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Deducibilità costi: la Cassazione chiarisce i limiti

La Cassazione (sent. 15966/2024) interviene sulla deducibilità costi aziendali. Stabilisce che le liberalità sono deducibili solo se l’ente beneficiario svolge concretamente l’attività sociale. Accoglie la deducibilità del TFM senza i limiti del TFR e delle spese su immobili di terzi se inerenti all’attività. Annulla la ripresa per presunte cessioni in nero di imballaggi, specificando le corrette regole probatorie sulla presunzione di cessione.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità costi: la Cassazione fissa i paletti per imprese e onlus

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 15966 del 7 giugno 2024 offre un’importante panoramica sui criteri di deducibilità costi aziendali, toccando temi cruciali come le erogazioni liberali, il Trattamento di Fine Mandato (TFM) degli amministratori, le spese su immobili di terzi e le presunzioni di cessione di beni. Questa decisione fornisce chiarimenti fondamentali per le imprese, delineando i confini tra ciò che è fiscalmente ammissibile e ciò che non lo è, con un impatto diretto sulla determinazione del reddito imponibile.

I Fatti di Causa: Un Avviso di Accertamento Poliedrico

Il caso trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a due società, una consolidata e la sua consolidante, per l’anno d’imposta 2009. L’Ufficio contestava la deducibilità di diverse tipologie di costi:
1. Erogazioni liberali a favore di un’associazione riconducibile alla stessa compagine sociale.
2. La quota di accantonamento per il TFM del proprio amministratore.
3. I costi di manutenzione su un immobile di terzi, detenuto in locazione.
4. Spese per omaggi aziendali, viaggi e pubblicità.
5. Recuperava inoltre a tassazione presunti ricavi non dichiarati derivanti da cessioni in nero di imballaggi.

La Commissione Tributaria Regionale aveva confermato la validità dell’accertamento, spingendo le società a ricorrere in Cassazione.

La deducibilità costi per liberalità: non basta lo statuto

Uno dei punti centrali della controversia riguardava le donazioni a un’associazione. Le società ricorrenti sostenevano la piena deducibilità di tali somme ai sensi dell’art. 100 del TUIR. La Cassazione, tuttavia, ha rigettato il motivo, affermando un principio di sostanza sulla forma.

Perché la deducibilità dei costi per liberalità sia ammessa, non è sufficiente che lo statuto dell’ente beneficiario preveda finalità di assistenza sociale o sanitaria. È necessario che l’ente svolga effettivamente e concretamente tale attività. Nel caso di specie, era emerso che l’associazione aveva accumulato ingenti somme (superiori a due milioni di euro) senza destinarle realmente alle finalità sociali, preferendo investimenti finanziari. La Corte ha sottolineato che, pur non esistendo un termine perentorio per l’utilizzo dei fondi, il lungo tempo trascorso e l’impiego massiccio in attività finanziarie erano incompatibili con il fine solidaristico che giustifica l’agevolazione fiscale.

Il TFM e la deducibilità costi senza i limiti del TFR

La Corte ha invece accolto il motivo relativo alla deducibilità dell’accantonamento per il Trattamento di Fine Mandato. La sentenza impugnata aveva erroneamente applicato le limitazioni previste per il TFR dei lavoratori dipendenti (art. 2120 c.c.).

I Giudici Supremi hanno ribadito il proprio orientamento consolidato: in assenza di una norma specifica, le regole quantitative del TFR non si estendono al TFM degli amministratori. La deducibilità di tali accantonamenti segue il principio di competenza a condizione che il diritto al TFM e il relativo importo risultino da un atto scritto con data certa anteriore all’inizio del rapporto di amministrazione.

Spese su immobili di terzi: il principio di inerenza prevale

Altro punto a favore delle società contribuenti è stato quello relativo ai costi di ristrutturazione su un immobile condotto in locazione. La Commissione Tributaria aveva negato la deducibilità sul presupposto che l’unico beneficiario dei miglioramenti fosse il locatore, proprietario del bene.

