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Deducibilità costi: la Cassazione e l’inerenza

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16942/2024, ha stabilito un importante principio in materia di deducibilità dei costi. L’Agenzia delle Entrate aveva contestato a una società la deduzione di canoni di locazione ritenuti eccessivi. La Corte ha chiarito che, sebbene il principio di inerenza sia qualitativo, una spesa ‘manifestamente antieconomica’ può essere un forte indizio della sua non inerenza. In tal caso, l’onere di provare la realtà e la necessità del costo si sposta dall’Amministrazione finanziaria al contribuente. La Corte ha inoltre rigettato il ricorso incidentale del contribuente sulla violazione del contraddittorio preventivo, specificando che per i controlli ‘a tavolino’ le garanzie procedurali sono diverse da quelle previste per le verifiche in loco.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità Costi: Quando l’Antieconomicità Inverte l’Onere della Prova

La corretta gestione della deducibilità costi è un pilastro fondamentale per ogni impresa. Il principio di inerenza, ovvero il legame tra un costo e l’attività produttiva di reddito, è il criterio guida. Tuttavia, cosa accade quando un costo, pur astrattamente inerente, appare palesemente sproporzionato o ‘antieconomico’? L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 16942 del 19 giugno 2024 offre chiarimenti cruciali, delineando i confini tra la valutazione qualitativa dell’inerenza e gli indizi quantitativi che possono metterne in discussione la sussistenza, con importanti ricadute sull’onere della prova.

I Fatti del Caso

Una società di servizi si vedeva contestare dall’Agenzia delle Entrate la deducibilità di una quota dei canoni di locazione corrisposti a un’altra società per un immobile. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, tali costi erano eccessivi e, pertanto, parzialmente indeducibili sia ai fini delle imposte dirette sia dell’IVA. La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione al contribuente, sostenendo che il rapporto tra le società fosse di tipo ‘privatistico’ e che non si potessero sindacare le scelte imprenditoriali, specialmente se il costo era stato effettivamente sostenuto e la società locatrice aveva versato le relative imposte. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando l’errata applicazione delle norme sulla deducibilità costi.

Il Principio di Inerenza e il Ruolo dell’Antieconomicità

La Corte Suprema ha accolto il ricorso dell’Agenzia, ribaltando la decisione di merito. I giudici hanno riaffermato un principio consolidato: l’inerenza è un requisito fondamentale per la deduzione dei costi e attiene a un giudizio di natura qualitativa. In altre parole, si deve valutare se il costo è funzionale all’attività d’impresa. Tuttavia, la Corte ha specificato che parametri quantitativi come la congruità e l’economicità, pur non definendo l’inerenza, possono agire come ‘indici sintomatici’ della sua assenza.

Quando un’operazione è ‘manifestamente e macroscopicamente antieconomica’, ovvero talmente sproporzionata da esulare da ogni normale logica di mercato, l’Amministrazione Finanziaria può legittimamente dubitare della sua reale finalità imprenditoriale. Questa manifesta irragionevolezza economica fa sorgere il sospetto che il costo non sia stato sostenuto nell’interesse dell’impresa, ma per altri fini.

L’Inversione dell’Onere della Prova sulla Deducibilità Costi

La conseguenza processuale di questa impostazione è cruciale. Di norma, spetta all’Amministrazione Finanziaria provare la non inerenza di un costo. Tuttavia, di fronte a un’operazione che appare macroscopicamente antieconomica, l’onere della prova si inverte. Sarà il contribuente a dover dimostrare non solo l’effettività del costo, ma anche la sua coerenza economica e la sua concreta destinazione alla produzione di reddito. Dovrà fornire una ‘documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa’. In sostanza, deve spiegare perché una scelta apparentemente svantaggiosa era, in realtà, necessaria o strategica per l’attività d’impresa.

