Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25656 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25656 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9235/2016 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA BASILICATA n. 488/01/15 depositata il 05/10/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 488/01/15 del 05/10/2015, la Commissione Tributaria Regionale della Basilicata (di seguito CTR) respingeva
l’appello proposto dal sig. NOME COGNOME titolare di un’impresa individuale di fabbricazione di insegne e segnalatori elettrici, e accoglieva l’appello incidentale de ll’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 277/01/13 della Commissione tributaria provinciale di Matera (di seguito CTP), che aveva accolto parzialmente il ricorso del contribuente nei confronti di un avviso di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 20 07.
1.1. Come evincibile dalla sentenza impugnata e dagli atti di parte, con l’avviso di accertamento l’Amministrazione finanziaria contestava la deducibilità di alcuni costi riguardanti prestazioni d’opera mai eseguite (ripresa n. 1), sponsorizzazioni nei confronti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (ripresa n. 2) e carburante (ripresa n. 3).
1.2. La CTR respingeva l’appello proposto da NOME COGNOME ed accoglieva l’appello proposto da AE evidenziando che: a) l ‘atto impositivo risultava sottoscritto dal capo ufficio, legittimamente delegato dal direttore provinciale; b) l ‘avviso di accertamento risultava corredato di tutti i requisiti necessari per rendere conoscibili al contribuente i rilievi mossi e per consentire il corretto espletamento del diritto di difesa; c) il processo verbale di constatazione non era necessario per la verifica in oggetto; d) i costi riportati dal contribuente non erano deducibili in quanto genericamente indicati e sproporzionati rispetto agli utili di esercizio; e) la contestazione di operazioni inesistenti sulla base di validi elementi indiziari implicava l’inversione dell’onere della prova in capo al contribuente.
NOME COGNOME impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a otto motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
AE si costituiva al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione orale ai sensi dell’art. 370 primo comma, cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di NOME COGNOME è affidato a otto motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si contesta , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 56 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA), degli artt. 66, 67 e 68 del d.lgs. 20 luglio 1999, n. 300, dell’art. 5 del Regolamento di a mministrazione dell’Agenzia delle entrate, nonché degli artt. 4 e 17 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e dell’art. 20 del d.P.R. 8 maggio 1987, n. 266, per avere la CTR erroneamente ritenuto la sussistenza di una valida delega in favore del funzionario firmatario , non prodotta in giudizio e non allegata all’avviso di accertamento.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della l. 27 luglio 2000, n. 212, dell’art. 24 della l. 7 gennaio 1929, n. 4 e dell’art. 41 Carta dei diritti fondamentali della UE, per avere la CTR erroneamente ritenuto che AE non sia obbligata a redigere apposito processo verbale di contestazione, nonché a garantire il contraddittorio endoprocedimentale, anche nelle forme previste dal diritto unionale.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per vizio di ultrapetizione in violazione de ll’art. 112 cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto inesistenti i costi di sponsorizzazione (ripresa n. 2 di cui all’avviso di accertamento) e i
costi per carburante (ripresa n. 3) sebbene nessuna contestazione in questo senso sia stata effettuata dall’Amministrazione finanziaria con l’atto impositivo .
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’ art. 118, primo comma, disp. att. cod. proc. civ., nonché dell’ art. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per avere la CTR fornito una motivazione illogica e meramente apparente in ordine ai costi di sponsorizzazione (ripresa n. 2).
1.5. Con il quinto motivo di ricorso si contesta , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 54 del decreto IVA e degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., per avere la CTR confermato le riprese n. 2 e n. 3 sebbene l’avviso di accertamento non abbia indicato elementi gravi, precisi e concordanti al riguardo.
1.6. Con il sesto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 90, comma 8, della l. 27 dicembre 2002, n. 289, degli artt. 108, comma 2, e 109, comma 5, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR), per avere la CTR ritenuto indeducibili i costi di sponsorizzazione nei confronti di RAGIONE_SOCIALE Matera e RAGIONE_SOCIALE erroneamente effettuando la valutazione di inerenza.
1.7. Con il settimo motivo di ricorso si lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, degli artt. 21 e 54 del decreto IVA, degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., nonché dell’art. 168 della direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 (direttiva IVA), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente
attribuito al ricorrente, con riferimento alla ripresa n. 1, l’onere di fornire la prova dell’esistenza delle operazioni contestate.
