Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18145 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18145 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12402/2016 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA), che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA – SEZ.ST. BRESCIA n. 5354/67/15 depositata il 07/12/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 5354/67/15 del 07/12/2015, la Commissione tributaria regionale della Lombardia – Sezione staccata
di Brescia (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 201/05/13 della Commissione tributaria provinciale di Bergamo (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso un avviso di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2007.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’atto impositivo veniva emesso in ragione del disconoscimento di costi e della relativa IVA con riferimento ad alcune fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) nei confronti del contribuente per la costruzione di un complesso residenziale di dodici appartamenti nel Comune di Bruseporto. In particolare, i costi disconosciuti erano quelli relativi alle fatture emesse dalle ditte subappaltatrici (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), indicate dall’Ufficio come vere e proprie cartiere.
1.2. La CTR accoglieva l’appello di AE evidenziando che: a) il contribuente non aveva conservato la documentazione inerente all’appalto, così come avrebbe dovuto, sicché non era stato in grado di giustificare i costi contestati; b) l’Amministrazione finanziaria aveva correttamente indagato i rapporti tra RAGIONE_SOCIALE e le società subappaltatrici in quanto il contratto di subappalto poteva essere stipulato solo con la preventiva autorizzazione dell’appaltante .
Avverso la sentenza di appello il sig. COGNOME proponeva ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
NOME resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di NOME COGNOME è affidato a cinque motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 2214 e 2220 cod. civ., dell’art. 22 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 39 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA) e dell’art. 6, comma 4, della l. 27 luglio 2000, n. 212, per avere la CTR erroneamente ritenuto che il ricorrente avesse l’onere di conservare per dieci anni la documentazione contabile concernente i lavori commissionati a RAGIONE_SOCIALE
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4, e 61 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, degli artt. 112, 132, secondo comma, n. 4, e 342 cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., per avere la CTR reso motivazione apparente in ordine alla inesistenza dei costi sostenuti e alla relativa prova, senza che AE abbia effettivamente censurato l’adeguatezza della documentazione prodotta a tali fini.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e degli artt. 19, 54, secondo comma, e 56 del decreto IVA, per avere la CTR ritenuto assolto dall’Ufficio l’onere probatorio sullo stesso ricadente e concernente la soggettiva inesistenza delle fatture emesse dalle società subappaltatrici.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4, e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 8, comma 1, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. con modif. nella l. 26 aprile 2012, n. 44, per avere la CTR reso motivazione apparente in ordine alla contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti, comunque irrilevanti nei confronti del sig. COGNOME
1.5. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4, e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., nonché, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti. In buona sostanza, la CTR non avrebbe motivato in ordine a specifiche contestazioni della società contribuente, volte ad escludere la sussistenza di operazioni soggettivamente inesistenti.
Va preliminarmente evidenziato, in via generale, che, come si evince dalla complessiva esposizione della sentenza impugnata, la CTR ha ritenuto non deducibili alcuni costi sostenuti dal sig. COGNOME per la realizzazione di un complesso residenziale. In particolare, sono stati disconosciuti i costi, non documentati, concernenti le fatture emesse da società subappaltatrici della appaltatrice RAGIONE_SOCIALE in quanto ritenute società cartiere.
2.1. Nella prospettiva dell’Amministrazione finanziaria, fatta propria dalla CTR, la deducibilità dei costi (e la conseguente detraibilità dell’IVA) è stata negata perché gli stessi non erano inerenti, certi, determinati o determinabili, anche in ragione della natura di cartiera delle società subappaltatrici.
2.2. Ne consegue che la questione concernente l’inesistenza delle fatture non costituisce la ragione della ripresa, da ricondurre alla mancata giustificazione dei costi, ma unicamente uno degli elementi indiziari posti a supporto dell’avviso di accertamento.
Ciò premesso, i l primo motivo, attinente all’obbligo di conservazione della documentazione contabile è inammissibile, perché non coglie appieno la ratio decidendi della sentenza impugnata.
