Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6052 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6052 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 4031-2015, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (CODICE_FISCALE.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore p.t., legale rappresentante, dom.to in ROMA, alla INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE, che lo rapp. e dif. (EMAIL);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., nonché NOME COGNOME e NOME COGNOME, rapp. e dif., in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO (EMAIL), presso il quale sono tutti elett.te dom.ti;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1272/25/14 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA, depositata il 19/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/01/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che l’ RAGIONE_SOCIALE notificò alla RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., un avviso di accertamento con cui l’Ufficio ha provveduto a riprese relativamente all’anno di imposta 2006, per effetto dell’imputazione alla detta associazione – quale conseguenza dell’avvenuta rilevazione di costi non inerenti per fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE -di maggiori redditi da lavoro autonomo, di un maggior valore da assoggettare ad I.R.A.P., nonché della rettifica delle detrazioni I.V.A. L’ufficio ha provveduto, altresì, alla notifica di ulteriori due avvisi di accertamento nei confronti dei soci, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per riprese derivanti da maggiori redditi da partecipazione;
che i contribuenti impugnarono detti provvedimenti innanzi alla C.T.P. di Arezzo che, previa riunione, con sentenza n. 186/1/12, accolse i ricorsi;
che l’ RAGIONE_SOCIALE propose appello innanzi alla C.T.R. della Toscana, la quale, con sentenza n. 1272/25/14, depositata il 19/06/2014 rigettò il gravame osservando -per quanto in questa sede ancora rileva -come (a) i contribuenti avessero fornito prova documentale dell’esistenza rapporto contrattuale originante le fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e sottese alle riprese per cui è causa (con conseguente inerenza dei relativi costi, portati in detrazione dalla associazione contribuente) e (b) non
trovasse in ogni caso applicazione, nella specie, il dettato dell’art. 54, comma 6-bis del d.P.R. n. 917 del 1986, non sussistendo alcun rapporto di esclusiva tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, ‘ tanto escludendo la personalizzazione pretesa dalla norma quanto ‘ai compensi’ erogati ed alla loro indetraibilità’ (cfr. p. 2 della motivazione della decisione impugnata, secondo cpv.);
che avverso tale decisione l’ RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi; si sono costituiti con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., nonché NOME COGNOME e NOME COGNOME; Rilevato che con il primo motivo parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.) dell” omesso esame di fatto decisivo ed oggetto di discussione ‘ (cfr. ricorso, p. 6) per avere non avere la C.T.R. considerato che ‘ la natura stessa delle prestazioni cui si riferivano i costi era del tutto incerta quanto a contenuto e tipologia, nonché data e durata del loro effettivo svolgimento, in spregio -peraltro -delle prescrizioni poste in materia di contenuto obbligatorio della fattura dall’art. 21 del d.p.r. 633/72…la C.T.R. si è limitata a ritenere raggiunta la prova dell’inerenza sulla semplice base di un contratto di prestazione di servizi, il cui oggetto è descritto in termini parimenti generici e quindi vagamente riconducibile alla locuzione (inidonea) che compare sulle fatture ‘ (cfr. ricorso, p. 9);
che con la prima parte del secondo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) la ‘ violazione e falsa applicazione artt. 109 TUIR e 2697 c.c. ‘ (cfr. ricorso p. 9) sostanzialmente riproponendo le medesime doglianze illustrate con il primo motivo ed osservando come le
spese detraibili sono solo quelle documentate specificamente per ciascuno dei titoli allegati;
che i motivi -suscettibili di trattazione congiunta, per identità delle questioni alle stesse sottese -sono inammissibili;