1.8. Con l’ottavo motivo di ricorso si contesta la violazione dell’art. 3 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, degli artt. 1, comma 2, 5, comma 4, e 6, comma 6, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, dell’art. 32 del d.lgs 15 dicembre 1997, n. 446, degli artt. 15 e 32 del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, nonché dell’art. 1, comma 133, della l. 28 dicembre 2015, n. 208, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di considerare che le sanzioni amministrative a carico della ricorrente andrebbero ridotte in applicazione del principio del favor rei .
Il primo motivo, con il quale si contesta il vizio di sottoscrizione dell’avviso di accertamento, è fondato nei limiti di seguito evidenziati.
2.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’avviso di accertamento, a norma degli artt. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato (Cass. n. 24271 del 30/09/2019; Cass. n. 27871 del 31/10/2018; Cass. n. 9736 del 12/05/2016; Cass. n. 22810 del 09/11/2015; Cass. n. 22800 del 09/11/2015), cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale (Cass. n. 5177 del 26/02/2020).
2.1.1. In caso di contestazione del contribuente, incombe all’Amministrazione finanziaria dimostrare il corretto esercizio del potere (Cass. n. 24492 del 02/12/2015; Cass. n. 27871 del 31/10/2018), anche in applicazione del principio di vicinanza della prova, producendo, anche nel corso del secondo grado di giudizio, la relativa delega (Cass. n. 19190 del 17/07/2019), la cui validità deve essere oggetto di specifica valutazione da parte del giudice di merito
(Cass. n. 33189 del 18/12/2024; Cass. n. 32657 del 16/12/2024; Cass. n. 31928 del 11/12/2024).
2.1.2. Peraltro, trattandosi di delega di firma e non di funzioni, il relativo provvedimento non richiede l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega; che, pertanto, può essere rilasciata mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, ex post , la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto (Cass. n. 8814 del 29/03/2019; Cass. n. 21972 del 05/08/2024). Inoltre, restando la responsabilità dell’atto in capo al funzionario delegante, la delega non deve nemmeno essere motivata (Cass. n. 33189 del 18/12/2024, in motivazione).
2.2. Ciò premesso, la sentenza impugnata afferma che l’atto impositivo reca «la sottoscrizione del Capo dell’ufficio NOME COGNOME appartenente alla carriera direttiva, all’uopo appositamente delegata dal Direttore Provinciale NOME COGNOME e tanto fa si che l’atto sia con certezza attribuibile all’autore dello stesso».
2.3. Dalla superiore statuizione non è dato comprendere se la CTR abbia pronunciato unicamente sull’avviso di accertamento ovvero se l’Amministrazione finanziaria abbia, comunque, prodotto agli atti la delega, come sostenuto dalla ricorrente e ritenuto necessario dalla giurisprudenza più sopra menzionata a pena di nullità dell’avviso di accertamento, e se la validità della delega sia stata compiutamente apprezzata dal giudice di appello.
2.4. Ne consegue che la sentenza impugnata va cassata in parte qua affinché il giudice del rinvio completi l’ accertamento in fatto sulla menzionata questione.
2.5. Per il resto, la censura è infondata. Invero, non occorre che la delega venga allegata all’avviso di accertamento, godendo l’atto impositivo di una presunzione di legittimità al pari degli altri atti amministrativi, ma, come più sopra evidenziato, la sussistenza della stessa va dimostrata in giudizio, ove sussista (come nel caso di specie) la contestazione del contribuente.
Il secondo motivo, con il quale si contesta la mancata redazione del processo verbale di constatazione e la violazione del contraddittorio endoprocedimentale, è in parte infondato e in parte inammissibile.
3.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « Il potere di accertamento tributario non è condizionato dall’esercizio di dirette attività di verifica dell’Amministrazione finanziaria nei confronti del contribuente successivamente attinto dall’avviso, la cui legittimità, pertanto, non è condizionata dalla previa redazione di un processo verbale di constatazione in contraddittorio con lo stesso » (Cass. n. 32274 del 13/12/2024).
3.2. Ne consegue che, nel caso di verifica cd. a tavolino, qual è quella per cui è causa, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, non è necessaria, per la validità dell’atto impositivo, la previa notifica di un processo verbale di constatazione, con conseguente infondatezza della censura proposta in parte qua .
3.3. Laddove, invece, il contribuente lamenta il mancato espletamento del contraddittorio endoprocedimentale, la censura è inammissibile per novità della questione, non risultando dagli atti allegati dallo stesso ricorrente che tale questione e quella concernente la cd. prova di resistenza sia mai stata sottoposta all’attenzione di CTP e CTR, davanti alle quali si è solo fatta questione della mancata redazione del processo verbale di constatazione.
Il terzo, il quarto, il quinto ed il sesto motivo possono essere congiuntamente esaminati, riguardando tutti il recupero di costi di sponsorizzazione e di carburante.
