Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24923 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24923 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10894/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato (pec: EMAIL), che la rappresenta e difende ;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE unipersonale, in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore , rappresentata e difesa, per procura speciale in
Oggetto
: operazioni
soggettivamente inesistenti
calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 3756/30/2016 della Commissione tributaria regionale della SICILIA, depositata in data 28/10/2016; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del giorno 11 luglio 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La controversia ha ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IVA, IRES ed IRAP per l’anno d’imposta 2007, che l’Agenzia delle entrate emise nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, esercente il commercio di autovetture, sulla base delle risultanze di un processo verbale di constatazione emesso dalla G.d.F. di Agrigento, contestando alla predetta società contribuente l’indebita deduzione, ai fini IRES ed IRAP, di componenti negativi relativi ad operazioni che l’amministrazione finanziaria riteneva essere soggettivamente inesistenti e la conseguente indebita detrazione dell’VA, nonché l’illegittima applicazione sulle vendite del regime speciale IVA del margine, in luogo del regime ordinario.
Con la sentenza in epigrafe indicata la CTR della Sicilia respingeva l’appello principale proposto dalla contribuente e quello incidentale dell’Ufficio incentrato sulla deducibilità dei costi.
2.1. I giudici di appello, quanto alla questione dell’applicabilità del regime del margine, ricordata la giurisprudenza anche unionale in materia, in base alla quale il rivenditore di autovetture non può avvalersi del predetto regime di imposizione se il soggetto da cui ha acquistato l’autovettura ha beneficiato del diritto di detrazione, anche parziale, dell’IVA assolta al momento dell’acquisto, e che la mera regolarità formale della fattura emessa dal cedente non costituisce l’unica condizione per
l’applicabilità del regime speciale occorrendo la dimostrazione della circostanza essenziale che il cedente abbia assolto l’imposta in modo definitivo, e precisato che il cessionario è tenuto ad effettuare le necessarie verifiche, anche attraverso l’esame dei libretti di circolazione dei veicoli, hanno affermato che la società contribuente, pur avendone l’onere, non aveva fornito alcuna prova idonea a dimostrare l’erroneità della « incontestabile falsità dei kaufvertrag, comprovata dalla documentazione fornita dall’autorità giudiziarie estere » essendosi « limitata a svolgere argomentazioni di carattere generale sulla disciplina giuridica alla quale è assoggettata in Germania il mercato delle autovetture e sulla valenza, nel sistema tributario italiano, delle dichiarazioni rese da terzi ».
2.2. Quanto all’appello incidentale dell’Ufficio, sostenevano che era onere dell’amministrazione finanziaria, nella specie non assolto, quello di dimostrare l’erroneità di quanto statuito dalla CTP in ordine alla sussistenza dei requisiti di deducibilità dei costi non essendo all’uopo sufficiente la contestazione dell’inesistenza sub specie di elementi certi in ordine alla qualificazione del costo, all’inerenza e alla riferibilità degli stessi all’atto di imposta in contestazione.
Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui replica la società intimata con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un motivo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso principale la difesa erariale deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 75 e 109 TUIR, 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, conv, con modif., dalla legge n. 44 del 2012, sostenendo che la CTR aveva erroneamente posto a carico dell’amministrazione finanziaria l’onere di provare i requisiti di deducibilità dei costi che, invece, gravava sulla società contribuente e che la stessa non aveva assolto, e che, in
ogni caso, le emergenze processuali escludevano la sussistenza di elementi certi in ordine alla qualificazione dei costi, all’inerenza e alla riferibilità degli stessi all’atto di imposta in contestazione.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. nonché 2697 cod. civ., lamentando il mancato prudente apprezzamento delle prove offerte dall’Ufficio circa la carenza dei requisiti di deducibilità dei costi.
I motivi, avvinti da logica connessione, si offrono ad una disamina unitaria che ne rivela la evidente fondatezza.
