Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4557 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 4557  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10265 -20 17 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata  difesa  dall’RAGIONE_SOCIALE  (pec: EMAIL), presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, alla INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE ,  in  persona del curatore, AVV_NOTAIO NOME COGNOME,  rappresentato  e  difeso,  per  procura  speciale in  calce  al controricorso, dall’AVV_NOTAIO COGNOME (pec: EMAIL);
– controricorrente –
Oggetto:
TRIBUTI –
costi – deducibilità – prova
avverso la sentenza n.  972/01/2016 della Commissione tributaria regionale dell ‘ABRUZZO , depositata in data 21/10/2016; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13 febbraio 2025 dal AVV_NOTAIO;
Rilevato che:
In controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento per IVA, IRES ed IRAP per l’anno d’imposta 2010 che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emetteva nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, già esercente l’attività di fabbricazione di articoli di abbigliamento, per il recupero a tassazione di costi ritenuti indeducibili perché incerti, la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) dell’Abruzzo con la sentenza in epigrafe indicata respingeva l’appello proposto dall’amministrazione finanziaria avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sostenendo che i costi derivanti da fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE «non risultano inficiati da incertezza», ma «al contrario, deve ritenersi provato anche con riferimento al comportamento processuale dell’appellante», in quanto la dichiarazione resa in sede di udienza di discussione dal difensore del fallimento, che il credito era stato ammesso al passivo fallimentare «per la ritenuta correttezza RAGIONE_SOCIALE scritture contabili», non era stata contestata in alcun modo dall’RAGIONE_SOCIALE appellante.
 Avverso  tale  statuizione l’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replica l’ intimata con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso la difesa erariale deduce, ai sensi dell’art.  360,  primo  comma,  n. 4,  cod.  proc.  civ.,  la  violazione de ll’ artt. 36, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR reso  una  motivazione  «apparente  ma  in  realtà  inesistente  là  dove assume  a  fondamento  della  ritenuta  certezza  dei  costi  l’omessa contestazione,  da  parte  dell’Ufficio,  dell’affermazione  del  curatore
fallimentare  circa  l’ammissione  al  passivo  dell’intero  credito  qui  in discussione, dovuta alla ‘correttezza RAGIONE_SOCIALE scritture contabili’.
1.1. Il motivo è infondato e va rigettato.
1.2. L’anomalia motivazionale denunciabile in Cassazione è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali come hanno sottolineato le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez.U. n. 8053 del 7.04.2014). Deve trattarsi, dunque, di un’anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivazione sotto l’asp etto materiale e grafico, ma anche nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, non essendo più ammissibili mere censure di contraddittorietà ed insufficienza motivazionale (Cass. n. 23940 del 12/10/2017); solo in tali casi la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, in quanto, benché graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. S.U. 3.11.2016, n. 22232).
1.3. Orbene, la sentenza impugnata non è affetta da tale grave vizio, in quanto presenta una motivazione che, a prescindere dalla sua  correttezza  o  meno,  palesa  l’iter  logico  seguito  dai  giudici  di appello,  che  hanno  ritenuto  di  annullare  l’avviso  di  accertamen to impugnato, in considerazione del «comportamento  processuale dell’appellante»  che  non  aveva  contestato  la  dichiarazione  resa  in sede  di  udienza  di  discussione  dal  difensore  del  fallimento,  che  il
credito  era  stato  ammesso al passivo fallimentare «per la ritenuta correttezza RAGIONE_SOCIALE scritture contabili».
1.4. Le argomentazioni svolte esplicitano le ragioni della decisione, per cui eventuali profili di insufficienza della motivazione, anche se sussistenti, non la viziano in modo così radicale da renderla meramente apparente, dovendosi ritenere che il giudice tributario di appello abbia assolto il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (Cass. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053).
Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 109 TUIR (d.P.R. n. 917 del 1986).
