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Deducibilità costi: onere della prova sul contribuente

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine in materia fiscale: per la deducibilità dei costi, l’onere della prova grava sempre sul contribuente. Il caso analizzato riguardava la contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate di diverse spese di un’azienda, tra cui costi per carburante con documentazione incompleta, spese di rappresentanza e oneri per consulenze ritenute fittizie. La Suprema Corte ha cassato la decisione di merito, che aveva erroneamente alleggerito la posizione del contribuente, ribadendo che la mera contabilizzazione di un costo non è sufficiente. È necessario dimostrarne l’effettività, l’inerenza all’attività d’impresa e la correttezza formale della documentazione a supporto.

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Pubblicato il 24 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità costi: la Cassazione ribadisce l’onere della prova a carico del contribuente

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riacceso i riflettori su un tema cruciale per ogni impresa: la deducibilità dei costi. La pronuncia chiarisce, ancora una volta, che spetta esclusivamente al contribuente dimostrare la legittimità delle spese portate in deduzione, non solo nella loro esistenza, ma anche nella loro inerenza all’attività aziendale e nella corretta compilazione della documentazione di supporto. L’ordinanza analizza tre tipologie di costi frequentemente oggetto di contenzioso: le spese per carburante, le spese di rappresentanza e gli oneri per consulenze esterne.

I fatti del caso: la contestazione dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate aveva emesso due avvisi di accertamento nei confronti di una società di investimenti, contestando l’indeducibilità di una serie di costi relativi all’anno 2015. L’amministrazione finanziaria riteneva che tali spese non fossero state idoneamente documentate o non fossero inerenti all’attività d’impresa. La Commissione Tributaria Provinciale aveva dato torto alla società, ma la decisione era stata parzialmente riformata in secondo grado. La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado aveva, infatti, riconosciuto la legittimità di parte dei costi dedotti. Contro questa sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione.

Analisi della deducibilità dei costi contestati

I giudici di legittimità hanno esaminato tre motivi di ricorso, ciascuno relativo a una specifica categoria di costo la cui deducibilità era stata messa in discussione.

Le schede carburante incomplete

Il primo punto riguardava i costi per l’acquisto di carburante. La Corte di secondo grado aveva ammesso la loro deducibilità nonostante le relative ‘schede carburante’ fossero incomplete, mancando in molti casi della firma dell’addetto alla distribuzione e, quasi sempre, dell’indicazione dei chilometri iniziali e finali. Secondo i giudici di merito, si trattava di un ‘parziale difetto formale’ che non inficiava l’esistenza e l’inerenza del costo.

Le spese di rappresentanza e di viaggio

Il secondo motivo di contestazione verteva sulla deducibilità dei costi per spese di rappresentanza (doni natalizi e noleggio di attrezzature per un evento culturale) e per viaggi e trasferte. La Corte territoriale le aveva ritenute deducibili, basandosi sulla loro prossimità alle festività natalizie e sul rispetto dei limiti quantitativi di legge, senza però un’analisi approfondita sulla loro effettiva finalità promozionale o di pubbliche relazioni.

Il contratto di consulenza ritenuto simulato

Infine, il terzo motivo di ricorso si concentrava sugli oneri relativi a prestazioni di consulenza. L’Agenzia delle Entrate sosteneva che il contratto di ‘incarico professionale’ stipulato tra l’azienda e una società terza fosse in realtà un artificio per mascherare un rapporto di lavoro subordinato con un consulente, rendendo i relativi costi indeducibili. Anche su questo punto, la Corte di secondo grado aveva dato ragione al contribuente, ritenendo non provata la tesi dell’amministrazione finanziaria.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto tutti e tre i motivi di ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa a un’altra sezione della Corte di Giustizia Tributaria.

Sul tema delle schede carburante, la Cassazione ha ribadito che l’osservanza delle previsioni regolamentari (D.P.R. n. 444/1997) è una condizione ‘imprescindibile’ per la deducibilità del costo e la detraibilità dell’IVA. I difetti formali non sono ammessi, e la mera contabilizzazione non può sostituire la documentazione richiesta dalla legge.

Riguardo alle spese di rappresentanza, i giudici hanno sottolineato che incombe al contribuente l’onere di provare l’esistenza, la coerenza economica e soprattutto l’inerenza dei costi, intesa come riferibilità all’attività d’impresa, anche in via potenziale o futura. Non è sufficiente che le spese rientrino nei limiti quantitativi fissati dalla normativa; è necessario dimostrare che siano state effettuate con ‘finalità promozionali o di pubbliche relazioni’ e rispondano a criteri di ragionevolezza.

Infine, sul contratto di consulenza, la Corte ha censurato la motivazione ‘apodittica’ e ‘apparente’ della sentenza di secondo grado. Ha affermato che, di fronte a presunzioni gravi, precise e concordanti fornite dall’Agenzia delle Entrate sull’inesistenza oggettiva di un’operazione, spetta al contribuente fornire la prova contraria della sua effettività. L’esibizione della fattura e la regolarità formale dei pagamenti non sono sufficienti a superare gli indizi di simulazione.

Le conclusioni

Questa ordinanza riafferma con forza il principio secondo cui, nel processo tributario, l’onere della prova per la deducibilità dei costi è sempre a carico del contribuente. Non basta registrare una spesa in contabilità; è indispensabile possedere e conservare una documentazione completa e formalmente corretta, nonché essere in grado di dimostrare, in caso di contestazione, il collegamento funzionale tra il costo sostenuto e l’attività svolta. La decisione della Cassazione serve da monito per le imprese sull’importanza di una gestione documentale rigorosa e di una valutazione attenta del requisito dell’inerenza per tutte le spese aziendali.

Una scheda carburante con difetti formali, come la mancanza dei chilometri, consente la deducibilità del costo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’osservanza di tutti i requisiti formali previsti dalla normativa sulle schede carburante è una condizione imprescindibile per poter dedurre il costo e detrarre la relativa IVA. Un difetto formale parziale non è considerato scusabile.

Per dedurre le spese di rappresentanza, è sufficiente che rispettino i limiti di spesa previsti dalla legge?
No, non è sufficiente. Oltre a rispettare i limiti quantitativi, il contribuente ha l’onere di dimostrare l’inerenza di tali spese, ovvero che siano state effettivamente sostenute con finalità promozionali o di pubbliche relazioni per generare, anche potenzialmente, benefici economici per l’impresa.

Se l’Agenzia delle Entrate sostiene che un contratto di consulenza nasconde un lavoro dipendente, a chi spetta provare la realtà dell’operazione?
Spetta al contribuente. Qualora l’Amministrazione Finanziaria fornisca elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti per sostenere che un’operazione sia fittizia o simulata, l’onere della prova si sposta sul contribuente, il quale deve dimostrare l’effettiva esistenza e natura della prestazione ricevuta. La sola fattura o la prova del pagamento non sono considerate prove sufficienti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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