Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30382 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30382 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (cf: CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che ha indicato recapito p.e.c.;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (cf: CODICE_FISCALE), presso la quale domicilia in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n.3724/06/2019, pronunciata dalla Commissione Tributaria regionale di Calabria, staccata Reggio Calabria, il 9/9/2019 e depositata il 17/10/2019;
Oggetto:
-accertamento analitico induttivo- prova contraria presuntiva-deducibilità forfettaria dei costi-
ascoltata la relazione della causa del consigliere NOME COGNOME nell’adunanza camerale del 5 novembre 2025 ;
la Corte osserva:
Fatti di causa
1. La Commissione Tributaria Regionale della Calabria ha rigettato l’appello proposto dalla contribuente avverso la sentenza della Commissione Tributaria provinciale di Reggio Calabria, n. 1042/2015, sez. 9, di accoglimento parziale del ricorso di primo grado con riferimento ad alcune voci contabili, per le quali il recupero veniva annullato, e conferma per la restante parte dell’avviso di accertamento.
In particolare, la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto che dall’art. 4 del p.v.c. del 22.12.2012 risultava esperito il contraddittorio in merito all’effettività RAGIONE_SOCIALE movimentazioni , sia in addebito che in accredito, nonché accertata l’inerenza con l’attività di impresa esercitata, senza che la contribuente avesse fornito idonea giustificazione in ordine alle operazioni contestate e, quanto ai costi, che, ai sensi dell’art 32 D.P.R. 600/1973 , in caso di rettifica induttiva fondata su indagini bancarie, deve considerarsi operante la presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti vanno imputati a ricavi, salva prova contraria anche in virtù di presunzioni semplici.
Nel caso di specie, la contribuente, ad avviso della Commissione, non ha fornito alcuna prova circa l’estraneità RAGIONE_SOCIALE contestate movimentazioni bancarie alla propria attività commerciale e, quindi, circa la non rilevanza fiscale RAGIONE_SOCIALE stesse, mentre il principio secondo il quale alla ricostruzione dei ricavi deve corrispondere una incidenza percentualizzata dei costi è applicabile soltanto in caso di rettifica induttiva e non già di accertamento conseguente ad una indagine bancaria. L’assenza di prova con traria, con particolare riguardo a prelevamenti per la maggior parte effettuati allo sportello (soltanto
6.386,00 euro risultavano trasferiti con assegno, a fronte di euro 72.755,00 prelevati allo sportello), ha condotto al rigetto del ricorso con condanna alle spese in favore dell’RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la sentenza di secondo grado propone ricorso per cassazione la contribuente, affidandosi a due motivi. L’RAGIONE_SOCIALE si è costituita con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la contribuente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 32 D.P.R. 600/1973 e dell’art. 51 D.P.R. 633/1972.
1.1. La ricorrente rileva che la Commissione Tributaria Regionale ha illegittimamente applicato il disposto dell’art. 32 e, quindi, il principio in tema di prova liberatoria rispetto alla presunzione di imponibilità RAGIONE_SOCIALE singole movimentazioni finanziarie asseritamente non giustificate, denegando che i prelevamenti in contanti potessero essere in parte giustificati dalle esigenze di vita quotidiana, soprattutto, come nel caso di specie, in ipotesi di attività di impresa individuale.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto in relazio ne all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. la contribuente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 109 TUIR.
2.1. In particolare, osserva che la Commissione Tributaria Regionale ha confermato la determinazione reddituale operata dall’Ufficio senza il riconoscimento di alcun costo, ritenendo erroneamente che nell’ipotesi di accertamento analitico induttivo derivante dall’espletamento di indagini bancarie non potessero essere riconosciuti i costi in via forfettaria, essendo invece consentita tale diversa facoltà solo nell’ipotesi di accertamento induttivo puro, e ciò in violazione dell’art. 109 TUIR (applicabile anc he in caso di accertamento analitico induttivo), dovendosi altresì considerare la contestazione
dell’Ufficio ai fini IVA dell’ipotesi di cui all’art. 6, comma 8, D.lgs. 471/1997.