3.1. La CTR ha obiettivamente affermato che il ricorrente ha l’obbligo giuridico di conservare la documentazione contabile relativa all’effettuazione dei lavori di appalto e ai relativi costi. Tuttavia, detto obbligo è stato messo in relazione alla necessità di documentare i costi sostenuti ai fini della deducibilità degli stessi (e della detraibilità dell’IVA ); costi che, invece, nella prospettazione del giudice di appello, il sig. COGNOME non è riuscito a comprovare.
3.2. Ne consegue che -anche in assenza di un obbligo formale di conservazione della documentazione contabile relativa all’appalto resta il fatto che il contribuente non ha assolto all’onere sullo stesso gravante di comprovare la certezza, inerenza, determinatezza o determinabilità dei costi sostenuti, sicché le contestazioni formulate riguardano una parte della motivazione che involge profili del tutto superflui ai fini della decisione.
Il secondo motivo, con cui si afferma che la CTR avrebbe reso motivazione apparente su di un tema non devoluto, è infondato.
4.1. In primo luogo, va detto che dalla semplice lettura del ricorso e delle trascrizioni in esso riportate, appare evidente che il tema della mancata documentazione dei costi sia stato ampiamente devoluto dall’Ufficio all’attenzione della CTR, sicché correttamente il giudice di appello ha compiuto le necessarie valutazioni in merito.
4.2. Per il resto, secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente
omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero -e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali -l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; Cass. S.U. n. 16599 del 05/08/2016).
4.2.1. Determina, infine, una violazione di legge costituzionalmente rilevante anche la motivazione contraddittoria, nella misura in cui esprima un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, mentre deve escludersi la possibilità di sindacare in sede di legittimità la semplice motivazione insufficiente (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014).
4.3. Nel caso di specie, la motivazione del giudice di appello non può certamente dirsi apparente, in quanto questi ha affermato che: a) i costi contestati non sono stati documentati dal contribuente; b) la dichiarazione scritta di un professionista non è idonea allo scopo; c) non costituisce mezzo di prova idoneo il pagamento delle rate di mutuo condizionato al livello di esecuzione dei lavori.
4.4. La sentenza impugnata ha, quindi, chiaramente spiegato -nel rispetto del minimo costituzionale -le ragioni per le quali ha ritenuto non provati dal contribuente i costi sostenuti, sicché non può assolutamente configurarsi, nel caso di specie, una motivazione apparente.
Il terzo, il quarto ed il quinto motivo riguardano, a vario titolo, la contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti. I predetti motivi, che possono essere unitariamente esaminati, vanno disattesi.
5.1. Come già ricordato, la natura di cartiere delle società subappaltatrici ha costituito uno dei fattori che ha indotto
l’Amministrazione finanziaria a contestare la veridicità dei costi dedotti dall’impresa del ricorrente, ma il reale motivo del disconoscimento della deducibilità dei predetti costi risiede nella loro mancata documentazione, in presenza della quale AE «non poteva far altro che considerarli regolari, effettivi e congrui» (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).
5.2. Ne consegue che, anche se cade la contestazione di soggettiva inesistenza delle fatture emesse dalle società subappaltatrici a RAGIONE_SOCIALE, resta pur sempre il fatto che i costi sostenuti non sono stati documentati dalla ricorrente.
5.3. Ne deriva l’inammissibilità, prima ancora dell’infondatezza, delle censure poste con i motivi in esame, non essendo stata la questione della soggettiva inesistenza delle fatture effettivamente indagata dalla CTR, limitatasi ad indicare come corrette le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione finanziaria a dubitare della veridicità dei costi dedotti.
5.4. In altri termini, una cosa sono le ragioni che hanno indotto AE a procedere all’accertamento, altra cosa sono i reali motivi dell’accertamento, che risiedono della assenza di certezza, inerenza, determinatezza e determinabilità dei costi, restando a margine della ratio decidendi la questione della soggettiva inesistenza delle fatture emesse dalle società subappaltatrici nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
In conclusione, il ricorso va rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conti di un valore dichiarato della lite di euro 64.082,00.
6.1. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, che si liquidano in euro 5.900,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 25/06/2025.