Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13365 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13365 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7095/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME E C, in persona del legale rappresentante pro tempore , COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi da ll’ avv. NOME COGNOME e da ll’avv. NOME COGNOME, elett.te dom.ti presso lo studio di quest ‘ ultimo in Roma, INDIRIZZO
-ricorrenti-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 3740/22/2021, depositata il 14 ottobre 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-In data 19 novembre 2018, la Direzione provinciale di Monza e Brianza dell’Agenzia delle entrate notificava alla RAGIONE_SOCIALE COGNOME Anna Maria RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. T9502CB02331/2018 con il quale recuperava a tassazione costi pari a euro 100.330,69, in quanto ritenuti non sufficientemente documentati. Contestualmente, notificava ai soci NOME COGNOME e NOME COGNOME separati avvisi di accertamento con i quali recuperava a tassazione i redditi da partecipazione imputabili in capo agli stessi, ai sensi dell’art. 5 TUIR.
La società e i soci impugnavano con distinti ricorsi l’avviso di accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano che, con sentenza n. 3889/20/2019, depositata in data 25 settembre 2109, previa riunione dei ricorsi, li respingeva, condannando i ricorrenti alla refusione delle spese di lite.
-Avverso tale pronuncia la società e i soci proponevano atto di appello.
La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con sentenza n. 3740/2021, depositata il 14 ottobre 2021, ha rigettato l’impugnazione.
-La società e i soci hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 348 ter , comma 5, in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 5 c.p.c., per aver la
Commissione tributaria regionale ritenuto sussistente la cd. ‘doppia conforme di merito’ , nonostante la ricorrente avesse indicato le ragioni di fatto poste alla base delle sentenze di merito, evidenziandone le differenze. Nel caso di specie, le differenze tra le decisioni sarebbero sostanziali. I ricorrenti hanno dedotto che mentre nella sentenza di primo grado si tende a negare la detraibilità dei costi in base a una ritenuta mancanza di prova in ordine all ‘ inerenza, esistenza ed effettività dei costi (art. 109 TUIR), nella sentenza di secondo grado, invece, la conferma del rigetto si fonda sulla indetraibilità dei costi (IVA a credito sugli acquisti) per mancanza formale della descrizione della natura, qualità e quantità dei servizi o beni resi ( ex art. 21, comma 2, lettera c, d.P.R. n. 633/72) in tutte le fatture di spesa.
1.1. -Il motivo è inammissibile.
Nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348ter , comma 5, c.p.c., il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass., Sez. III, 28 febbraio 2023, n. 5947).
La Commissione tributaria regionale, nel confermare la pronuncia di primo grado, ha respinto l’impugnazione sul rilievo del mancato assolvimento dell’onere della prova in merito alla deducibilità dei costi sotto il profilo d ell’ inerenza, richiamando la genericità della descrizione delle prestazioni riportate in fattura e decidendo, pertanto, contrariamente a quanto prospettato nel motivo di censura, in maniera conforme rispetto alla pronuncia di prime cure.
2. -Con il secondo motivo si prospetta la nullità della sentenza per motivazione assente di cui all’art. 360 , comma 1, n. 4 c.p.c.,
nonché per mancata valutazione di documenti decisivi per la controversia ai sensi dell’art. 360 , comma 1, n. 5 c.p.c., laddove la Commissione tributaria regionale ha ritenuto che la contribuente non avesse offerto piena prova dell’inerenza, esistenza e competenza dei costi sostenuti. Dalla pronuncia impugnata emergerebbe che la Commissione tributaria regionale ha ritenuto non provata l ‘ inerenza dei costi recati in detrazione e conseguentemente recuperati a imposizione dalla A.F. per la genericità della descrizione delle prestazioni in fattura. Detta circostanza avrebbe rilievo decisivo ai fini del giudizio, avendo gli appellanti fornito la prova articolata della certezza, inerenza, competenza e determinatezza dei costi documentati e finalizzati alle singole operazioni di organizzazione di eventi. La Commissione tributaria regionale non avrebbe tenuto conto del complesso delle informazioni complementari alle fatture di acquisto fornite con la produzione documentale offerta in prova. Il travisamento della prova escluderebbe che si verta in ipotesi di cd. doppia conforme quanto all’accertamento dei fatti, preclusivo del ricorso per cassazione ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., giusto l’art. 348 ter ultimo comma c.p.c.
