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Deducibilità costi: legittima se c’è ragione economica

L’Agenzia delle Entrate ha contestato la deducibilità dei costi di un’associazione professionale per servizi ricevuti da una società collegata. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che la deducibilità dei costi è legittima se il contribuente dimostra la loro inerenza all’attività e la presenza di valide ragioni economiche e organizzative che giustifichino l’operazione. In questo caso, non si configura un abuso del diritto, anche in presenza di un vantaggio fiscale.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità costi tra imprese collegate: quando è legittima?

La questione della deducibilità costi per servizi scambiati tra società collegate è un tema centrale nel diritto tributario, spesso al centro di contenziosi con l’Amministrazione Finanziaria. Con l’ordinanza n. 5793/2024, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo che tali operazioni sono legittime se supportate da valide ragioni economiche, anche qualora comportino un risparmio d’imposta. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: La contestazione dell’Agenzia delle Entrate

Una associazione professionale si vedeva notificare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava la deducibilità di costi sostenuti per servizi resi da un’altra società (una S.a.s.) ad essa collegata da rapporti di parentela. Secondo l’Ufficio, i costi non erano inerenti all’attività dell’associazione e l’intera operazione era elusiva, finalizzata unicamente a ottenere un vantaggio fiscale.

I contribuenti impugnavano l’atto impositivo e i giudici di primo e secondo grado accoglievano le loro ragioni. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale riteneva che l’associazione avesse fornito prova documentale sia del rapporto contrattuale sia dell’inerenza dei costi, dimostrando che l’esternalizzazione dei servizi rispondeva a precise esigenze organizzative e non a finalità elusive. L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta, proponeva ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte: la legittima deducibilità dei costi

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia, confermando la decisione dei giudici di merito e consolidando importanti principi in materia di onere della prova e abuso del diritto.

Il Principio dell’Inerenza e l’Onere della Prova

Il primo motivo di ricorso dell’Agenzia si basava sulla presunta violazione delle norme sull’inerenza dei costi (art. 109 TUIR) e sull’onere della prova (art. 2697 c.c.). L’Ufficio sosteneva che le fatture fossero troppo generiche per dimostrare l’effettivo collegamento tra i costi e l’attività dell’associazione.

La Corte ha respinto questa tesi, qualificandola come un tentativo inammissibile di ottenere un nuovo esame dei fatti. Ha ribadito che l’onere di provare l’inerenza spetta al contribuente, ma ha anche specificato che la prova può essere fornita con qualsiasi mezzo, inclusa documentazione contrattuale e lettere di incarico che, nel caso di specie, i giudici di merito avevano ritenuto sufficienti a integrare il contenuto delle fatture.

L’Insussistenza dell’Abuso del Diritto

Il secondo motivo di ricorso verteva sull’abuso del diritto. L’Agenzia sosteneva che l’intera operazione di esternalizzazione dei servizi alla società collegata fosse stata creata ad arte solo per conseguire un risparmio d’imposta.

Anche su questo punto, la Cassazione ha dato torto all’erario. Ha ricordato che l’abuso del diritto si configura solo quando un contribuente ottiene vantaggi fiscali indebiti attraverso un uso distorto di strumenti giuridici, in assenza di valide ragioni economiche. Nel caso in esame, i giudici di merito avevano accertato che l’operazione rispondeva a reali “esigenze di natura organizzativa” e mirava a un “miglioramento strutturale e funzionale dell’azienda”. La scelta di una struttura fiscalmente efficiente è legittima se non è l’unica ragione dell’operazione e se questa poggia su solide basi economiche.

Le Motivazioni della Cassazione

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su due pilastri. In primo luogo, la netta distinzione tra il giudizio di fatto, riservato ai giudici di merito, e il giudizio di legittimità, proprio della Cassazione. Quest’ultima non può rivalutare le prove e sostituire il proprio convincimento a quello dei giudici dei gradi precedenti, se la loro motivazione è logica e coerente. In secondo luogo, la Corte ha delineato con chiarezza i confini dell’abuso del diritto: non è sufficiente un risparmio fiscale per qualificare un’operazione come elusiva. È necessario che manchi qualsiasi altra valida ragione extrafiscale. Se, come in questo caso, l’operazione migliora l’organizzazione aziendale e persegue un reale obiettivo economico, il legittimo risparmio d’imposta che ne deriva non può essere contestato.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un’importante tutela ai contribuenti che strutturano le proprie attività in modo efficiente. La decisione conferma che l’esternalizzazione di servizi a soggetti collegati è un’operazione pienamente legittima, a condizione che sia possibile dimostrarne la sostanza economica e l’inerenza all’attività d’impresa. Per le aziende, ciò significa che è fondamentale documentare accuratamente non solo i contratti e le fatture, ma anche le ragioni organizzative e strategiche che sottostanno a tali scelte, per poter difendere efficacemente la deducibilità dei costi in caso di controllo fiscale.

Quando un costo sostenuto per servizi da una società collegata è deducibile?
Risposta: Il costo è deducibile quando il contribuente dimostra l’inerenza, cioè che il costo è strettamente collegato all’attività d’impresa e alla produzione di reddito. La prova può essere fornita non solo con le fatture, ma anche con contratti, lettere di incarico e altra documentazione che ne specifichi la natura e la finalità.

Un’operazione tra società collegate che genera un risparmio fiscale costituisce sempre abuso del diritto?
Risposta: No. Secondo la Corte, non si ha abuso del diritto se l’operazione, oltre al vantaggio fiscale, risponde a reali e apprezzabili ragioni economiche e organizzative, come l’esternalizzazione di servizi per migliorare l’efficienza aziendale. La scelta della soluzione fiscalmente meno onerosa è legittima se non è l’unico scopo dell’operazione.

Chi ha l’onere di provare la deducibilità di un costo?
Risposta: L’onere della prova spetta sempre al contribuente. In caso di contestazione da parte dell’amministrazione finanziaria, è il contribuente che deve dimostrare e documentare l’esistenza, la natura e l’inerenza del costo all’attività di impresa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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