4.1. Con riferimento alle superiori riprese, la CTR ha affermato testualmente che i costi contestati: «devono ritenersi inesistenti per essere, da un lato, genericamente indicati e dall’altro, assolutamente sproporzionati rispetto agli utili di esercizio, di talché assai inverosimile è che si spenda di più in termini di sponsorizzazione rispetto ai ricavi».
4.2. Va, dunque, evidenziato che la CTR, nella sua motivazione, non si occupa in alcun modo della ripresa n. 3 (costi per carburante), limitandosi a rigettare l’appello del contribuente senza alcuna specifica motivazione, mentre considera genericamente indicati e sproporzionati rispetto agli utili di esercizio i costi di sponsorizzazione.
4.3. Ciò precisato, il terzo motivo di ricorso è infondato, in quanto il giudice d’appello, pur utilizzando un termine improprio (costi inesistenti), ha fatto chiaramente comprendere che i costi di sponsorizzazione (gli unici considerati) sarebbero privi di certezza e non inerenti, in tal modo confermando la ripresa n. 2 nei termini espressi dall’avviso di accertamento, senza che ricorra il contestato vizio di ultrapetizione.
4.4. Inammissibile è, invece, il quinto motivo di ricorso. Il ricorrente contesta la sussistenza di presunzioni gravi, precise e concordanti poste alla base dell’avviso di accertamento, ma non trascrive detto avviso nella sua interezza, sicché questa Corte non può valutare ex actis la congruità della motivazione dell’atto impositivo.
4.5. Per il resto, il motivo tende a rimettere in discussione la valutazione in fatto compiuta dalla CTR, valutazione che non può
essere contestata con la proposizione di un vizio di violazione di legge.
4.6. Fondati nei termini di cui appresso si dirà sono, invece, il quarto e il sesto motivo di ricorso, con il quale viene contestata, rispettivamente, motivazione illogica e apparente e non corretta applicazione del criterio dell’inerenza dei costi in relazione alla menzionata ripresa n. 2.
4.7. Secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero -e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali -l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; Cass. S.U. n. 16599 del 05/08/2016).
4.7.1. Determina, infine, una violazione di legge costituzionalmente rilevante anche la motivazione contraddittoria, nella misura in cui esprima un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, mentre deve escludersi la possibilità di sindacare in sede di legittimità la semplice motivazione insufficiente (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014).
4.8. Nel caso di specie, la motivazione della CTR così come più sopra riassunta, deve ritenersi sicuramente apparente in ordine al requisito della certezza dei costi. Invero, l’affermazione per la quale detti costi sarebbero stati solo «genericamente indicati» non è supportata da alcuna ulteriore giustificazione. In altri termini, il giudice di appello non ha chiarito sulla base di quali elementi i costi di sponsorizzazione sarebbero stati indicati genericamente.
4.9. La motivazione, invece, non è apparente, né illogica, nella parte in cui i costi sono stati ritenuti non inerenti in quanto sproporzionati rispetto ai ricavi conseguiti dalla società, sulla base cioè di una valutazione di congruità di detti costi.
4.10. Peraltro, una simile valutazione è estranea al concetto di inerenza per come elaborato dalla giurisprudenza di questa Corte. Invero, secondo l’orientamento della S.C. , il principio di inerenza, pur con le dovute precisazioni derivanti dall’applicazione della giurisprudenza della Corte di giustizia della UE per l’imposta armonizzata, è unico per le imposte dei redditi e per l’IVA (Cass. n. 18904 del 17/07/2018), si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dall’art. 109, comma 5, del medesimo d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili) (Cass. n. 450 del 11/01/2018) ed è espressione della necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’impresa, anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura, escludendo i costi che si collocano in una sfera ad essa estranea (Cass. 30030 del 21/11/2018; Cass. n. 27786 del 31/10/2018; Cass. n. 13882 del 31/05/2018; Cass. n. 450 del 2018, cit. ; Cass. n. 18904 del 2018, cit. ).
4.10.1. Lo stesso si traduce in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico (o di vantaggio economico) ovvero quantitativo (Cass. n. 27786 del 2018, cit. ; Cass.
n. 22938 del 26/09/2018; Cass. n. 18904 del 2018, cit. ), sicché « il costo attiene o non attiene all’attività d’impresa a prescindere dalla sua entità » (così espressamente, in motivazione, Cass. n. 18904 del 2018, cit. ).
