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Deducibilità costi familiari: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di un imprenditore edile a cui l’Agenzia delle Entrate contestava la deduzione di costi per la partecipazione agli utili del figlio non convivente. La Corte ha stabilito che la deducibilità costi familiari è in linea di principio ammissibile se il parente non rientra nell’elenco tassativo dell’art. 60 del TUIR. Tuttavia, ha cassato la decisione del giudice di merito perché il contribuente non aveva fornito prova certa e precisa del costo, ribadendo che l’onere della prova grava su chi intende dedurre il costo.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità Costi Familiari: La Cassazione sul Compenso al Figlio

La collaborazione di familiari nell’impresa è una realtà diffusa, ma solleva spesso complessi quesiti fiscali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della deducibilità costi familiari, in particolare quelli derivanti da un contratto di associazione in partecipazione con il figlio dell’imprenditore. La decisione offre chiarimenti cruciali sulla distinzione tra l’ammissibilità teorica del costo e la necessità di una prova rigorosa per renderlo fiscalmente valido.

I Fatti di Causa: Un Accertamento Fiscale Controverso

Un imprenditore attivo nel settore delle costruzioni edili riceveva un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2009. L’Agenzia delle Entrate contestava due punti principali:
1. Il recupero a tassazione di circa 134.000 euro per ricavi non dichiarati.
2. Il disconoscimento della deducibilità di un costo di 25.000 euro, relativo alla partecipazione agli utili corrisposta al figlio non convivente, in virtù di un contratto di associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro.

Mentre i giudici di merito avevano confermato il recupero dei ricavi, avevano annullato la ripresa relativa al costo, ritenendolo deducibile. L’Agenzia delle Entrate, insoddisfatta, ha portato il caso dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’Analisi della Corte: Deducibilità dei Costi Familiari e Onere della Prova

La Corte Suprema ha esaminato i due motivi di ricorso presentati dall’Amministrazione finanziaria, giungendo a conclusioni distinte.

Il Primo Motivo: L’Applicazione dell’Art. 60 TUIR

L’Agenzia sosteneva che il compenso al figlio fosse indeducibile a causa del rapporto di parentela, richiamando l’art. 60 del TUIR. Questa norma vieta la deduzione dei compensi per il lavoro prestato dall’imprenditore, dal coniuge, dai figli minori o inabili al lavoro e dagli ascendenti.

La Cassazione ha respinto questa tesi, definendo il motivo infondato. I giudici hanno chiarito che l’elenco di familiari contenuto nell’art. 60 è tassativo e non può essere esteso per analogia. Poiché il figlio dell’imprenditore era maggiorenne e non convivente, non rientrava in nessuna delle categorie specificate. Pertanto, in linea di principio, gli utili corrisposti in base a un contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro sono deducibili dal reddito d’impresa.

Il Secondo Motivo: La Questione della Prova del Costo

Il secondo motivo di ricorso si è rivelato invece fondato. L’Agenzia lamentava che la Commissione Tributaria Regionale avesse ammesso la deduzione pur in assenza di un contratto con data certa opponibile all’amministrazione e senza che il figlio avesse dichiarato il reddito percepito.

Su questo punto, la Corte ha accolto le ragioni dell’Agenzia. Ha ribadito un principio fondamentale del diritto tributario: l’onere della prova circa l’esistenza e l’inerenza dei componenti negativi di reddito (i costi) spetta sempre al contribuente. Tale prova deve essere fornita con ‘elementi certi e precisi’, che vanno oltre la semplice scrittura contabile. Nel caso di specie, il giudice di merito aveva errato nel non applicare questo principio, concedendo la deduzione senza che l’imprenditore avesse adeguatamente dimostrato la certezza e la precisione del costo sostenuto.

La Decisione sul Ricorso Incidentale del Contribuente

L’imprenditore aveva a sua volta presentato un ricorso incidentale per contestare la parte della sentenza che confermava il recupero dei maggiori ricavi. La Corte ha dichiarato questo ricorso inammissibile, ritenendolo generico e non focalizzato su un fatto storico decisivo omesso dal giudice di merito, ma su una presunta omessa pronuncia su un motivo d’appello.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta tra l’astratta ammissibilità di un costo e la sua concreta deducibilità fiscale. Il solo rapporto di parentela con un soggetto non incluso nell’elenco dell’art. 60 TUIR non è sufficiente a negare la deduzione. Tuttavia, spetta al contribuente l’onere di dimostrare, in modo inequivocabile, l’effettività del costo attraverso prove documentali solide, come un contratto con data certa, che ne attestino l’esistenza e la competenza temporale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per gli Imprenditori

Questa ordinanza fornisce un’importante lezione pratica: la collaborazione con i familiari è fiscalmente legittima, ma deve essere gestita con rigore formale. Per garantire la deducibilità costi familiari, non basta un accordo verbale o una semplice scrittura privata. È essenziale formalizzare il rapporto con atti aventi data certa (ad esempio, tramite registrazione) e assicurarsi che tutte le operazioni siano tracciabili e documentate. In assenza di prove adeguate, il Fisco potrà legittimamente disconoscere il costo, anche se la spesa è stata effettivamente sostenuta.

Il compenso pagato a un figlio non convivente in un’associazione in partecipazione è sempre indeducibile?
No. Secondo la Corte, il costo è in linea di principio deducibile. L’art. 60 del TUIR, che elenca i familiari per i quali i compensi non sono deducibili, è una norma tassativa e non include il figlio maggiorenne e non convivente.

Quali prove deve fornire un imprenditore per dedurre i costi relativi a un’associazione in partecipazione con un familiare?
L’imprenditore ha l’onere di provare l’esistenza e l’inerenza del costo con ‘elementi certi e precisi’. La Corte sottolinea l’importanza di un contratto con data certa opponibile all’Amministrazione Finanziaria per dimostrare l’effettività dell’operazione e la sua corretta imputazione temporale.

Perché il ricorso dell’imprenditore sui ricavi non dichiarati è stato respinto?
Il ricorso incidentale dell’imprenditore è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico. La censura non si concentrava su un fatto storico decisivo che, se considerato, avrebbe cambiato l’esito del giudizio, ma si lamentava genericamente di una omessa pronuncia su un motivo di appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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