L’RAGIONE_SOCIALE , nel contestare i motivi di ricorso proposti dalla controparte, evidenzia il mancato assolvimento dell’onere della prova a carico della contribuente, l’irrilevanza del limite previsto per i prelevamenti e gli importi riscossi dal D.L. 193/2016, convertito con la Legge n. 225/2016, art. 7 quater , considerato l’accertamento compiuto in relazione all’anno di imposta 2008, il non pertinente riferimento all’ipotesi di cui all’art. 51 relativo ad Iva attesa diversità strutturale della presunzione di cui all’art. 32 DPR 600/1973. Con particolare riguardo ai prelevamenti, la ricorrente, ad avviso dell’RAGIONE_SOCIALE, non ha adeguatamente giustificato le relative operazioni finanziarie, né ha mai dimostrato l’inerenza dei costi in deduzione e non può procedersi alla deduzione presuntiva di oneri e costi deducibili.
Il ricorso è parzialmente fondato.
4.1. I motivi possono essere trattati congiuntamente perché logicamente connessi.
Con ricorso dinanzi alla Commissione Territoriale Provinciale di Reggio Calabria la contribuente impugnava l’avviso di accertamento con il quale era stata contestata la sottrazione dall’imposizione di ricavi imponibili per un importo pari ad euro 90.141,64 ai fini del reddito e dell’Irap (importo corrispondente al totale dei versamenti e dei prelevamenti ritenuti non giustificati). I rilievi esposti nel p.v.c. redatto il 17.12.2009, all’esito della verifica fiscale compiuta dalla Guardia di Finanza-Nucleo P olizia Tributaria di Reggio Calabria per l’anno di imposta 2008, riguardavano le scritture contabili, dalle quali era emerso che la ditta individuale non aveva dichiarato alcune somme e che aveva effettuato RAGIONE_SOCIALE ritenute su redditi da lavoro autonomo senza effettuare i relativi versamenti, ed i movimenti bancari transitati sui conti correnti nella disponibilità della ditta ed extra conto, dai quali
risultavano addebiti per euro 79.141,00, accrediti per 6.700,00 e l’incasso di un assegno bancario emesso da soggetto non identificato. In definitiva, veniva determinato il reddito di impresa ai sensi dell’art. 39 comma 1 lett. c) D.P.R. 600/1973 e, quindi, venivano accertati maggiori ricavi per euro 90.141,00.
4.2. Avverso l’avviso di accertamento veniva proposto ricorso per violazione dell’art. 32 DPR 600/1973, dell’art. 51 DPR 633/1972, per mancata instaurazione del contraddittorio da parte dell’Ufficio, e per violazione dell’art. 39 D .P.R. 633/1972 e dell’ 54 D.P.R. 633/1972 per difetto di presunzioni gravi, insussistenza della contestata evasione e per violazione dell’art. 109 TUIR e dell’art. 53 Cost . per mancato riconoscimento dei costi. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso, la Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello della contribuente, come sopra illustrato.
4.3. L’accertamento svolto in relazione alla ditta individuale è stato condotto secondo il modello analitico induttivo, come risulta pacificamente dal richiamo agli artt. 32 e 39 comma 1 D.P.R. 600/1973 e 51 D.P.R. 633/1972.
In virtù dell’art. 32 D.P.R. 600/1973 vige la presunzione secondo cui i prelevamenti e i versamenti operati sui conti correnti bancari, non annotati contabilmente, vanno imputati ai ricavi conseguiti nella propria attività dal contribuente che non ne dimostri l’inclusione nella base imponibile oppure l’estraneità alla produzione del reddito.