La Cassazione ha cassato questa conclusione, richiamando un principio già affermato dalle Sezioni Unite: il requisito dell’inerenza per la deducibilità di un costo non dipende dalla proprietà del bene, ma dal suo nesso di strumentalità con l’attività d’impresa. Anche un collegamento solo potenziale tra il costo sostenuto e l’attività che produce ricavi è sufficiente a garantirne la deducibilità. Escludere tali costi sarebbe contrario alla nozione stessa di reddito d’impresa.

La presunzione di cessione e la prova contraria

Infine, la Corte ha accolto i motivi relativi al recupero di ricavi da presunte cessioni in nero di imballaggi, basate su una differenza inventariale. Il giudice di merito aveva erroneamente applicato la normativa sulle prestazioni accessorie (art. 12 d.P.R. 633/1972), ponendo a carico del contribuente una prova generica.

La Cassazione ha chiarito che in questi casi si applica la disciplina specifica sulle presunzioni di cessione (d.P.R. 441/1997). Questa normativa prevede che, a fronte di una differenza inventariale, scatti una presunzione legale relativa di vendita non contabilizzata. Tuttavia, essa stabilisce anche i mezzi di prova specifici e tassativi con cui il contribuente può superare tale presunzione (es. distruzione, perdita, impiego nella produzione). La Corte ha quindi rinviato al giudice del merito il compito di verificare se la società avesse fornito una prova contraria idonea entro i limiti stabiliti dalla legge.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Le motivazioni della Corte si fondano su una distinzione netta tra requisiti formali e sostanziali e sull’applicazione rigorosa dei principi cardine del diritto tributario. Per le liberalità, la sostanza (l’effettiva attività sociale) prevale sulla forma (lo statuto). Per il TFM e le spese su beni di terzi, viene data piena attuazione al principio di competenza e di inerenza, respingendo interpretazioni restrittive non supportate dalla legge. Per le presunzioni di cessione, si riafferma la necessità di applicare il quadro normativo specifico, che bilancia il potere accertativo dell’amministrazione con il diritto di difesa del contribuente, il quale deve fornire prove specifiche e non una generica prova negativa.

Conclusioni

La sentenza 15966/2024 offre preziose indicazioni operative. Le imprese devono prestare massima attenzione non solo alla corretta documentazione dei costi, ma anche alla sostanza delle operazioni. Le erogazioni liberali richiedono una verifica, seppur indiretta, dell’operato dell’ente beneficiario. Gli accantonamenti per TFM devono essere formalizzati correttamente e tempestivamente. Viene confermata un’interpretazione ampia del principio di inerenza, che consente la deducibilità di costi su beni non di proprietà, purché funzionali all’attività. Infine, in caso di accertamenti basati su differenze inventariali, è cruciale conoscere i meccanismi specifici di prova contraria previsti dalla legge per difendersi efficacemente.

Quando una donazione a un’associazione è considerata un costo deducibile per un’impresa?
Una donazione è deducibile solo se l’associazione beneficiaria svolge in modo effettivo e concreto l’attività solidaristica prevista dal suo statuto. Non è sufficiente la mera previsione statutaria; l’impresa che eroga la liberalità deve essere in grado di dimostrare, in caso di contestazione, che l’ente utilizza i fondi per i suoi scopi istituzionali.

Le spese di manutenzione su un immobile in affitto sono deducibili?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che i costi per lavori di ristrutturazione o manutenzione su immobili di proprietà di terzi, ma utilizzati per l’attività d’impresa (es. in locazione), sono deducibili. È sufficiente che esista un nesso di strumentalità, anche solo potenziale, tra il bene e l’attività svolta, non essendo necessario che l’impresa ne sia proprietaria.

Quali regole si applicano alla deducibilità degli accantonamenti per il Trattamento di Fine Mandato (TFM) degli amministratori?
Gli accantonamenti per il TFM sono deducibili secondo il principio di competenza, a condizione che il diritto al trattamento risulti da un atto scritto con data certa anteriore all’inizio del rapporto. La Corte ha chiarito che non si applicano le limitazioni quantitative previste per il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) dei lavoratori dipendenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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