad essa estranea (Cass. 30030 del 21/11/2018; Cass. n. 27786 del 31/10/2018; Cass. n. 13882 del 31/05/2018; Cass. n. 450 del 2018, cit.; Cass. n. 18904 del 2018, cit.). Lo stesso si traduce in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico (o di vantaggio economico) ovvero quantitativo (Cass. n. 27786 del 2018, cit.; Cass. n. 22938 del 26/09/2018; Cass. n. 18904 del 2018, cit.), sicché «il costo attiene o non attiene all’attività d’impresa a prescindere dalla sua entità» (così espressamente, in motivazione, Cass. n. 18904 del 2018; da ultimo, Cass. sez. 5, n. 655 del 2024) potendo essere l’antieconomicità e l’incongruità della spesa indici rivelatori del difetto di inerenza (v. ad es. Cass. n. 11324/2022; Cass. 27786/2018; Cass. n. 33568 del 2022), nella specie, il motivo di ricorso, pur prospettando una violazione di legge in realtà tende inammissibilmente ad una nuova interpretazione di questioni di
merito, avendo la CTR, con una valutazione in fatto non sindacabile dinanzi al giudice di legittimità e in ossequio ai suddetti principi, ritenuto indeducibili i costi di euro 80.000,00 per prestazioni pubblicitarie in forza di contratto di sponsorizzazione stipulato nel 2007 in quanto ‘ nel medesimo anno 2007 ma neppure nel 2008 erano state a tale titolo emesse fatture relative alla pubblicità svolta nel 2007 né peraltro provata adeguatamente la stessa attività pubblicitaria svolta dal soggetto sponsorizzato. Nella specie l’Ufficio aveva anche evidenziato come le spese pubblicitarie dedotte rappresenta un costo sproporzionato… a fronte di un reddito dichiarato pari al 40% RAGIONE_SOCIALE spese di pubblicità dedotte ‘. Va, al riguardo, ribadito l’orientamento di questa Corte secondo cui ‘ È inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito ‘ (Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017; Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 18721 del 13/07/2018; Cass., sez. 5, 26 novembre 2020, n. 26961; Cass. sez. 5, n. 655 del 2024).
6.4. Peraltro, quanto alla dedotta violazione dell’art. 90, comma 8, della legge n. 289/2002, per non essere stata applicata dal giudice di appello la presunzione assoluta di totale deducibilità RAGIONE_SOCIALE spese di sponsorizzazione sostenute entro il limite fissato ex lege in favore di una istituzione scolastica, la censura si profila inammissibile, non potendo essere, nel giudizio di legittimità, prospettate per la prima volta questioni nuove o temi nuovi d’indagini non compiute perché non richieste in sede di merito; poiché la questione sollevata non risulta trattata nella sentenza impugnata, la ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità della censura in quanto nuova, aveva l’onere, in realtà non assolto, di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, indicando,
altresì, in quale atto del giudizio precedente lo avesse fatto, onde consentire a questa Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare, nel merito, la questione stessa (in tal senso, Cass. n. 10211 del 2015; nello stesso senso, Cass. sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32804 del 13/12/2019); nella specie, non avendo la società contribuente assolto l’onere di allegare in ricorso l’avvenuta deduzione negli atti difensivi di merito della questione concernente la assunta applicabilità dell’art. 90, comma 8, cit., non è dato a questa Corte ritenere compresa la stessa nel thema decidendum avanti al giudice di secondo grado.
7. In conclusione, il ricorso va rigettato.
8.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 4.300,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 12 aprile 2024