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Deducibilità costi carburante: la Cassazione decide

Una società di commercio auto ha impugnato avvisi di accertamento che negavano la deducibilità di vari costi. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19827/2025, ha respinto il ricorso sulla deducibilità costi carburante, confermando che, per la normativa all’epoca vigente, solo le apposite schede carburante erano prova idonea, non le semplici fatture. Tuttavia, ha accolto il motivo relativo al metodo di accertamento fiscale, cassando la sentenza e rinviando il caso per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 21 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità costi carburante: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19827 del 2025, è tornata su un tema cruciale per imprese e professionisti: la deducibilità costi carburante. La pronuncia analizza la normativa applicabile prima delle modifiche del 2019, stabilendo principi importanti sulla documentazione necessaria per detrarre costi e IVA e sui poteri di accertamento dell’Agenzia delle Entrate.

I fatti del caso

Una società operante nel commercio di autoveicoli si è vista recapitare diversi avvisi di accertamento per gli anni 2008, 2009 e 2010. L’Agenzia delle Entrate contestava maggiori imposte dirette e IVA, derivanti da ricavi non contabilizzati e costi indebitamente dedotti.
In particolare, i rilievi riguardavano:
1. Spese per carburante, ritenute non sufficientemente documentate.
2. Costi di locazione e migliorie su immobili di terzi.
3. Costi per riparazioni meccaniche considerate oggettivamente inesistenti.
4. IVA indetraibile su acquisti di beni.

La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione all’Amministrazione Finanziaria, confermando la bontà degli accertamenti. La società ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando l’errata applicazione di diverse norme fiscali e procedurali.

La questione della deducibilità costi carburante

Il cuore del primo motivo di ricorso verteva sulla deducibilità costi carburante. La società sosteneva di aver provato i costi attraverso le fatture emesse dal gestore dell’impianto, complete di tutti i dati necessari. Secondo la sua tesi, la normativa sulla “scheda carburante” non doveva applicarsi nel suo caso, poiché il carburante era destinato ad automezzi oggetto dell’attività di vendita (beni merce) e non a veicoli strumentali.

La Cassazione ha respinto categoricamente questa tesi. I giudici hanno richiamato il consolidato orientamento secondo cui, per la normativa vigente all’epoca dei fatti (D.P.R. n. 444/1997), la deducibilità delle spese per carburante per autotrazione era subordinata inderogabilmente alla compilazione della cosiddetta “scheda carburante”. Questo documento non ammetteva equipollenti, come le fatture, e la sua corretta tenuta era un requisito essenziale indipendentemente dalla contabilizzazione dell’operazione.

La Corte ha precisato che la norma non faceva alcuna distinzione tra carburante acquistato per veicoli strumentali e quello per veicoli destinati alla vendita. La disciplina era unica e valeva per tutti i soggetti passivi IVA.

Gli altri motivi di ricorso

La Corte ha esaminato anche gli altri motivi di contestazione sollevati dalla società.

Il rigetto dei motivi su locazioni e operazioni inesistenti

Anche i motivi relativi alla deducibilità dei canoni di locazione e dei costi per riparazioni sono stati respinti.
– Per i canoni di locazione, la Corte ha giudicato inammissibile il ricorso perché non affrontava la reale motivazione della sentenza di secondo grado. I giudici d’appello avevano negato la deduzione non per vizi formali del contratto, ma per la palese contraddittorietà della documentazione (le fatture provenivano da un soggetto diverso dal locatore).
– Per le operazioni ritenute inesistenti, la Cassazione ha confermato la validità del ragionamento presuntivo della Commissione Tributaria. La combinazione di vari indizi (mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali da parte dell’officina, arresto del titolare, discrepanze documentali, una lettera della stessa società che lamentava manomissioni) è stata ritenuta sufficiente a fondare la presunzione di inesistenza delle prestazioni fatturate.

L’accoglimento del motivo sull’accertamento fiscale

L’unico motivo accolto è stato quello relativo al metodo di accertamento. La Commissione Tributaria Regionale aveva convalidato l’accertamento analitico-induttivo basato sull’inattendibilità della contabilità, ma, secondo la Cassazione, lo aveva fatto in modo errato. I giudici di merito avevano frainteso l’argomentazione del contribuente, che utilizzava una documentazione extracontabile (“prima nota”) per contestare i rilievi, non per sostenere la propria contabilità. La Corte ha rilevato un “errore di sussunzione”: la sentenza d’appello, pur richiamando correttamente il principio che l’accertamento può basarsi su prove extracontabili, non ha poi specificato quali elementi gravi, precisi e concordanti giustificassero concretamente i rilievi dell’Ufficio.

Le motivazioni della decisione

La sentenza si fonda su principi consolidati del diritto tributario. In primo luogo, il principio di specificità e tassatività delle prove richieste dalla legge fiscale: se la norma (all’epoca) prevedeva la scheda carburante, nessun altro documento poteva sostituirla per la deducibilità costi carburante. In secondo luogo, il potere del giudice di merito di fondare la propria decisione su prove presuntive, purché gli indizi siano gravi, precisi e concordanti e valutati nel loro complesso. Infine, il dovere del giudice di specificare le ragioni della propria decisione, soprattutto quando conferma un accertamento induttivo che deroga alla contabilità formale del contribuente. La motivazione non può essere generica ma deve ancorarsi a elementi fattuali precisi.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha rigettato i primi tre motivi di ricorso, confermando l’indeducibilità dei costi per carburante, locazione e riparazioni per carenze probatorie. Ha però accolto il quarto motivo, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado. Quest’ultima dovrà riesaminare la legittimità dell’accertamento dei maggiori ricavi, specificando su quali elementi indiziari gravi, precisi e concordanti si fonda la pretesa fiscale. La decisione rappresenta un’importante lezione sulla necessità di una documentazione fiscale impeccabile e, al contempo, un monito per l’Amministrazione Finanziaria a motivare puntualmente i propri accertamenti basati su presunzioni.

Prima del 2019, una fattura poteva sostituire la scheda carburante per la deducibilità dei costi?
No. Secondo la sentenza, la normativa all’epoca vigente (D.P.R. n. 444/1997) prevedeva la scheda carburante come unico documento idoneo a provare l’acquisto di carburante per autotrazione ai fini della deducibilità dei costi e della detrazione IVA, senza ammettere documenti equipollenti come le fatture.

La deducibilità dei costi del carburante si applica in modo diverso se l’auto è un bene strumentale o un bene merce destinato alla vendita?
No. La Corte ha chiarito che la norma sulla scheda carburante si applicava a tutti i contribuenti soggetti IVA per gli acquisti di carburante per autotrazione, senza distinguere se i veicoli fossero utilizzati come beni strumentali per l’attività o come beni merce destinati alla rivendita.

Quando l’Agenzia delle Entrate può usare un accertamento analitico-induttivo basato su scritture extracontabili?
L’Agenzia può ricorrere a tale metodo quando la contabilità ordinaria risulta inattendibile. Tuttavia, la sentenza ha specificato che, in sede di giudizio, il giudice che conferma tale accertamento deve indicare in modo puntuale quali sono gli elementi indiziari gravi, precisi e concordanti che dimostrano la fondatezza dei rilievi, non potendo basarsi su una motivazione generica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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