4.10.2. Peraltro, secondo il medesimo orientamento (si veda sempre la motivazione di Cass. n. 18904 del 2018, cit. ), il giudizio quantitativo o di congruità non è del tutto irrilevante, collocandosi, invece, su un diverso piano logico e strutturale rispetto al giudizio di inerenza (cfr. Cass. 27786 del 2018, cit. ).
4.10.3. Q uest’ultimo implica che la prova debba investire i fatti costitutivi del costo, sicché, per quanto riguarda il contribuente, egli è tenuto a provare (e documentare) l’imponibile maturato e, dunque, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, ovvero che esso è in realtà un atto d’impresa perché in correlazione con l’attività d’impresa; prova che è tanto più complessa quanto complessa, atipica e originale è l’operazione posta in essere .
4.10.4. A sua volta, l’Amministrazione finanziaria, ove ritenga gli elementi dedotti dal contribuente mancanti, insufficienti od inadeguati ovvero riscontri ulteriori circostanze di fatto tali da inficiare la validità e/o la rilevanza di quelli allegati a fondamento dell’imputazione del costo alla determinazione del reddito, può contestare la valutazione di inerenza.
4.10.5. Ciò si traduce: a) in tema di imposte dirette, nella possibilità che l’Amministrazione finanziaria, nel negare l’inerenza di un costo, contesti anche l’incongruità e l’antieconomicità della spesa, che assumono rilievo, sul piano probatorio, come indici sintomatici della carenza di inerenza pur non identificandosi in essa (cfr. Cass. n. 13588 del 30/05/2018); b) in tema di IVA, nella possibilità per l’Amministrazione finanziaria di dimostrare la macroscopica
antieconomicità del costo, rilevando questa quale indizio dell’assenza di connessione tra costo e attività d’impresa.
4.11. Sotto altro profilo, va evidenziato che, con riferimento ai costi di sponsorizzazione dell’ASD, secondo la giurisprudenza di questa Corte, « le spese di sponsorizzazione di cui all’art. 90, comma 8, della l. n. 289 del 2002, sono assistite da una “presunzione legale assoluta” circa la loro natura pubblicitaria, e non di rappresentanza, a condizione che: a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale » (Cass. n. 14232 del 07/06/2017, che richiama Cass. n. 5720 del 23/03/2016).
4.11.1. La superiore presunzione legale di inerenza/deducibilità delle spese di sponsorizzazione di società sportive dilettantistiche opera in virtù della sola ricorrenza dei presupposti previsti dalla norma, senza che rilevino, pertanto, requisiti ulteriori e, in particolare, l’antieconomicità della spesa (Cass. n. 8981 del 06/04/2017).
4.12. La CTR, aderendo ad un concetto di inerenza meramente quantitativo, non si è confrontata con i superiori principi di diritto.
Il settimo motivo, concernente la contestazione di operazioni inesistenti (ripresa n. 1) è fondato nei limiti di cui appresso.
5.1. L a CTR dopo avere affermato che «non è l’amministrazione a dovere fornire la prova dell’inesistenza delle operazioni che si sottopongono a tassazione dovendo, al contrario, essere il contribuente a dover fornire idonea documentazione che dimostri la buona fede del comportamento adottato», aggiunge esplicativamente che «se l’ufficio contesta al contribuente l’indebita detrazione di fatture relative ad operazioni inesistenti sulla base di presunzioni
gravi, precise e concordanti, sarà il contribuente a dover fornire la prova della legittimità e correttezza dell’operazione attraverso l’esibizione di documenti contabili legittimanti l’operazione», sicché, in mancanza di detti documenti, «la detrazione deve ritenersi indebita e legittimamente l’ufficio provvede a recuperare a tassazione l’imposta indebitamente detratta».
5.1.1. Nel caso di specie, come rileva il giudice di appello, non solo il contribuente non ha fornito alcuna prova della legittimità del proprio comportamento, ma sussistono elementi indiziari (la richiesta di rinvio a giudizio del 06/06/2015) dai quali la contestazione di inesistenza delle operazioni trae ulteriore conferma.
5.1.2. La CTR non chiarisce espressamente se le fatture i cui costi sono stati dedotti e la relativa IVA detratta siano soggettivamente ovvero oggettivamente inesistenti; tuttavia, tenuto conto della superiore prospettazione in diritto, si può ragionevolmente ritenere che la sentenza impugnata faccia riferimento a fatture emesse per operazioni soggettivamente inesistenti.
5.2. Ciò premesso, nella prospettazione del ricorrente la decisione della CTR sarebbe erronea in quanto, da un lato, avrebbe addossato al contribuente l’onere della prova dell’esistenza delle operazioni, onere gravante invece sull’Amministrazione finanziaria ; dall’altro, avrebbe indicato quale elemento presuntivo la richiesta di rinvio a giudizio in sede penale.