2.1. Sostiene, al riguardo, che la RAGIONE_SOCIALE aveva errato nel ritenere deducibili i costi in discussione di cui «1) era rimasto ignoto il titolo, non essendo stato prodotto alcun contratto, ordine o corrispondenza che li fondasse, ma solo un preteso “accordo” che d’un colpo ne riconosceva l’importo totale decurtandone una parte; 2) dei quali non si sapeva con certezza se corrispondessero a beni effettivamente consegnati, perché i relativi d.d.t. non erano firmati; 3) che risultavano pagati solo in minima parte a fronte di un ammontare elevatissimo, e tuttavia con assegni non riconducibili ad alcuna specifica fattura; 4) che sembravano considerati “tamguam non essent” dallo stesso creditore, là dove questi si affrettava a pagare propri debiti di circa 20 mila euro senza considerarli compensabili con il proprio credito di 800 mila; 5), che, infine, il medesimo creditore aveva dichiarato parzialmente simulati, senza che la sua dichiarazione fosse stata giudizialmente accertata come falsa».
2.2. Il motivo è fondato e va accolto.
2.3. Richiamando quanto affermato da questa Corte nell’ordinanza  n.  14206  del  2024,  pronunciata  tra  le  stesse  parti ancorché con riferimento a diverso anno d’imposta, osserva il Collegio che è principio giurisprudenziale condiviso dal Collegio quello secondo
cui «In tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, spetta al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili. A tal fine non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa’ ( ex plurimis , Cass. 26.05.2017, n. 13300).
2.4. Anche in tema di IVA, questa Corte ha condivisibilmente affermato che, ai fini della detrazione di un costo, la prova dell’inerenza del medesimo quale atto d’impresa, ossia dell’esistenza e natura della spesa, dei relativi fatti giustificativi e della sua concreta destinazione alla produzione quali fatti costitutivi su cui va articolato il giudizio di inerenza, incombe sul contribuente in quanto soggetto gravato dell’onere di dimostrare l’imponibile maturato (Cass. n. 18904 del 17/07/2018). Colui che chiede la detrazione dell’IVA, pertanto, ha l’onere di dimostrare di soddisfare le condizioni per fruirne e, quindi, di fornire elementi e prove, anche integrativi e succedanei rispetto alle fatture, che l’Amministrazione ritenga necessari per valutare se si debba riconoscere, o no, la detrazione richiesta.
2.5. A fronte della contestazione da parte dell’RAGIONE_SOCIALE dell’esistenza di alcuni costi relativi all’anno 20 10, fondata su una serie di elementi oggettivi – quali la mancanza di un titolo, la mancata prova della consegna dei relativi beni, stante l’assenza di firma sui relativi documenti di trasporto, l’elevato importo di dette spese, pagate solo in minima parte e con assegni non riconducibili ad alcuna fattura, la mancata compensazione del credito relativo a detti costi con i debiti che il fornitore aveva nei confronti della contribuente e
che aveva provveduto a saldare – la CTR si è limitata a dare rilevanza al fatto che il difensore aveva riferito che il credito contestato sarebbe stato ammesso al passivo del fallimento, non attenendosi ai principi sopra enunciati
2.6. Invero, l’ammissione al passivo del credito che la RAGIONE_SOCIALE  vantava  nei  confronti  della  contribuente  non  poteva,  in  ogni caso, costituire per quest’ultima un elemento sufficiente per supportare la deducibilità dei relativi costi sul piano fiscale, in quanto in sede tributaria occorre dimostrare la sussistenza dei requisiti per la deducibilità di detti costi, tra cui la loro certezza e inerenza.
In sintesi, va accolto il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado territorialmente competente che, in  diversa  composizione,  riesaminerà  la  vicenda  processuale  alla stregua dei suindicati principi provvedendo, altresì, alla regolamentazione  RAGIONE_SOCIALE  spese  processuali  del  presente  giudizio  di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di  giustizia  tributaria  di  secondo  grado  dell ‘Abruzzo ,  in  diversa composizione,  cui  demanda  di  provvedere  anche  sulle  spese  del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 13 febbraio 2025