Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13145 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13145 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6589/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE PER RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in INDIRIZZO presso la Cancelleria della Suprema Corte di RAGIONE_SOCIALEzione rappresentata e difesa dell’avvocato COGNOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dell’avvocato AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE), indirizzo P.E.C. EMAIL
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA n. 5806/2022 depositata il 08/08/2022;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
la Commissione Tributaria Regionale della Campania, con la sentenza n. 5806/20/2022, confermava la sentenza n. 1515/20/2021, pronunciata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, avverso l’avviso di accertamento n. 19000001537 relativo alla TARSU per l’anno 2012, emesso e notificato a cura del RAGIONE_SOCIALE.T.I. RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE) –RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALE;
i giudici di appello ritenevano fondata l’eccezione formulata da parte contribuente, ai sensi dell’art. 1, comma 161, della legge 296/2006, sul presupposto dell’intervenuta decadenza del potere dell’ente di accertare l’omesso versamento del tributo;
3. contro detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, la R.T.I. RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE EPE) –RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE cui ha resisto la società RAGIONE_SOCIALE;
3.1. la ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’ art. 360, primo comma n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 161, della legge 296/2006 assumendo che la C.T.R., violando la disposizione richiamata, aveva rigettato l’appello dell’ente di riscossione sul presupposto dell’intervenuta decadenza del potere dell’ente di accertare l’omesso pagamento, errando nell’individuare il momento in cui si concretizzava la relativa violazione accertabile nel termine decadenziale del 31 dicembre del quinto anno ed, infatti, non essendo la TARSU un tributo in autoliquidazione, non era normativamente previsto un termine perentorio per il suo versamento, pertanto, essa veniva riscossa solo a seguito di espressa richiesta dell’ente (notifica dell’avviso di pagamento), la cui inottemperanza legittimava il Comune ad emettere il successivo avviso di accertamento nel termine decadenziale del 31 dicembre del quinto anno successivo a detta richiesta;
4. il Consigliere delegato ha formulato, in data 15 ottobre 2023, proposta per la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. ritenendo corretta la decisione impugnata che aveva ritenuto maturata l’eccepita decadenza e manifestamente infondato il ricorso sulla scorta del principio per cui la notifica di un avviso di pagamento, costituendo la manifestazione di una volontà impositiva ancora in itinere e non formalizzata in un atto cancellabile solo in via di autotutela (o attraverso l’intervento del giudice) (ex plurimis: Cass., Sez. Un., 24 luglio 2007, n. 16293; Cass., Sez. 5^, 15 maggio 2008, n. 12194; Cass., Sez. 5^, 15 giugno 2010, n. 14373), non può valere ad interrompere e rinnovare la decorrenza del termine di decadenza quinquenn ale di cui all’art. 1, comma l. n. 296/2006, ostandovi la preclusione dell’art. 2964 c.c. (Sez. 5, Sentenza n. 6572 del 2020), né può rappresentare il dies a quo di decorrenza del detto termine nonché richiamando il principio per cui in tema di TARSU, il tenore letterale della disposizione sull’obbligo di denuncia contenuta nell’art. 70, comma 1, d.lgs. n. 507 del 1993, secondo cui la denuncia dei locali ed aree tassabili va presentata al Comune entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione, impone di differenziare la detenzione o occupazione dei locali che sia in corso fin dall’inizio del periodo di imposta e, comunque, prima del 20 gennaio, dal caso in cui tale situazione si sia verificata in epoca successiva. Nel primo caso (riguardante la fattispecie in esame), il termine di decadenza di cui all’art. 1, comma 161, l. n. 296 del 2006 decorre dall’anno corrente, nel secondo caso dal 20 gennaio dell’anno successivo (Sez. 5, Sentenza n. 19531 del 17/06/2022); 5. a fronte di detta proposta la società ricorrente ha chiesto la decisione della causa con atto in data 20 ottobre 2023; la società controricorrente ha depositato memoria;
CONSIDERATO CHE
1. parte ricorrente, nel richiamare le difese di cui al ricorso, rileva che il Consigliere delegato, nel formulare la proposta in questione,
era incorso nell’equivoco per cui l’oggetto del giudizio era un accertamento per omessa e/o infedele dichiarazione, mentre l’atto in contestazione era un accertamento per omesso pagamento del tributo, introdotto per la prima volta con la legge 296/2006 (Finanziaria 2007) i cui termini di decadenza andavano computati in maniera differente;