La disposizione censurata pone, quindi, in favore del fisco una presunzione legale che muove dal l’utilizzazione, da parte dell’U fficio, di «dati ed elementi» acquisiti a seguito di indagini finanziarie -e segnatamente, nella specie, di quelle bancarie- per fondare su di essi, sia che si tratti di prelevamenti che di versamenti, le rettifiche RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei redditi, determinati in base alle scritture contabili, RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, e non, di cui agli artt. 38, 39 e 40 dello stesso
d.P.R. n. 600 del 1973, e gli accertamenti d’ufficio, di cui al successivo art. 41. Si tratta di una presunzione a carattere relativo, quindi iuris tantum, e non già assoluta, perché opera solo se il contribuente non offre la prova contraria, potendo in particolare dimostrare, alternativamente: a) che di tali dati ed elementi «ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta»; b) o che essi «non hanno rilevanza allo stesso fine»; c) oppure che i prelevamenti e gli importi riscossi «risultano dalle scritture contabili»; d) o, infine, che gli stessi hanno un determinato «soggetto beneficiario», indicato puntualmente dal contribuente. In mancanza di prova contraria, i prelevamenti e gli importi riscossi sono considerati «ricavi» e possono essere posti a base RAGIONE_SOCIALE rettifiche e degli accertamenti suddetti per determinare il reddito imponibile nel regime RAGIONE_SOCIALE imposte dirette.
Spetta, dunque, al contribuente fornire la prova contraria della non inerenza dei prelevamenti all’attività di impresa e, quindi, della estraneità RAGIONE_SOCIALE somme rispetto al reddito imponibile accertato dall’Ufficio.
4.4. Con precipuo riferimento alla deducibilità dei costi, a fronte di maggiori ricavi contabilizzati, l’orientamento inizialmente espresso da questa Corte (Cass. sez. V, 28/11/2022, n. 34996), secondo il quale «In tema di imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo puro ex art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo (come in caso di indagini bancarie) è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario», è stato rivisitato dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 10/2023 nel senso di seguito riportato.
5. La questione di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione è stata sollevata in relazione all’art. 32, primo comma, n. 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, nella parte in cui la norma pone la presunzione per la quale i prelevamenti sul conto corrente, se non risultano dalle scritture contabili, sono considerati ricavi dell’imprenditore commerciale, salvo che ne sia indicato il beneficiario. Il giudice rimettente aveva assunto che, in mancanza di giustificazione, un prelievo dal conto potesse essere attribuito, altrettanto ragionevolmente, a costi d’impresa quanto a spese personali, specie nell’ipotesi di piccoli imprenditori individuali in regime di contabilità semplificata, ed aveva sostenuto che la giurisprudenza di legittimità non consentisse una deduzione automatica dei costi presuntivamente sostenuti per conseguire i ricavi ottenuti grazie alle somme prelevate senza giustificazione.
La Corte Costituzionale, con la sentenza sopra richiamata, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale proponendo un’interpretazione adeguatrice della norma in commento. In particolare, ha osservato che, in caso di accertamento induttivo in senso stretto (o puro), l’impossibilità di una ricostruzione complessiva della contabilità (o, comunque, la generalizzata inattendibilità della stessa) ha da tempo indotto la giurisprudenza di legittimità ad affermare il principio -cui ha fatto riferimento la stessa Corte Costituzionale nella sentenza n. 225 del 2005- secondo il quale deve riconoscersi la deduzione dei costi di produzione, determinata anche in misura percentuale forfettaria, precisando che è lo stesso ufficio finanziario ad essere onerato di determinare induttivamente non solo i ricavi, ma anche i corrispondenti costi. La Corte Costituzionale, nel ricostruire il sistema di riferimento, ha evidenziato che l ‘accertamento analitico-contabile (che aveva originato il successivo incidente di legittimità costituzionale) si caratterizza, invece, per la rettifica di
singole componenti del reddito dichiarato e può derivare dal confronto tra la dichiarazione e le scritture contabili (il bilancio, in particolare) e dall’esame della documentazione posta a fondamento della contabilità, come le risultanze RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie. Presupposto dell’utilizzo del metodo analitico o misto è l’attendibilità complessiva della contabilità, che consente la rettifica di singole componenti reddituali: in sostanza, la determinazione del reddito è compiuta nell’ambito RAGIONE_SOCIALE risulta nze della contabilità, ma con una ricostruzione induttiva di singoli elementi attivi o passivi, dei quali risulta provata aliunde la mancanza o l’inesattezza. Ed ancora, la Corte Costituzionale ha sottolineato che proprio la presenza di una contabilità generalmente attendibile e una ripresa a tassazione che si realizza mediante rettifiche di singole poste della stessa, implicano che, ai fini della deduzione dei costi, operi in generale la regola ritraibile dall’art. 109 t.u.i.r., in forza della quale, se gli stessi non sono presenti nel conto economico, possono essere dedotti solo se risultano da elementi certi e precisi, dei quali l’ onere della prova è a carico del contribuente.