5.3. Orbene, non è dubbio che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, con specifico riferimento alla detraibilità dell’IVA, « l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una
evasione dell’imposta; la prova della consapevolezza dell’evasione richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente; incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi » (così Cass. n. 9851 del 20/04/2018, alla cui motivazione integralmente si rimanda; conf., tra le tante, Cass. n. 11873 del 15/05/2018; Cass. n. 17619 del 05/07/2018; Cass. n. 21104 del 24/08/2018; Cass. n. 27555 del 30/10/2018; Cass. n. 27566 del 30/10/2018; Cass. n. 5873 del 28/02/2019; Cass. n. 15369 del 20/07/2020; Cass. n. 24471 del 09/08/2022).
5.3.1. Quanto ai costi, invece, la loro deducibilità va verificata alla luce dell’art. 8 del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. con modif. nella l. 26 aprile 2012, n. 44; il comma 1 della menzionata disposizione ha sostituito l’art. 14, comma 4 bis , della l. n. 537 del 1993, nel modo che segue: «Nella determinazione dei redditi di cui all’art. 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non
colposo per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale o, comunque, qualora il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’art. 424 cod. proc. pen., ovvero sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 del citato codice fondata sulla sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall’art. 157 cod. pen. Qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione ai sensi dell’art. 530 cod. proc. pen., ovvero una sentenza definitiva di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 c.p.p., fondata sulla sussistenza di motivi diversi dalla causa di estinzione indicata nel periodo precedente, ovvero una sentenza definitiva di non doversi procedere ai sensi dell’art. 529 cod. proc. pen., compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi».
5.3.2. Questa Corte ha già avuto occasione di rilevare, anche sulla scorta della relazione al disegno di legge di conversione del d.l. n. 16 del 2012, che, poiché nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti i beni acquistati -di regola (e salvo il caso, ad esempio, in cui il “costo” sia consistito nel “compenso” versato all’emittente il falso documento) -non sono stati utilizzati direttamente per commettere il reato ma, nella maggior parte dei casi, per essere commercializzati, non è più sufficiente il coinvolgimento, anche consapevole, dell’acquirente in operazioni fatturate da soggetto diverso dall’effettivo venditore perché non siano deducibili, ai fini delle imposte sui redditi, i costi relativi a dette operazioni; ferma restando, tuttavia, la verifica della concreta deducibilità dei costi stessi in relazione ai requisiti generali di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità (cfr. Cass. n. 10167 del 20/06/2012; Cass. n. 24426 del 30/10/2013; Cass. n. 26461 del 17/12/2014; Cass. n. 25249 del 07/12/2016; Cass. n.
27566 del 2018, cit.; Cass. n. 32587 del 12/12/2019; Cass. n. 4645 del 21/02/2020).
5.4. Applicando i superiori principi di diritto al caso di specie, a parte l’affermazione iniziale palesemente erronea, la CTR non si è discostata dal principio di diritto espresso in materia di IVA, avendo evidenziato la sussistenza di indizi gravi, precisi e concordanti che giustificano l’inversione dell’onere della prova e la carenza probatoria della prospettazione di NOME COGNOME.
5.5. Il richiamo, poi, alla richiesta di rinvio a giudizio non va a corroborare il quadro indiziario contenuto nell’avviso di accertamento, già reputato dalla CTR idoneo a invertire l’onere probatorio, ma va a ulteriormente confermare, all’esito del giudizio di merito, il menzionato quadro indiziario. Trattasi, in definitiva, di un elemento indiziario richiamato ad abundantiam dal giudice di appello, posto il ritenuto mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sul contribuente.
5.6. Quanto all’IVA, pertanto, va confermata la sua indetraibilità.
5.7. Diversamente, i costi relativi alle operazioni inesistenti sono deducibili laddove ne venga accertata effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità; e, sotto questo profilo, la valutazione della CTR è sicuramente carente, con accoglimento del motivo entro i menzionati limiti.
L’ottavo motivo, concernente l’applicazione alla fattispecie del lo ius superveniens , resta assorbito, dovendo se del caso provvedere il giudice del rinvio.
In conclusione, vanno accolti, nei limiti di cui in motivazione, il primo, il quarto, il sesto e il settimo motivo di ricorso, assorbito l’ottavo, rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di
secondo grado della Basilicata, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il primo, il quarto, il sesto e il settimo motivo di ricorso, assorbito l’ottavo, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 27/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME