Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32817 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32817 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
IRPEF, AVVISO DI ACCERTAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19746/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
VIOLANTE NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale resa in calce al ricorso incidentale ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. della PUGLIA n. 430/05/2017 depositata il 13/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate, in data 26/04/2011, notificava a NOME NOME, esercente attività di revisore contabile, perito e consulente, un invito a offrire documentazione attestante le spese dedotte, in particolare le fatture e i documenti di spesa; tra le fatture esibite quali costi deducibili quelle emesse dalla Società
RAGIONE_SOCIALE per attività di consulenza, risultavano non pagate. Pertanto, il 13/04/2012, l’Agenzia delle Entrate notificava a NOME l’avviso di accertamento n. TVFOI09010147/2012 per l’anno di imposta 2008, emesso ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. 29/09/1973, n. 600. Con l’avviso l’Ufficio accertava a carico del contribuente un reddito ai fini Irpef e Irap pari ad euro 89.214,00 a fronte del reddito dichiarato di euro 5.214,00, recuperava costi ritenuti indeducibili per euro 64.000,00, Iva pari ad euro 12.800,00 e, infine, riduceva la deducibilità di spese di ristrutturazione dello studio sostenute dal contribuente.
NOME NOME impugnava l’accertamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bari. L’Ufficio si costituiva chiedendo il rigetto del ricorso e la conferma dell’atto impositivo.
2.1. La Commissione tributaria provinciale di Bari, con la sentenza 229/08/13 del 04/12/2013 accoglieva parzialmente il ricorso e compensava le spese di lite. La Commissione confermava l’accertamento quanto al recupero dei costi fatturati ritenuti non provati e non inerenti e al recupero dei quattro quinti delle spese di ristrutturazione, mentre annullava l’accertamento quanto all’Irap, ritenendola non dovuta in ragione del difetto di una autonoma organizzazione.
NOME NOME proponeva appello. L’Ufficio si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione ma non svolgendo appello incidentale quanto all’annullamento dell’accertamento Irap, sul quale si formava il giudicato.
3.1. L’adita Commissione tributaria regionale della Puglia, con la sentenza 430/05/2017 del 13/02/2017, accoglieva parzialmente l’impugnazione: respingeva l’appello quanto alla indeducibilità dei costi fatturati dalla RAGIONE_SOCIALE, accoglieva, invece, il gravame quanto ai costi di ristrutturazione affermando che poteva essere detratto per l’anno di imposta in questione l’intero
ammontare della fattura in ragione dell’art. 54 d.P.R. 22/12/1986, n. 917 (t.u.i.r.).
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione articolato su due motivi.
4.1. NOME ha, a sua volta, proposto ricorso incidentale articolato su tre motivi.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 03/10/2024.
Considerato che:
Con il primo motivo del ricorso principale l’Amministrazione finanziaria deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ., in combinato disposto con gli artt. 18 e 24 del d.lgs. 31/12/1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.. In particolare si lamenta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ammette la detrazione in un unico anno di imposta delle spese per la ristrutturazione dell’ufficio del contribuente, distinguendole dalle spese straordinarie che sarebbero detraibili solo in cinque successivi anni di imposta. Secondo la ricorrente la Commissione tributaria regionale avrebbe accolto un motivo di ricorso proposto solo tardivamente innanzi al giudice di primo grado, e per questa via inammissibile, e non avrebbe in alcun modo argomentato circa la natura delle spese detratte dal contribuente.
1.1. Il motivo è fondato. Al di là della imprecisa formulazione letterale, lo strumento di impugnazione mira a contestare l’applicazione effettuata dalla Commissione tributaria regionale dell’art. 54 d.P.R. 22/12/1986, n. 917. La sentenza impugnata afferma che, trattandosi di spese «di pitturazione, manutenzione e ristrutturazione non straordinarie » (evidenza aggiunta), sarebbe stata legittima la detrazione in unico anno di imposta ma deduce tale conclusione dalla dichiarazione del contribuente e dall’oggetto della fattura ricevuta, oggetto che nemmeno è specificato. Per tale
via la decisione impugnata non argomenta in modo concreto circa l’assolvimento da parte del contribuente dell ‘onere della prova su di questi gravante in ordine alla natura delle spese detratte e viola i consolidati principi di diritto affermati da questa Corte nell’interpretazione dell’art. 54 t.u.i.r. e, più in generale, circa la l’onere della prova dei componenti negativi del reddito.
Con il secondo motivo di ricorso l’Amministrazione ricorrente deduce violazione dell’art. 109 del d.P.R. 22/12/1986, n. 917, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Il motivo è inammissibile; l’Amministrazione impugna, infatti, la decisione della Commissione tributaria regionale con riguardo alla deducibilità delle fatture emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE. Su questo punto l’Amministrazione ha avuto ragione nel primo e nel secondo grado, pertanto il motivo è inammissibile dal momento che non è diretto a una riforma della sentenza impugnata.
Il contribuente ha proposto ricorso incidentale articolato su tre motivi.