5.1 Da tale sistema, secondo la pronuncia della Corte Costituzionale n. 10/2023, deriverebbero, però, esiti irragionevoli perché si finirebbe per prevedere un trattamento più severo, quanto al regime della possibile prova contraria rispetto alla presunzione legale in esame, in danno del contribuente che ha tenuto una contabilità complessivamente attendibile (e che può essere destinatario di un accertamento analitico-induttivo), rispetto al regime probatorio di cui si avvale chi, destinatario di un accertamento induttivo, ha omesso qualsiasi contabilità ovvero ne ha tenuta una complessivamente inattendibile o ha posto in essere gravi condotte, quale l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi. La disposizione censurata, pertanto, si sottrae alle censure di illegittimità costituzionale soltanto laddove si interpreti «nel senso che, a fronte della presunzione legale
di ricavi non contabilizzati, e quindi ‘occulti’, scaturente da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore possa sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, opporre la prova presuntiva contraria e in particolare possa eccepire la incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati (Corte cost. n. 225 del 2005, Corte cost. n. 10 del 2023).
5.2 Va poi aggiunto che, come da ultimo riportato nella pronuncia di questa Corte n. 5586/ 2023 ‘…l’RAGIONE_SOCIALE, con circolare n. 32/E/2006 (capitolo quinto, punto 5.5), aveva già affermato, con riguardo agli accertamenti induttivi puri, che «il riconoscimento di costi deve essere livellato – anche in misura percentualistica – in ragione dei maggiori ricavi accertati sulla base del meccanismo presuntivo» di cui all’art. 32, primo comma, n. 2), del d.P.R. n. 600 del 1973.
6. In definitiva, a seguito RAGIONE_SOCIALE richiamate pronunce della Corte costituzionale, a fronte di maggiori ricavi vanno riconosciuti i costi, e ciò non soltanto in caso di accertamento induttivo puro ma anche in caso di accertamento analitico induttivo (espletato mediante indagini bancarie), al fine di evitare la disparità di trattamento che verrebbe altrimenti riservata a chi ha tenuto la contabilità: anche nel caso di accertamento con metodo analitico induttivo, deve riconoscersi, ancorché in mancanza di idonea documentazione e di elementi certi e precisi (art.109 TUIR), una incidenza di costi forfettariamente presunti a fronte di maggiori ricavi, per i quali, in ogni caso, il contribuente può eccepire l’incidenza percentuale degli stessi al fine di detrarli dall’ammontare dei prelievi non giustificati (si veda al riguardo, Cass., sez. 5, 3/07/2023, n.18653, secondo cui «in tema di accertamento dei redditi con il metodo analitico-induttivo, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 10 del 2023, che ha operato un’interpretazione adeguatrice dell’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. del 1973, a fronte
della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturente da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre opporre la prova presuntiva contraria, eccependo una incidenza percentuale forfettaria di costi di produzione, che vanno quindi detratti dall’ammontare dei maggiori ricavi presunti» (cfr. anche Cass., sez. 5, 15/5/2025, n.12988).
Ed infatti, riconosciuta ampia prova contraria fondata anche su presunzioni semplici e sul fatto notorio, proprio l’equiparazione tra i due accertamenti, quello induttivo e quello contabile fondato sulle indagini bancarie, impone, da una parte, di riconoscere una quantificazione forfettaria percentuale e, dall’altra, di prevedere un’ampia prova contraria da parte del contribuente, così bilanciando il regime probatorio favorevole all’Ufficio della duplice presunzione legale.