che premesso che il vizio di omesso esame ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. non può concernere allegazioni difensive, ma solo un fatto storico controverso e decisivo per il giudizio, riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico (cfr. Cass., Sez. 6-1, 6.9.2019, n. 22397, Rv. 655413-01) -con conseguente inammissibilità (come puntualmente eccepito dai controricorrenti) del primo motivo di ricorso che, attraverso la riproposizione, in questa sede, delle argomentazioni svolte dall’ RAGIONE_SOCIALE nel precedente grado di giudizio, mira, piuttosto e in presenza – oltretutto – di una doppia motivazione conforme delle decisioni di merito (cfr. Cass. Sez. 62, 9.3.2022, n. 7724, Rv. 664193-01), ad una (ri)lettura del materiale istruttorio in atti, attività per ciò stesso preclusa a questa Corte (arg. da Cass. Cass., Sez. 3, 1.6.2021, n. 15276, Rv. 661628-01) -altrettanto inammissibili risultano le (medesime) doglianze articolate della difesa erariale (sia pure formalmente sotto il diverso profilo della violazione di legge) con la prima parte del secondo motivo;
che rappresentano principi pacifici, in tema di imposte sui redditi, quelli per cui: a) la deducibilità di costi ed oneri richiede la loro inerenza all’attività di impresa, da intendersi come necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità – anche solo potenziale ed indiretta – secondo valutazione qualitativa e non quantitativa, la cui prova, in caso di
contestazioni dell’amministrazione finanziaria, è a carico del contribuente, dovendo egli provare e documentare l’imponibile maturato e, quindi, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto di impresa perché in correlazione con l’attività di impresa e non ai ricavi in sé (Cass., Sez. 5, 23.5.2023, n. 14190, non massimata); b) spetta, dunque, al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili, non essendo a tal fine sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore ed occorrendo, al contrario, anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa (Cass., Sez. 5, 26.5.2017, n. 13300, Rv. 64424801);
che la decisione impugnata (cfr. p. 1 della motivazione, terzultimo cpv.) assume che ‘ la (prodotta) originaria scrittura privata 7191 inter partes e le (prodotte) sue revisioni periodiche ad integrare il rapporto causale sottostante alla fatturazione oggi in discussione ‘, potendosi ricondurre le prestazioni in queste ultime indicate ‘ all’adempimento del formale rapporto sottostante chiaramente convenuto ‘;
che in tal modo i giudici di appello hanno dunque accertato, in fatto, la idoneità dei riferimenti predetti ad integrare le indicazioni contenute nelle fatture sottese alle riprese per cui è causa;
che la difesa erariale, nel contestare la correttezza di tale conclusione (assumendo che, tanto l’originario contratto stipulato
tra le parti, quanto i successivi aggiornamenti quanto, infine, i singoli incarichi conferiti alla RAGIONE_SOCIALE siano di tal genericità da non consentire di ritenere assolto l’onere probatorio gravante sui contribuenti) ancora una volta punta, in realtà ed in presenza, peraltro, di una doppia motivazione conforme delle decisioni di merito (cfr. Cass. Sez. 6-2, 9.3.2022, n. 7724, Rv. 664193-01), ad una (ri)lettura del materiale istruttorio in atti, attività per ciò stesso preclusa a questa Corte (arg. da Cass. Cass., Sez. 3, 1.6.2021, n. 15276, Rv. 661628-01);
che con la seconda parte del secondo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) la ‘ violazione e falsa applicazione artt. 109 TUIR e 2697 c.c. ‘ (cfr. ricorso p. 9), per avere la C.T.R. erroneamente ritenuto l’Ufficio inottemperante all’onere della prova sullo stesso asseritamente gravante, quanto al ‘ valore normale dei servizi acquistati, ovvero di un aspetto delle operazioni che non rileva ‘ (cfr. ricorso p. 12, ult. cpv.);
che con il quarto motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) la ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 54 comma 6 bis del TUIR ‘ (cfr. ricorso, p. 17), per avere la C.T.R. erroneamente escluso l’applicabilità della richiamata disposizione per effetto della mancanza, rispetto al rapporto negoziale esistente tra la RAGIONE_SOCIALE, da un lato, e la RAGIONE_SOCIALE, dall’altro, di un vincolo di ‘esclusiva’ in favore della prima nella prestazione dei servizi in commento da parte della seconda, laddove trattasi, al contrario, di elemento affatto estraneo alla fattispecie regolata dalla norma in commento;
che i motivi -suscettibili di trattazione congiunta, per identità delle questioni agli stessi sottese -sono inammissibili;