Premesso che nella specie quelle contestate alla società contribuente sono operazioni commerciali qualificate come soggettivamente inesistenti, l’orientamento di questa Corte in materia di costi derivanti da tale tipo di operazioni è nel senso che «In tema di imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 14, comma 4-bis, della l. n. 537 del 1993 (nella formulazione introdotta dall’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, conv. in l. n. 44 del 2012), che opera, in ragione del comma 3 della stessa disposizione, quale jus superveniens con efficacia retroattiva in bonam partem , sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una frode carosello), per il solo fatto che sono stati sostenuti, anche se l’acquirente è consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che detti costi siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità ovvero relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo» (Cass. n. 26786/2024).
4.1. Nello stesso senso si era pronunciata questa Corte nell’ordinanza n. 17788/2018, che, in applicazione del suddetto principio, aveva annullato la decisione impugnata per aver ritenuto “certo” il costo
sulla base della mera rappresentazione dello stesso in fattura, senza alcuna valutazione sulla inerenza dello stesso all’attività di impresa.
4.2. Quanto, poi, al riparto dell’onere probatorio, si è affermato che «In tema di IVA, l’onere della prova relativa alla presenza di operazioni inesistenti è a carico dell’Amministrazione finanziaria e può essere assolto mediante presunzioni semplici, come l’assenza di una idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), mentre spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia» (Cass. n. 9723/2024).
4.3. Pertanto, in caso di contestazione da parte dell’amministrazione finanziaria, spetta al contribuente fornire in giudizio la prova dell’effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità dei costi di cui si pretende la deduzione e che gli stessi non siano riferibili a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo.
4.4. Quanto all’inerenza all’attività di impresa, è noto che essa va riferita ai costi sostenuti nell’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, secondo una valutazione qualitativa e non quantitativa o utilitaristica, la cui prova, in caso di contestazioni dell’amministrazione finanziaria, è a carico del contribuente, dovendo egli provare e documentare l’imponibile maturato e, quindi, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto di impresa perché in correlazione con l’attività di impresa e non ai ricavi in sé (così, da ultimo, in Cass. n. 3747/2025).
4.5. A tali principi non si è attenuta la sentenza impugnata che, come detto sopra, ha riconosciuto alla società contribuente la deducibilità dei costi per non avere l’amministrazione finanziaria adempiuto ad un onere probatorio sulla stessa non gravante ed omettendo qualsiasi valutazione in ordine alla sussistenza dei requisiti di deducibilità di cui si è detto.
Con il motivo di ricorso incidentale la controricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 del d.l. n. 41 del 1995, conv, con modif., dalla legge n. 85 del 1995.
5.1. Sostiene che i giudici di appello hanno erroneamente ritenuto accertata la falsità dei contratti stipulati con i privati per l’acquisto delle autovetture, che è « ipotesi sostenuta dalla G.d.F., smentita però dalle risposte pervenute dalla Procura di BONN ove si afferma che in Germania le autovetture possono essere trasferite senza che il relativo passaggio di proprietà venga annotato nel pubblico registro automobilistico e che, pertanto, è impossibile verificare i vari trasferimenti . La frode sarebbe stata attuata facendo ricorso a diversi operatori tedeschi, che risultano aver ceduto auto ad operatori compiacenti o ignari; tale documento di vendita, nella contabilità della “RAGIONE_SOCIALE” risulterebbe sostituito con il c.d. ” Kaufvertrag” che riporta i dati reali riferiti ali ‘autovettura, ma dati falsi relativi al venditore ed al prezzo realmente pagato .
5.2. Tale ricostruzione, secondo la società contribuente, è errata in quanto « all’estero, e più in particolare in Germania, il mercato delle auto usate assume una notevole dimensione dovuta alla particolare normativa in materia, che non impone all’acquirente di una autovettura usata di effettuare il c.d. ‘passaggio di proprietà’; circostanza confermata dalla lettera della Procura di BONN; ragione per cui diviene impossibile verificare da chi ha acquistato l’ultimo venditore privato. Ed invero, da una verifica della carta di circolazione, si può identificare l’originario
proprietario, ma diventa impossibile seguire tutti gli ulteriori passaggi. Conseguentemente, se la GDF verifica la carta di circolazione dell’autovettura tedesca individuerà l’originario proprietario e non l’ultimo acquirente/venditore, che non ha interesse a dichiarare di avere acquistato e rivenduto, per ovvi motivi fiscali » .