La Questione del Contraddittorio Preventivo

La società contribuente aveva sollevato, in via incidentale, la violazione del diritto al contraddittorio preventivo. La Cassazione ha respinto anche questa doglianza, operando una distinzione fondamentale. Le garanzie procedurali più stringenti, come il termine dilatorio di 60 giorni, si applicano in caso di ‘accessi, ispezioni e verifiche fiscali’ presso la sede del contribuente. Nel caso di specie, si trattava di un ‘controllo a tavolino’, basato su documenti richiesti e forniti dal contribuente stesso. Per tali controlli, pur sussistendo un obbligo generale di contraddittorio per i tributi armonizzati come l’IVA, la Corte ha ritenuto che l’invito a fornire documenti e la redazione di verbali di consegna fossero sufficienti a garantire un’effettiva interlocuzione tra le parti.

le motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione cassando la sentenza della Commissione Tributaria Regionale perché quest’ultima aveva errato nel considerare irrilevante l’antieconomicità della spesa. Il giudice di merito si era limitato a constatare l’effettività del costo e l’assenza di un danno erariale diretto, senza però verificare se la sproporzione del canone di locazione (rispetto, ad esempio, al canone di leasing pagato dalla società locatrice) potesse celare una mancanza di inerenza. Secondo la Cassazione, il giudice d’appello avrebbe dovuto esaminare se la spesa fosse manifestamente sproporzionata e, in caso affermativo, verificare se il contribuente avesse fornito prove adeguate a giustificarne la logica imprenditoriale. Per quanto riguarda il contraddittorio, la motivazione risiede nella distinzione tra le tipologie di controllo fiscale: solo quelli invasivi (verifiche in loco) attivano l’intero apparato di garanzie dell’art. 12 dello Statuto del Contribuente, mentre per i controlli documentali (‘a tavolino’) è sufficiente garantire un’interlocuzione effettiva, anche attraverso scambi di documenti e richieste di chiarimenti.

le conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento fondamentale per le imprese e i professionisti. La deducibilità costi non si ferma alla mera registrazione contabile. Le scelte imprenditoriali, pur essendo libere, devono poter essere giustificate sotto il profilo della coerenza economica qualora appaiano palesemente irragionevoli. Le aziende, specialmente nei rapporti infragruppo o con parti correlate, devono prestare massima attenzione a documentare le ragioni economiche sottostanti a operazioni che potrebbero apparire anomale o sproporzionate. In caso di accertamento, non basterà dimostrare di aver pagato una fattura, ma bisognerà essere pronti a provare che quel costo, anche se elevato, era realmente funzionale e strategico per l’attività d’impresa.

Un costo può essere considerato non deducibile solo perché è antieconomico?
No, l’antieconomicità di per sé non esclude la deducibilità. Tuttavia, se un’operazione è ‘manifestamente e macroscopicamente antieconomica’, questa diventa un forte indizio di non inerenza. Tale indizio sposta sul contribuente l’onere di dimostrare le ragioni economiche e la funzionalità del costo per l’attività d’impresa.

Su chi ricade l’onere di provare la deducibilità di un costo contestato come antieconomico?
Inizialmente, l’Amministrazione Finanziaria deve provare che il costo è manifestamente antieconomico. Una volta fornita questa prova indiziaria, l’onere si inverte e spetta al contribuente dimostrare l’esistenza, l’inerenza, la ragione e la coerenza economica di tale costo, provando che era necessario o utile per l’attività.

Il contraddittorio preventivo è sempre obbligatorio prima di un avviso di accertamento?
No, non sempre nelle stesse forme. La Corte distingue: le garanzie procedurali più stringenti previste dall’art. 12 dello Statuto del Contribuente (come il termine dilatorio di 60 giorni) si applicano pienamente in caso di accessi e verifiche presso la sede del contribuente. Per i cosiddetti ‘controlli a tavolino’, basati su documenti, è sufficiente che sia garantita un’interlocuzione effettiva, che può realizzarsi anche tramite l’invio di questionari o la richiesta di esibizione di documenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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