Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34731 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34731 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 28/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6728/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. PUGLIA SEZ.DIST. FOGGIA n. 2056/2016 depositata il 08/09/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, imprenditore esercente l’attività di costruzione edifici, veniva attinto da avviso di accertamento per l’anno di imposta 2009, con il quale l’Agenzia: i) recuperava a tassazione l’importo di euro 133.850,00 per ricavi non dichiarati, ii) disconosceva la deducibilità di costi, pari ad euro 25.000,00 relativi alla partecipazione agli utili corrisposta all’associato in
partecipazione NOME COGNOME figlio non convivente del contribuente.
Il ricorso del contribuente veniva accolto dalla CTP di Foggia, con sentenza che, in parziale accoglimento dell’appello dell’Amministrazione, veniva riformata con annullamento della ripresa relativa alla deduzione dei costi.
L’Agenzia delle entrate ricorre, con due motivi, pur presentati sotto rubrica unitaria, avverso la sentenza in epigrafe della CTR della Puglia, chiedendo la conferma integrale dell’atto impositivo. Resiste il contribuente con controricorso e ricorso incidentale sorretto da unico motivo, con il quale si duole della conferma, da parte dei giudici territoriali, della ripresa relativa ai maggiori ricavi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’Agenzia delle entrate lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli articoli 60, 95, 109, comma 9 Tuir, formulando due autonome censure.
In primo luogo, l’Amministrazione ribadisce la legittimità della ripresa a tassazione dei compensi corrisposti dal contribuente al figlio NOME COGNOME in relazione al contratto di associazione in partecipazione. Pur non essendo in contestazione la natura dell’apporto, risultata essere di solo lavoro, sostiene l’Agenzia delle entrate che il grado di parentela intercorrente tra l’associante e l’associato ne escluderebbe la detraibilità, in applicazione dell’art. 60 Tuir.
2.1. Il motivo è infondato.
L’art. 60, primo comma, cit., richiamato dall’Ufficio, prevedeva e tuttora prevede – che «Non sono ammesse in deduzione a titolo di compenso del lavoro prestato o dell’opera svolta dall’imprenditore, dal coniuge, dai figli, affidati o affiliati minori di età o permanentemente inabili al lavoro e dagli ascendenti, nonché dai familiari partecipanti all’impresa di cui al comma 4 dell’articolo 5». La disposizione costituisce eccezione tassativa alla regola generale
contemplata dall’art. 95, comma 6, del Tuir, parimenti richiamato dalla ricorrente, per cui «Fermo restando quanto disposto dall’articolo 109, comma 9, lettera b) le partecipazioni agli utili spettanti ai lavoratori dipendenti, e agli associati in partecipazione sono computate in diminuzione del reddito dell’esercizio di competenza, indipendentemente dalla imputazione al conto economico». Ed ancora l’art. 109, comma 9, cit. dispone che «Non è deducibile ogni tipo di remunerazione dovuta: b) relativamente ai contratti di associazione in partecipazione ed a quelli di cui all’articolo 2554 del codice civile allorché sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi».
2.2. Pertanto, i giudici territoriali hanno correttamente interpretato il compendio normativo richiamato, laddove hanno ritenuto che, nel caso di specie, trattandosi di contratto di associazione con apporto di solo lavoro, gli utili corrisposti a familiari dell’imprenditore non ricompresi nel tassativo elenco dell’art. 60, comma 1, Tuir, sono in via di principio deducibili dal reddito d’impresa.
Con il secondo motivo di ricorso principale l’Agenzia delle entrate, richiamando la propria circolare n. 50/E del 12 giugno 2002, lamenta che la CTR abbia ritenuto deducibile il costo in esame, pur non risultando da contratto con data certa opponibile all’Amministrazione, e sebbene il figlio associato non avesse dichiarato il reddito relativo alle prestazioni percepite.
3.1. Il motivo è ammissibile, essendo riferibile al paradigma di cui all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., in quanto richiede a questa Corte di controllare se la fattispecie concreta come ricostruita dal giudice di merito (e, dunque, senza che si debba procederne ad un nuovo apprezzamento) sia stata da questi correttamente ricondotta alla fattispecie giuridica astratta individuata come idonea a dettarne la disciplina (v., fra le altre, Cass. n. 21772/2019; Cass. n.13747/2018; più di recente richiamate da Cass n. 13328/2023)
3.2. Il motivo è, inoltre, fondato.
E’ costante affermazione di questa Corte che «… in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’onere della prova circa l’esistenza ed inerenza dei componenti negativi del reddito incombe al contribuente: a tal riguardo, l’abrogazione del DPR 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 75, comma 6, ad opera del DPR 9 dicembre 1996, n. 695, articolo 5, comporta solo un ampliamento del regime di prova dei costi da parte del contribuente, prova che può essere fornita anche con mezzi diversi dalle scritture contabili (purché costituenti elementi certi e precisi, come prescritto dall’articolo 75, comma 4), ma non certamente l’attenuazione della regola sulla ripartizione dell’onere della prova (Cass. nn. 12330 del 2001, 4218 e 18000 del 2006, 16115 del 2007, 3305 del 2009)».
3.3. Dalla lettura dell’impugnata sentenza emerge come la CTR, nel ritenere sussistenti i presupposti per la deducibilità dei costi in esame, non si sia conformata ai principi superiormente richiamati.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale, rubricato «Violazione e falsa applicazione degli artt. 85 del Tuir e art. 21 DPR n. 633/72 nonché dell’art. 7 della L. 212/2000», il contribuente lamenta, in relazione all’art. 360, comma 5, c.p.c., l’omessa pronuncia in merito alla violazione delle richiamate disposizioni di legge.
4.1. Il motivo è inammissibile.
Il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5., c.p.c., è configurabile solo in relazione a un fatto in senso storiconaturalistico, munito dei caratteri della decisività, di un fatto, cioè, che, ove fosse stato considerato, avrebbe determinato con certezza o elevato grado di probabilità, un diverso esito della controversia.
Nella specie, la censura motivazionale non concerne un simile fatto, ma si dirige invece contro l’omessa considerazione di uno specifico motivo di appello. Il che basta a rendere la censura inammissibile.
Inoltre, il motivo appare del tutto generico, in quanto sembra dolersi della omessa pronuncia sulla censura relativa alla
sufficienza della motivazione dell’avviso di accertamento (riprodotta solo in un sintetico stralcio conclusivo), censura che non viene riportata negli esatti termini in cui era stata avanzata nei gradi di merito.
In conclusione, il ricorso principale deve essere accolto in relazione al secondo motivo formulato, con rigetto del primo, il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia -Sezione Distaccata di Foggia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigettato il primo; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia -Sezione Distaccata di Foggia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 27/11/2024.