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Deducibilità costi pubblicità: il caso della capogruppo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28233/2025, ha negato la deducibilità dei costi di pubblicità sostenuti da una società capogruppo per un marchio utilizzato dalle sue controllate. La Corte ha stabilito che, poiché il beneficio diretto dell’incremento delle vendite ricade sulle società operative, la holding non ha provato l’inerenza di tale costo rispetto alla propria attività di gestione delle partecipazioni. La decisione sottolinea un principio fondamentale sulla deducibilità costi pubblicità nei gruppi societari: il costo deve essere correlato all’attività specifica di chi lo sostiene, e un vantaggio indiretto non è sufficiente.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità Costi Pubblicità: la Cassazione e i limiti per la Capogruppo

La gestione dei costi all’interno di un gruppo societario è una questione delicata, soprattutto dal punto di vista fiscale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di deducibilità costi pubblicità, chiarendo i rigidi confini per le società capogruppo (holding) che sostengono spese a vantaggio delle proprie controllate. La sentenza analizza il concetto di inerenza, fondamentale per capire quali costi possono essere scaricati e quali no.

I Fatti del Caso

Una società capogruppo, la cui attività principale consisteva nella gestione di partecipazioni in altre società, ha sostenuto un costo annuo di 50.000 euro per la locazione di spazi espositivi in una farmacia. L’obiettivo era pubblicizzare un marchio di sua proprietà, utilizzato però dalle società controllate per vendere i loro prodotti. L’Agenzia delle Entrate ha contestato la deducibilità di questo costo, emettendo un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2014, sostenendo la mancanza di inerenza della spesa rispetto all’attività della holding.

La contribuente si è opposta, ma la Commissione Tributaria Regionale ha dato ragione al Fisco. La questione è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Questione Giuridica: Inerenza e Deducibilità Costi Pubblicità

Il cuore della controversia risiede nel principio di inerenza. Un costo è fiscalmente deducibile solo se è strettamente correlato all’attività d’impresa da cui derivano i ricavi. In questo caso, la domanda era: un costo per pubblicizzare un marchio, i cui prodotti sono venduti dalle controllate, è inerente all’attività di una capogruppo che guadagna principalmente dai dividendi di quelle stesse controllate?

La società sosteneva che la pubblicità, aumentando le vendite delle controllate, avrebbe incrementato i loro utili e, di conseguenza, i dividendi distribuiti alla capogruppo, creando così un collegamento indiretto. L’Agenzia delle Entrate, invece, riteneva che il vantaggio fosse diretto ed esclusivo per le controllate, le uniche a realizzare maggiori ricavi dalle vendite.

La Distinzione tra Spese di Pubblicità e di Rappresentanza

Nel suo percorso argomentativo, la Corte ha richiamato la distinzione consolidata tra spese di pubblicità e spese di rappresentanza. Le prime mirano a un incremento diretto e immediato delle vendite di prodotti e servizi. Le seconde, invece, hanno lo scopo di accrescere il prestigio e l’immagine dell’impresa, creando solo un’aspettativa futura e indiretta di maggiori affari.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso della società, confermando la decisione dei giudici di merito. Il ragionamento dei giudici si è basato su punti chiari e rigorosi.

In primo luogo, è stato stabilito che l’onere di provare l’inerenza del costo spetta al contribuente. La capogruppo non era riuscita a dimostrare in che modo una spesa pubblicitaria, finalizzata a promuovere la vendita di prodotti che essa non commercializzava, potesse essere considerata inerente alla propria attività di gestione di partecipazioni. Il beneficio diretto dell’aumento dei ricavi era chiaramente a favore delle società controllate.

La Corte ha specificato che il beneficio derivante dall’uso gratuito del marchio da parte delle imprese controllate, con conseguente incremento dei loro ricavi, fa logicamente presumere che la pubblicità fosse finalizzata alla vendita dei prodotti da esse commercializzati. Di conseguenza, il costo non era correlato all’attività della holding.

Inoltre, la Corte ha ritenuto che l’argomentazione del vantaggio indiretto (maggiori dividendi futuri) fosse troppo debole per giustificare la deducibilità. Per essere deducibile, un costo deve avere un legame diretto e funzionale con l’attività svolta dal soggetto che lo sostiene. L’aumento del valore del gruppo è una conseguenza mediata, non sufficiente a soddisfare il requisito di inerenza.

Le Conclusioni

L’ordinanza stabilisce un principio guida per i gruppi societari: la deducibilità costi pubblicità sostenuti dalla capogruppo è ammessa solo se è possibile dimostrare un nesso diretto e immediato con l’attività specifica della holding stessa. Se la spesa promozionale avvantaggia direttamente le società operative del gruppo, incrementando le loro vendite, tale costo non può essere dedotto dalla capogruppo, a meno che non venga rifatturato alle controllate secondo logiche di mercato. Questa decisione impone alle holding una pianificazione fiscale attenta e una rigorosa documentazione per giustificare i costi sostenuti, al fine di evitare contestazioni da parte dell’amministrazione finanziaria.

Una società capogruppo può dedurre i costi di pubblicità per un marchio che viene utilizzato dalle sue società controllate?
No, secondo la Corte di Cassazione, non è possibile se il beneficio diretto dell’aumento delle vendite va alle controllate. La capogruppo deve dimostrare con prove rigorose che il costo è inerente alla propria specifica attività (es. gestione partecipazioni), e un vantaggio indiretto come la speranza di maggiori dividendi futuri non è sufficiente.

Qual è la differenza tra spese di pubblicità e spese di rappresentanza secondo la Cassazione?
Le spese di pubblicità mirano a un incremento, più o meno immediato, della vendita di prodotti e servizi. Le spese di rappresentanza, invece, puntano ad accrescere il prestigio e l’immagine dell’impresa, creando solo un’aspettativa indiretta di maggiori vendite e potenziando le possibilità di sviluppo futuro.

Cosa deve dimostrare una holding per dedurre un costo sostenuto a vantaggio del gruppo?
La holding deve provare che il costo è inerente e direttamente funzionale alla propria attività istituzionale, non a quella delle società controllate. Non basta dimostrare un vantaggio generico per l’intero gruppo. L’onere della prova è a carico della società contribuente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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