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Deducibilità costi forfettaria: sì anche con accertamento

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha stabilito un principio fondamentale in materia di accertamenti fiscali. Allineandosi a una precedente sentenza della Corte Costituzionale, ha confermato che la deducibilità costi forfettaria è ammissibile anche in caso di accertamento analitico-induttivo basato su indagini bancarie. Quando l’Amministrazione Finanziaria presume maggiori ricavi da prelevamenti non giustificati, il contribuente ha il diritto di eccepire l’incidenza percentuale dei costi sostenuti per produrre tali ricavi, anche in assenza di documentazione specifica. Questa decisione mira a garantire un trattamento equo e a rispettare il principio della capacità contributiva, impedendo che un contribuente con contabilità sostanzialmente regolare sia trattato più severamente di uno che ne è privo. L’appello principale dell’Agenzia delle Entrate è stato rigettato, mentre il ricorso incidentale del contribuente è stato dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità Costi Forfettaria: La Svolta della Cassazione dopo la Corte Costituzionale

L’ordinanza in esame segna un punto di svolta fondamentale per la gestione degli accertamenti fiscali basati su indagini bancarie. La Corte di Cassazione, recependo i principi espressi dalla Corte Costituzionale, ha chiarito che la deducibilità costi forfettaria è un diritto del contribuente anche nell’ambito di un accertamento analitico-induttivo. Questo significa che, a fronte di ricavi presunti, devono essere riconosciuti anche i relativi costi, seppure in via percentuale, per garantire equità e rispetto della capacità contributiva.

Il Caso: Accertamento Fiscale e Costi non Riconosciuti

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a un imprenditore individuale. L’Amministrazione Finanziaria, a seguito di un’analisi dei conti correnti personali e aziendali, aveva riscontrato movimentazioni bancarie (versamenti e prelevamenti) non giustificate e superiori al volume d’affari dichiarato. Sulla base di questi elementi, l’Ufficio aveva presunto l’esistenza di maggiori ricavi non dichiarati.

Il contribuente si era opposto, sostenendo che, se venivano presunti maggiori ricavi, doveva essere riconosciuta anche l’incidenza dei costi necessari per produrli. La Commissione Tributaria Regionale aveva parzialmente accolto questa tesi, ammettendo una deduzione dei costi in misura percentuale, basata sugli studi di settore. L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, ha impugnato tale decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che nell’accertamento analitico-induttivo i costi possono essere dedotti solo se specificamente provati e documentati.

La Questione Giuridica e la Deducibilità dei Costi Forfettaria

Il cuore della controversia risiede nella seguente domanda: quando l’Agenzia delle Entrate utilizza la presunzione legale secondo cui i prelevamenti non giustificati costituiscono ricavi, il contribuente può difendersi eccependo una deduzione forfettaria dei costi, oppure è obbligato a fornire la prova analitica di ogni singola spesa? Per l’Amministrazione Finanziaria, l’assenza di una contabilità inattendibile (tipica dell’accertamento induttivo ‘puro’) precluderebbe il ricorso a una stima forfettaria dei costi.

L’Intervento della Corte Costituzionale

La questione è stata risolta grazie al richiamo alla fondamentale sentenza n. 10/2023 della Corte Costituzionale. In quella pronuncia, la Consulta aveva stabilito che è irragionevole applicare un regime probatorio più severo a un contribuente con una contabilità sostanzialmente attendibile (soggetto ad accertamento analitico-induttivo) rispetto a chi ha omesso ogni contabilità. Se a quest’ultimo viene riconosciuta una deduzione forfettaria dei costi, a maggior ragione tale possibilità deve essere concessa al primo, per non violare i principi di uguaglianza e capacità contributiva.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha fatto propri i principi della Consulta, rigettando il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. I giudici hanno affermato che la presunzione di maggiori ricavi derivanti da prelevamenti non giustificati deve essere bilanciata dal diritto del contribuente di opporre una prova contraria, anche di natura presuntiva. In particolare, il contribuente può sempre eccepire ‘l’incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati’.

Secondo la Corte, questa interpretazione è l’unica costituzionalmente orientata. Negare la deducibilità costi forfettaria in questi casi creerebbe una disparità di trattamento ingiustificata e porterebbe a una tassazione su un reddito lordo, anziché netto, in palese contrasto con il principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.).

L’ordinanza chiarisce quindi che, indipendentemente dal metodo di accertamento utilizzato (induttivo puro o analitico-induttivo), a fronte di ricavi accertati presuntivamente devono essere sempre riconosciuti i costi presuntivamente sostenuti per la loro produzione. La determinazione di tali costi può avvenire in via percentuale, ad esempio attraverso gli studi di settore o anche tramite una consulenza tecnica d’ufficio.

Le Conclusioni

Questa decisione rappresenta una vittoria significativa per i diritti del contribuente. Essa stabilisce che il meccanismo presuntivo utilizzato dal Fisco per determinare i ricavi deve operare in modo equilibrato, tenendo conto anche della componente dei costi. Le imprese e i professionisti sottoposti a verifiche fiscali basate su indagini bancarie dispongono ora di uno strumento di difesa più solido: anche in assenza di pezze giustificative per ogni spesa, potranno legittimamente chiedere il riconoscimento di una quota di costi forfettari a fronte dei maggiori ricavi contestati. Si riafferma così un principio di logica economica e di equità fiscale: non c’è ricavo senza un costo per produrlo.

È possibile dedurre i costi in via forfettaria se l’accertamento fiscale è di tipo analitico-induttivo?
Sì. La Corte di Cassazione, seguendo la sentenza n. 10/2023 della Corte Costituzionale, ha stabilito che anche in caso di accertamento analitico-induttivo basato su indagini bancarie, il contribuente può eccepire l’incidenza percentuale dei costi relativi ai maggiori ricavi presunti.

Perché la Corte ha ammesso la deduzione forfettaria dei costi in questo tipo di accertamento?
Per evitare una irragionevole disparità di trattamento rispetto a chi, non avendo tenuto alcuna contabilità, beneficia già di tale deduzione nell’accertamento induttivo ‘puro’. Ammettere la deduzione forfettaria garantisce il rispetto dei principi di uguaglianza (art. 3 Cost.) e di capacità contributiva (art. 53 Cost.), evitando di tassare un ricavo lordo come se fosse netto.

Quale prova deve fornire il contribuente per ottenere la deducibilità dei costi in via presuntiva?
Il contribuente può opporre alla presunzione di maggiori ricavi una prova contraria, anch’essa di natura presuntiva. In concreto, può eccepire l’incidenza percentuale dei costi di produzione, che devono essere detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati. Tale percentuale può essere ricavata, ad esempio, dagli studi di settore applicabili all’attività svolta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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