5.2. « In ogni caso, non possono essere utilizzati nel processo tributario dati ed elementi provenienti da dichiarazioni rese da terzi, ove queste ultime si rivelino fondatamente poco attendibili e sorga il ragionevole convincimento che con le proprie informazioni il terzo abbia inteso perseguire un proprio interesse economico rappresentato dalla propria posizione tributaria (Corte di cassazione sent. 19114/1995; Sent. n.3526/2002 sent. 4269/2002)».
5.3. Evidenzia, infine, la ricorrente incidentale « che in nessun caso i verbalizzanti indicano l’operatore economico dal quale sarebbero state acquistate le contestate autovetture e, conseguentemente, i motivi per i quali la società non avrebbe potuto applicare lo speciale regime previsto dalla più volte citata legge n. 41/95 (c.d. regime del margine). In conclusione, la ricorrente rileva che tali documenti, sulla base della loro assoluta equivocità, non sono idonei a costituire prova certa su cui fondare un legittimo accertamento, circostanza evidenziata dall’Organo Collaterale tedesco, con la nota della Procura della Repubblica di Bonn del 03.01.2008, n. reg. 663 AR 312/07, facente parte dell’allegato n. 3 del P.V.C. e nella quale si dice espressamente che: “ho tentato di muovermi in questo modo in un altro procedimento con una struttura paragonabile, tuttavia senza buon esito”. Di seguito precisa: “Tuttavia, non in tutti questi casi si tratta anche degli ultimi proprietari di questi autoveicoli visto che in Germania un autoveicolo deve essere immatricolato soltanto in caso di effettiva circolazione su strada. In Germania, un’autovettura può – per esempio – essere venduta per dieci volte senza che gli acquirenti vengano ufficialmente registrati” ».
5.4. Il motivo è infondato e va rigettato in quanto con esso la controricorrente, sotto lo schermo del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, in realtà pone in discussione l’accertamento compiuto dal giudice di merito, sicché la censura trasmoda nella revisione della quaestio facti , richiedendo inammissibilmente a questo Giudice di legittimità l’esercizio di poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice del merito (cfr. in tale prospettiva, tra le altre, Cass. n. 18715/2016, Cass. n. 3965/2017, Cass. n. 6035/2018).
5.5. D’altro canto è noto che il vizio di violazione di legge «consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità» (cfr., ex multis , Cass. Sez. 1, ord. 13 ottobre 2017, n. 24155, Rv. 645538-03; Cass. Sez. 1, ord. 14 gennaio 2019, n. 640, Rv. 652398-01; Cass. Sez. 1, ord. 5 febbraio 2019, n. 3340, Rv. 652549 -02; Cass., Sez. 3, ord. n. 19651 del 16/07/2024, Rv. 671812 01), e ciò in quanto il vizio di sussunzione «postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso, sicché è estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di merito» (Cass., Sez. 3, ord. 13 marzo 2018, n. 6035, Rv. 648414-01; Cass., Sez. 3, ord. n. 19651 del 16/07/2024, Rv. 671812 – 01).
5.6. E nel caso di specie nessuna delle argomentazioni difensive censura l’erronea applicazione della disposizione dettata in materia di cd. regime del margine, ma l’erronea valutazione del materiale probatorio.
5.7. Ne consegue l’inammissibilità del motivo.
Conclusivamente, il ricorso principale va accolto mentre va rigettato quello incidentale. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi di ricorso principale accolti e la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso principale, rigetta quello incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi del ricorso principale accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 11 luglio 2025.