1.1. assume, in particolare, che nel sistema della riscossione diretta dei Comuni, per la TARSU, non vi era un autonomo termine di versamento che il contribuente avrebbe dovuto rispettare, la cui violazione legittimava l’accertamento da parte dell’ente ed allora, il dies a quo, nella riscossione diretta, lo determinava la notifica della richiesta del tributo inviata dal Comune (avviso di pagamento o sollecito o invito), il cui inadempimento legittimava e imponeva l’accertamento da parte della pubblica amministrazione dell’omesso pagamento per cui, nel caso di specie, l’avviso di pagamento pacificamente notificato nel 2017 aveva avuto proprio la funzione di costituire in mora il contribuente e, pertanto, solo dopo la formale richiesta di pagamento del tributo da parte del Comune, non adempiuta dal contribuente, poteva concretizzarsi la violazione dell'”omesso pagamento” sanzionabile ex art. 1, comma 161, legge 296/2006 con l’accertamento da notificarsi entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui il versamento doveva essere eseguito;
1.2. ad avviso di parte ricorrente, nel caso specifico, la notifica dell’avviso di pagamento, che aveva fatto insorgere in capo al contribuente l’obbligazione tributaria, era sorta il 16/10/2017, con la chiara comunicazione della pretesa impositiva vantata dall’ente che, in quanto tale, non solo era perfettamente idonea ad interrompere il decorso del termine di prescrizione, ma segnava anche il momento a partire dal quale, in caso di mancato pagamento, iniziava a decorrere il quinquennio decadenziale introdotto dalla legge 296/2006 per la notifica del successivo avviso di accertamento, con
la conseguenza che il comportamento sanzionabile del contribuente era integrato dall’aver disatteso il pagamento richiesto con l’avviso notificato il 24/11/2017 e, pertanto, era da ritenere tempestiva la notifica dell’accertamento avvenuta il 4 Novembre 2019 e, cioè, appunto entro il quinto anno successivo al mancato pagamento (richiesto nel 2017);
i motivi di ricorso (pure valutate le deduzioni di cui all’ atto in data 20.10.2023), sono da ritenere manifestamente infondati, come condivisibilmente ritenuto dal Consigliere delegato;
2.1 nel caso in esame è incontestato che l’avviso di accertamento per l’omesso versamento della TARSU per l’anno 2012 era stato notificato soltanto il 31 ottobre 2019, pur essendo stato preceduto da un “avviso di pagamento” notificato nel mese di gennaio dell’anno 2017;
2.2. orbene, in base al combinato disposto dell’art. 1, comma 161 e comma 172, lett. b, della legge 27 dicembre 2006 n. 296, l’avviso di accertamento d’ufficio in ordine alla imposta dovuta per l’anno doveva essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato, e quindi entro il 31 dicembre 2017, essendone obbligatorio il versamento entro il 31 dicembre 2012. Né la notifica dell’avviso di pagamento in parola (come correttamente rilevato dal Consigliere delegato) – da considerare come manifestazione di una volontà impositiva ancora in itinere e non formalizzata in un atto cancellabile solo in via di autotutela (o attraverso l’intervento del giudice) (vedi Cass., Sez. Un., 24 luglio 2007, n. 5 16293; Cass., Sez. 5^, 15 maggio 2008, n. 12194; Cass., Sez. 5^, 15 giugno 2010, n. 14373) – poteva valere ad interrompere e rinnovare la decorrenza del termine di decadenza, ostandovi la preclusione dell’art. 2964 cod. civ.;
2.3. giova ribadire che l’art. 1, comma 161, della legge 27 dicembre 2006 n. 296, stabilisce testualmente che «gli enti locali,
relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio RAGIONE_SOCIALE omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica o d’ufficio devono essere notificati a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati». Ne discende che il termine sancito per l’esercizio della pretesa tributaria da parte del Comune di materia di TARSU ha chiara natura decadenziale, sicché non soffre interruzioni, e la decadenza può essere esclusa soltanto dal compimento, entro il tempo stabilito, dell’atto a cui si riferisce;
in conclusione per quanto argomentato, il ricorso è da ritenere manifestamente infondato e va disatteso;
3.1. in forza del principio della soccombenza, parte ricorrente deve essere condannata al rimborso RAGIONE_SOCIALE spese di lite, liquidate come in dispositivo e da distrarre in favore del legale di parte controricorrente dichiaratosi antistatario;
3.2. essendo la decisione resa in tema di procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022, con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e giudizio definito in piena conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE ulteriori somme ex art. 96, terzo e quarto, comma cod. proc. civ., sempre come liquidate in dispositivo (vedi, sul punto, Cass. S.U. 27195/2023);
3.3. ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della legge n. 228 del 2012, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.500,00 per compensi oltre ad euro 200,00 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, se dovuti, somme da distrarsi in favore dell’AVV_NOTAIO dichiaratosi antistatario; condanna, altresì, parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, terzo comma cod. proc. civ., al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di euro 2.500,00 equitativamente determinata, nonché -ai sensi dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ. – al pagamento della somma di euro 1.500,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE; ai sensi dell’ar t. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data