2.1. -Il motivo è inammissibile.
Il travisamento del contenuto oggettivo della prova – che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio – trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre – se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – il vizio va fatto valere ai
sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass., Sez. Un., 5 marzo 2024, n. 5792).
Il travisamento della prova, per essere censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 115 c.p.c., postula: a) che l’errore del giudice di merito cada non sulla valutazione della prova (“demonstrandum”), ma sulla ricognizione del contenuto oggettivo della medesima (“demonstratum”), con conseguente, assoluta impossibilità logica di ricavare, dagli elementi acquisiti al giudizio, i contenuti informativi che da essi il giudice di merito ha ritenuto di poter trarre; b) che tale contenuto abbia formato oggetto di discussione nel giudizio; c) che l’errore sia decisivo, in quanto la motivazione sarebbe stata necessariamente diversa se fosse stata correttamente fondata sui contenuti informativi che risultano oggettivamente dal materiale probatorio e che sono inequivocabilmente difformi da quelli erroneamente desunti dal giudice di merito; d) che il giudizio sulla diversità della decisione sia espresso non già in termini di possibilità, ma di assoluta certezza (Cass., Sez. I, 6 aprile 2023, n. 9507).
Con specifico riferimento all ‘ inerenza di un costo, sostenuto nell’esercizio dell’attività di impresa, in tema di imposte dei redditi e di IVA, il contribuente è tenuto a provare i fatti costitutivi del costo e a documentarli, quali l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, ponendoli in correlazione all’attività imprenditoriale svolta (Cass., Sez. V, 18 gennaio 2025, n. 1239). A tal fine non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo
sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa (Cass., Sez. V, 26 maggio 2017, n. 13300; Cass., Sez. V, 8 ottobre 2014, n. 21184).
Nel caso di specie non ricorrono gli estremi per sindacare un travisamento della prova, avendo la Commissione tributaria regionale, in conformità alla decisione di prime cure, escluso l’inerenza del costo alla luce della genericità della descrizione delle prestazioni in fattura, mentre difettano di specificità le deduzioni riguardanti la documentazione che non sarebbe stata esaminata, peraltro a fronte di una ‘ doppia conforme ‘ con i limiti di sindacato richiamati, escludendo la stessa pronuncia che la società abbia prodotto ulteriore documentazione a supporto delle fatture relative ai costi sostenuti.
3. -Con il terzo motivo si lamenta l’errata interpretazione e applicazione dell’art. 109, comma 5, d.P.R. 917/1986, in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale disatteso l’orientamento della giurisprudenza di legittimità e applicato il concetto di inerenza, ancorando la valutazione alla necessità che il costo sostenuto sia strettamente correlato al conseguimento di un corrispondente ricavo in capo allo stesso soggetto. La decisione impugnata, con riguardo alla ritenuta insussistenza dell’inerenza, non si porrebbe in linea con la recente giurisprudenza di legittimità che, mutando il precedente orientamento, ha affermato che il principio si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dall’art. 75, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986, ora art. 109, comma 5, del medesimo d.P.R.) ed esprime «la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale», escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità (anche solo potenziale o indiretta), in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio
economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perché il giudizio sull’inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo (Cass., Sez. V, 11 gennaio 2018, n. 450).
3.1. -Il motivo è inammissibile.
Il ricorso per cassazione è inammissibile quando si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass., Sez. VI3, 4 aprile 2017, n. 8758).
La Commissione tributaria regionale ha escluso l’inerenza dei costi sulla base della fattura prodotta in atti, gravando sul contribuente il relativo onere della prova sulla base della puntuale giurisprudenza richiamata. Parte ricorrente, incorrendo peraltro in un difetto di specificità delle deduzioni sulla documentazione che sarebbe stata prodotta, intende conseguire un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio, vaglio precluso nel giudizio di legittimità (Cass., Sez. II, 23 aprile 2024, n. 10927).
-Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 marzo 2025.