che la decisione impugnata specificamente giustifica l’inapplicabilità, alla fattispecie, dell’art. 54, comma 6 -bis del d.P.R. n. 917 del 1986 (a mente del quale sono in ogni caso indetraibili i costi sostenuti per compensi elargiti nei confronti di ben individuate categorie di familiari), rilevando che: a) l’attività prestata dalla RAGIONE_SOCIALE in favore dell’ ASSOCIAZIONE non è svolta in esclusiva, prevedendosi ‘ la possibilità di intrattenere rapporti di retribuito servizio anche con terzi estranei al contesto familiare, tanto escludendo la personalizzazione pretesa dalla norma quanto ‘ai compensi’ erogati ed alla loro indetraibilità’ ; b) non sia stato in ogni caso contestato dall’Ufficio (né, tantomeno, provato) alcuno scostamento tra il corrispettivo pattuito ed il ‘valore normale’ dei servizi scambiati; c) non sia stato contestato dall’Ufficio ‘ il riferimento all’inerenza dei costi’ (le scritture contabili sono state constatate corrette) ‘;
che, se per quanto attiene alla questione della insussistenza di lavoro in esclusiva per lo studio associato, si tratta di un accertamento in fatto (non sindacabile in questa sede, per quanto già esposto supra ), con cui la C.T.R. ha escluso la natura personale (e, quindi, familiare) delle prestazioni in commento, e se è vero che la C.T.R. confonde il concetto di ‘valore normale’ ex art. 9 del d.P.R. n. 917 del 1986 (in tema di valutazione dei componenti derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, le quali direttamente o indirettamente controllano l’impresa o ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società controllante l’impresa nazionale ed al quale espressamente rinviano le decisioni di questa Corte – Cass. n. 11949 del 2012 e Cass. n. 1709 del 2007 – richiamate dai giudici di appello), irrilevante rispetto all’applicabilità o meno dell’art. 54 cit. (come per le valutazioni in tema di inerenza), con quello di
‘antieconomicità’ – intesa come sproporzione tra la spesa e l’utilità che ne deriva, avuto riguardo agli ulteriori dati contabili dell’impresa -che può (anche) fungere da elemento sintomatico del difetto di inerenza (arg. da Cass., Sez. 5, 15.11.2022, n. 33568, Rv. 666432-01), cionondimeno è anche vero che detto predicato (l’antieconomicità, cioè) ben si adatta non tanto ai (soli) costi (qui in discussione) quanto al rapporto, del tutto estraneo, invero, al thema decidendum -con conseguente irrilevanza della relativa questione – tra questi ed i ricavi;
che con il terzo motivo, infine, la difesa di parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) della ‘ violazione e falsa applicazione dei principi in tema di divieto di abuso del diritto ‘ (cfr. ricorso, p. 13), per non avere la RAGIONE_SOCIALE considerato che, a tutto volere, le operazioni intercorse tra la RAGIONE_SOCIALE, da un lato, e la RAGIONE_SOCIALE, dall’altro, ‘ acquistano un senso logico solo se considerate come improntate a realizzare un risparmio fiscale ‘ (cfr. ricorso, p. 17) giacché, ‘ se non fosse stata costituita la società di servizi, i compensi per il servizio di disbrigo pratiche amministrative sarebbero stati direttamente erogati ai familiari, cosicché lo studio RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto dedurli dal proprio reddito’ (cfr. ricorso, p. 14);
che il motivo è inammissibile;
che è sufficiente considerare che, per quanto emergente dalle allegazioni difensive di parte ricorrente (ove non si discute affatto di pretesa impositiva su fatti non realmente posti in essere), potrebbe discorrersi, al più e nella rigorosa verifica fattuale (che non spetta, comunque, a questa Corte svolgere), di evasione, piuttosto che di abuso del diritto (arg. da Cass., Sez. 5, 18.12.2019, n. 33593, Rv. 656309-01): sennonché, si tratta
di profilo non oggetto di censura, con conseguente insussistenza di interesse al vaglio del (diverso) profilo relativo alla ricorrenza di una ipotesi di abuso di diritto;
Ritenuto, in conclusione, che il ricorso debba essere rigettato, con la condanna dell’ RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t. , al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., nonché di COGNOME e COGNOME delle spese del presente giudizio di legittimità;
che, risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non trova applicazione l’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Per l’effetto, condanna l’ RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t. , al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., nonché di COGNOME e COGNOME delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in € 200,00 (duecento/00) per esborsi ed € 7.600,00 (settemilaseicento/00) per compenso professionale, oltre al 15% su tale ultimo importo per rimborso forfettario spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione