Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 6 Num. 14113 Anno 2019
Civile Ord. Sez. 6 Num. 14113 Anno 2019
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 23/05/2019
ORDINANZA
sul ricorso 188-2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE IN FALLIMENTO;
– intimata – avverso la sentenza n. 4081/11/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 12/10/2017; il
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
Con sentenza in data 12 ottobre 2017 la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la decisione di primo grado che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dal Fallimento della RAGIONE_SOCIALE contro gli avvisi di accertamento per gli anni 2010, 2011 e 2012 con i quali venivano recuperati a tassazione costi per «compensi agli amministratori» ritenuti indeducibili, in quanto, pur risultando dal bilancio approvato, non trovavano fondamento in una previsione statutaria né in apposita delibera dell’assemblea dei soci. Riteneva la CTR che «laddove l’emolumento degli amministratori, benché privo di delibera “ad hoc”, risulti certo e determinato come nel caso di specie (ove l’entità risulta inserita nel bilancio di esercizio e non vi sono dubbi sull’inerenza della gestione d’impresa) non vi è ragione per negare la deducibilità di esso quale voce di costo».
Avverso la suddetta sentenza, con atto del 18/21 dicembre 2017, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
L’intimato non ha svolto difese.
Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 95 e 109 t.u.i.r. nonché dell’art. 2389 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. Censura la ricorrente la sentenza
Ric. 2018 n. 00188 sez. MT – ud. 15-01-2019 -2-
impugnata per avere la CTR ritenuto, in difformità della giurisprudenza di legittimità, che il fatto che i compensi corrisposti agli amministratori non trovassero fondamento in una delibera dell’assemblea dei soci non impedisse la deducibilità del correlato costo, essendo all’uopo sufficiente l’inserimento della relativa voce nel bilancio approvato.
Il ricorso è fondato.
Ed invero, la decisione della CTR si pone in aperto contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte, in base al quale qualora la determinazione della misura del compenso degli amministratori di società di capitali non sia stabilita nell’atto costitutivo, è necessaria un’esplicita deliber assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, atteso: a) la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall’essere la disciplina del funzionamento delle società dettata anche nell’interesse pubblico al regolare svolgimento dell’attività economica, oltre che dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall’assemblea; b) la distinta previsione della delibera di approvazione del bilancio e di quella di determinazione dei compensi; c) la mancata liberazione degli amministratori dalla responsabilità di gestione, nel caso di approvazione del bilancio; d) il diretto contrasto delle delibere tacite ed implicit con le regole di formazione della volontà della società; conseguentemente, l’approvazione in sé del bilancio, pur se contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori, non è idonea ai predetti fini, salvo che un’assemblea convocata solo per l’approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori (Cass. n. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ric. 2018 n. 00188 sez. MT – ud. 15-01-2019 -3-
11779/2016; nello stesso senso, Cass. n. 21953/2015, Cass n. 5349/2014).
Alla stregua dei richiamati arresti giurisprudenziali, la sentenza impugnata, che ha affermato la deducibilità dei compensi corrisposti agli amministratori per il sol fatto che la relativa posta fosse inserita nel bilancio approvato, va dunque cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del Fallimento della società contribuente.
Le spese dei gradi di merito possono essere compensate tra le parti, mentre le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorsó, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del Fallimento della società contribuente.
Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito; condanna il Fallimento della società contribuente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in C 5.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma il 15 gennaio 2019.