Con il primo motivo di ricorso incidentale NOME NOME deduce nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e ai sensi dell’art. 62, comma 1, d.lgs. 31/12/1992, n. 546 e dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. Il contribuente critica la sentenza perché -nell’affermare l’indeducibilità delle spese di consulenza di cui alle fatture RAGIONE_SOCIALE la avrebbe giustificata con la mancata prova della effettuazione delle spese, mentre invece l’Ufficio avrebbe contestato l’accertamento sulla non inerenza e la non sufficiente documentazione delle spese.
4.1. Il motivo è infondato: l’accertamento ha dedotto che le spese non sono state sostenute perché non sono state documentate e che ad ogni modo le spese non erano inerenti e erano sproporzionate. Nelle espressioni de ll’atto impositivo circa le spese «non sufficientemente documentate» e «non pagate», così come nella
contestazione della mancata esibizione dei «giustificativi di pagamento», nonché per effetto del richiamo alle dichiarazioni dell’amministratore della società emittente le fatture, che aveva riferito non essere stati pagati i compensi, era compresa una chiara critica della mancanza di esistenza, certezza, effettività della spesa. Il contribuente sul quale incombeva il relativo onere probatorio non ha mai dimostrato né l’effettività della spesa, né l’inerenza. La motivazione rimane, così, nell’ambito del perimetro dell’accertamento, e cioè dei fatti all’origine della pretesa fiscale e deve andare esente da censure.
5. Con il secondo motivo del ricorso incidentale la difesa di NOME Antonio deduce nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 109 del d.P.R. 917/1986 ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La sentenza avrebbe errato nel ritenere che l’inerenza della spesa dovesse valutarsi con riguardo alla attività dell’emittente la fattura (nella specie una società che gestiva una pasticceria) piuttosto che con riguardo all’attività del ricevente la fattura e cioè l’attività professionale del NOME NOME che assumeva di avere interesse alla consulenza immobiliare descritta nelle fatture.
5.1. Il motivo è infondato. Con accertamento dei fatti riservato al giudice di merito, la sentenza della Commissione tributaria ha escluso che fosse stata acquisita la prova della effettuazione della prestazione da parte dell’emittente le fatture, la prova del pagamento da parte del contribuente che ne aveva dedotto gli importi e ha escluso, in ogni caso, la riconducibilità delle attività descritte dalla fattura all’esercizio dell’impresa gestito dalla RAGIONE_SOCIALE La società in questione gestiva una pasticceria e l’amministratore aveva escluso l’effettuazione delle prestazioni. La decisione impugnata rileva come NOME Antonio a fronte delle contestazioni della Amministrazione finanziaria, non abbia dedotto alcun elemento idoneo ad assolvere l’onere
probatorio su di esso incombente per dimostrare la effettività delle prestazioni e dei pagamenti. Per questa via la sentenza ha fatto corretta applicazione dell’art. 109 t.u.i.r. e dei principi di diritto affermati in materia dalla giurisprudenza di questa Corte.
6. Con il terzo motivo del ricorso incidentale si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ. e tanto perché la sentenza avrebbe omesso di pronunciarsi sullo specifico motivo di impugnazione con il quale NOME NOME deduceva l’inesistenza o la nullità dell’avviso di accertamento per carenza di poteri del dirigente firmatario.
6.1. In proposito deve rilevarsi come la Commissione tributaria regionale non si sia, effettivamente, pronunciata sul punto. Occorre, tuttavia, rilevare come l’Agenzia delle Entrate abbia dedotto, nel controricorso, che la questione della delega di firma è stata dedotta dal contribuente solo nel giudizio di appello e nemmeno nel ricorso, bensì nella memoria depositata in data 14/09/2015. Sulla tardività della deduzione, non proposta in primo grado, la difesa del contribuente non ha replicato e, del resto, nemmeno ha dedotto specificamente quando e in che fase del processo la questione sia stata proposta. L’omessa pronuncia non assume, allora, rilievo perchè riguarda una questione inammissibile nel giudizio di appello; il vizio di delega non è rilevabile di ufficio ed essendo stata la relativa questione tardivamente proposta in appello, era inammissibile. La Commissione non era tenuta a pronunziarsi: in tal senso si consideri che «l’omessa pronuncia, qualora abbia ad oggetto una domanda inammissibile, non costituisce vizio della sentenza e non rileva nemmeno come motivo di ricorso per cassazione, in quanto, alla proposizione di una tale domanda, non consegue l’obbligo del giudice di pronunciarsi nel merito» (Cass. 16/07/2021, n. 20363).
6.2. La questione circa la delega di firma è, peraltro, infondata atteso che per costante e risalente orientamento di questa Corte «in tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva e, cioè, da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 20022005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito nella l. n. 44 del 2012» (Cass. 09/11/2015, n. 22810); il ricorrente neppure ha allegato che il firmatario dell’atto impositivo non appartenesse all’area terza.
Il primo motivo ricorso principale deve, così, essere accolto con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado competente che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.
Il ricorso incidentale deve essere integralmente rigettato e in relazione a tale pronuncia è dovuto il doppio contributo.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso principale; dichiara inammissibile il secondo motivo del ricorso principale; rigetta integralmente il ricorso incidentale;
cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, cui è demandato di regolare anche le spese del giudizio di legittimità;
in relazione al rigetto del ricorso incidentale ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 3 ottobre 2024.