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Deducibilità costi: onere della prova sul contribuente

Una società ha impugnato avvisi di accertamento relativi alla deducibilità di costi fatturati da una controllata, canoni di leasing e spese pubblicitarie. La Corte di Cassazione ha confermato che per la deducibilità costi l’onere della prova grava sul contribuente, che deve fornire documentazione specifica e non generica. Ha però accolto i ricorsi sulla competenza dei canoni di leasing e delle spese pubblicitarie, e ha annullato la sentenza sulle sanzioni per un vizio formale.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità costi: la Cassazione ribadisce l’onere della prova a carico del contribuente

La questione della deducibilità costi è un tema centrale nel diritto tributario, poiché incide direttamente sulla determinazione del reddito d’impresa e, di conseguenza, sull’imposta dovuta. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 20719 del 2024, offre importanti chiarimenti su chi debba provare la legittimità di un costo e con quali modalità, specialmente nei rapporti tra società dello stesso gruppo. La pronuncia sottolinea come fatture generiche non siano sufficienti a superare le contestazioni del Fisco, ribadendo la necessità di una documentazione precisa e dettagliata.

I fatti del caso: contestazioni su costi infragruppo e competenza temporale

Una società si è vista notificare diversi avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione maggiori imposte (IRES, IRAP e IVA) per diverse annualità. Le contestazioni principali riguardavano:
1. Costi non inerenti: La società aveva dedotto costi relativi a fatture emesse da una sua controllata per ‘costi aggiuntivi’, basandosi su una clausola contrattuale generica. Secondo il Fisco, tali pagamenti mascheravano in realtà un finanziamento o un trasferimento di utili, privo dei requisiti di inerenza.
2. Costi non di competenza: Erano stati contestati anche la deduzione di canoni di leasing, spese di pubblicità e un acconto per prestazioni tecniche, poiché ritenuti non di competenza dell’esercizio in cui erano stati contabilizzati.
3. Altre riprese: Ulteriori contestazioni includevano quote di ammortamento superiori a quelle consentite, la deducibilità parziale di costi per autovetture e la deduzione di una minusvalenza da svalutazione di una partecipazione.

La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione all’Agenzia delle Entrate, spingendo la società a ricorrere in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione e la deducibilità costi

La Suprema Corte ha esaminato i diversi motivi di ricorso, giungendo a una decisione articolata che accoglie alcune ragioni del contribuente e ne respinge altre.

Costi infragruppo: La Corte ha respinto i motivi relativi alla deducibilità costi fatturati dalla società controllata. Ha confermato che l’onere di provare l’esistenza, l’inerenza e la coerenza economica dei costi deducibili spetta al contribuente. Le fatture emesse, che si limitavano a richiamare una clausola contrattuale senza specificare ‘natura, qualità e quantità’ delle prestazioni, sono state giudicate insufficienti. Di conseguenza, è stata confermata anche l’indetraibilità della relativa IVA.

Principio di competenza: I giudici hanno invece accolto i ricorsi del contribuente relativi ai canoni di leasing e alle spese di pubblicità. È stato chiarito che il costo per un servizio pubblicitario biennale (come l’inserimento nelle pagine gialle) è di competenza dell’anno di pubblicazione, in quanto la prestazione si considera ultimata in quel momento. Similmente, sono state fornite indicazioni precise sulla corretta imputazione temporale dei canoni di leasing.

Sanzioni: Infine, la Corte ha accolto il motivo relativo alle sanzioni, dichiarando la nullità della sentenza impugnata su questo punto. È stata riscontrata una contraddizione insanabile tra la motivazione (che prevedeva una rideterminazione delle sanzioni) e il dispositivo (che respingeva integralmente l’appello), un vizio che ha imposto l’annullamento con rinvio.

Le motivazioni della Corte

Il ragionamento della Suprema Corte si fonda su principi consolidati del diritto tributario. Per quanto riguarda la deducibilità costi, si ribadisce che il contribuente non può limitarsi a registrare una fattura in contabilità, ma deve essere in grado di fornire ogni elemento di prova che ne dimostri la realtà economica e la sua connessione con l’attività d’impresa. Questo onere diventa ancora più stringente nei rapporti infragruppo, dove è necessario dimostrare l’effettiva utilità del servizio ricevuto. Una fattura generica, priva di dettagli sulla prestazione, non costituisce prova sufficiente.

In tema di IVA, viene richiamato il principio del ‘nesso diretto e immediato’ tra l’acquisto (operazione a monte) e le operazioni imponibili che generano il diritto a detrazione (operazioni a valle). In assenza di una prestazione di servizi certa e determinata, il pagamento viene riqualificato come mera dazione di denaro o finanziamento, operazioni escluse o esenti da IVA, rendendo quindi indetraibile l’imposta addebitata in fattura.

Sul principio di competenza, la Corte applica l’art. 109 del TUIR, secondo cui le spese per servizi si considerano sostenute alla data in cui le prestazioni sono ultimate. Per le spese pubblicitarie, questo momento coincide con la pubblicazione dell’annuncio, non con l’esaurirsi dei suoi effetti nel tempo.

Le conclusioni

La sentenza n. 20719/2024 offre spunti pratici fondamentali per le imprese. In primo luogo, evidenzia l’importanza cruciale di una documentazione analitica e trasparente per sostenere la deducibilità costi, specialmente nei rapporti con società controllate o collegate. È essenziale che le fatture e i contratti descrivano in modo dettagliato le prestazioni rese, per evitare contestazioni sull’inerenza. In secondo luogo, la pronuncia chiarisce l’applicazione del principio di competenza per specifiche tipologie di costo, come quelli pubblicitari, fornendo un criterio certo per la loro corretta imputazione a bilancio. Infine, il caso ricorda l’importanza del rigore formale delle sentenze tributarie, la cui contraddittorietà interna può portare all’annullamento.

Chi deve provare la deducibilità di un costo ai fini fiscali?
Secondo la sentenza, l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e della coerenza economica dei costi deducibili spetta al contribuente. Non è sufficiente la mera contabilizzazione della spesa, ma è necessario disporre di una documentazione di supporto che ne dimostri la natura, l’importo e la ragione economica.

Quando si considera ultimata una prestazione di servizi pubblicitari ai fini della competenza del costo?
La prestazione di un servizio pubblicitario, come l’inserimento in un elenco, si considera ultimata al momento della pubblicazione. Pertanto, il costo è interamente di competenza dell’esercizio in cui avviene la pubblicazione, essendo irrilevante che gli effetti della pubblicità si protraggano anche nell’esercizio successivo.

Cosa succede se la motivazione di una sentenza contraddice la decisione finale (dispositivo)?
Se esiste un contrasto insanabile tra la motivazione di una sentenza e il suo dispositivo, tale da non consentire di individuare la decisione del giudice, la sentenza è affetta da nullità. In tal caso, la pronuncia deve essere annullata, almeno per la parte viziata, con rinvio a un altro giudice per una nuova decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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