Sulla questione questa Corte si è già pronunciata con le pronunce n.5586/2023 e n.16168/ 2025, confermando che in tema di accertamento dei redditi e tenuto conto dei princìpi espressi nella sentenza della Corte cost. n. 10 del 2023, ogni accertamento induttivo, sia esso analitico-induttivo o induttivo puro, deve tener conto dei costi, forfettari, presuntivamente sostenuti per produrre il reddito imputato al contribuente, affinché il meccanismo di determinazione del reddito fondato su presunzioni rispetti quanto più è possibile il principio di capacità contributiva, per cui il reddito imponibile del contribuente va rideterminato riconoscendo una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi in relazione ai ricavi accertati, avvalendosi anche se del caso dell’ausilio di consulenza tecnica d’uf ficio (in tal senso la citata Cass. 23/02/2023, n. 5586 e Cass. 18653/2023).
6.1. Nel caso di specie, come si evince dalla lettura della pronuncia impugnata, il contribuente aveva impugnato la sentenza di rigetto di primo grado dolendosi del mancato accoglimento della richiesta di
riconoscere un’incidenza percentuale dei costi, come ricavata dagli studi di settore, a fronte dei maggiori ricavi accertati. A tal fine evidenziava che in ossequio al principio di capacità contributiva occorreva tener conto non soltanto dei maggiori ricavi ma anche dell’incidenza percentuale dei costi relativi che dovevano essere detratti dall ‘ ammontare dei prelievi non giustificati; a questa censura l’RAGIONE_SOCIALE, costituitasi in grado di appello, si opponeva ritenendo che in assenza di accertamento induttivo c.d. puro il contribuente avrebbe dovuto fornire la prova di aver sostenuto a fronte di ricavi occulti determinati costi che dovevano essere dimostrati in maniera certa e correlata ai ricavi accertati.
Ebbene, proprio alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale sopra richiamata e dell’orientamento di questa Corte innanzi riportato, al quale si ritiene di dare continuità, è escluso che i costi ammessi in deduzione siano soltanto quelli risultanti da elementi certi e precisi ai sensi dell’art. 109 TUIR e ciò alla luce della lettura adeguatrice della norma di cui all’art. 32 comma 1 n. 2) secondo periodo, del D.P.R. n. 600/1973 di cui si è innanzi detto.
Di tal ché la censura sollevata nel secondo motivo di ricorso relativo al mancato riconoscimento di costi forfettari e, quindi, alla violazione e alla falsa applicazione dell’art. 39 del D.P.R. , per non aver ritenuto la deducibilità dei costi in via presuntiva, deve ritenersi fondata.
7. In conclusione, il primo motivo è infondato perché, a fronte della presunzione di cui all’art. 32, primo comma n. 2 DPR 600/1973, sia con riferimento ai versamenti che avuto riguardo ai prelevamenti, spettava al contribuente fornire la prova (contraria) che il maggior reddito contestato non fosse inerente all’attività di impresa, prova che non risulta fornita. La censura secondo la quale l’errore consisterebbe nel non aver ritenuto che detto reddito fosse stato utilizzato, almeno in parte, per le esigenze della famiglia non può dunque essere accolta
perché rimasta priva di qualsiasi riscontro, non essendo sufficiente la generica doglianza esposta (riferita nell’illustrazione del motivo ad una parte nemmeno quantificata del maggior reddito contestato), volta in sostanza a sollecitare un nuovo esame nel merito in assenza di allegazione di puntuale prova contraria, ancorché presuntiva, a dimostrare l’inesistenza del maggior reddito accertato.
Invece, il secondo motivo relativo alla deducibilità dei costi va accolto, per cui la sentenza sul punto va cassata, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, in diversa composizione, affinché, riconosciuta la deducibilità forfettaria dei costi in presenza di accertamento analitico induttivo (all’esito di indagi ni bancarie), proceda ad un nuovo esame del fatto alla luce dei principi sopra illustrati ed alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, anche per la regolazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2025
Il Presidente
NOME COGNOME