Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16783 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 16783 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17376/2021 R.G. proposto da: RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la RAGIONE_SOCIALE della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE nonché dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOMEC.F. LFN CODICE_FISCALE presso il cui
studio in Roma INDIRIZZOè elettivamente domicilia
– controricorrente e ricorrente in via incidentale – avverso la SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA n. 231/2021 depositata il 12/01/2021.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Sentito l’ Avv. NOME COGNOME per parte ricorrente, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso .
Sentito l’ Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME per parte controricorrente che ha concluso per il rigetto del ricorso in via principale e l’accoglimento del ricorso incidentale.
sentito il P.G. che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale.
FATTI DI CAUSA
La CTR Campania, con la sentenza n. 231/1/2021, depositata il 12.01.2021 e non notificata, in parziale riforma della sentenza di primo grado – con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla Società RAGIONE_SOCIALE avverso l’avvi so di accertamento TARSU per l’anno 2012 notificato il 21.12.2017 -accoglieva l’appello avanzato dal Raggruppamento Temporaneo di Imprese (R.T.I.), costituito da Agenzia delle Entrate – Riscossione (già Equitalia RAGIONE_SOCIALE), RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE limitatamente al pagamento del tributo, ritenendo, invece, non dovute sanzioni, interessi ed oneri accessori.
Contro detta sentenza propone ricorso per cassazione il Raggruppamento Temporaneo RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi.
La RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, deducendo l’inammissibilità del ricorso per inesistenza della notifica dello stesso in quanto la relata di notificazione riguardava un differente atto giudiziario nonché per difetto di autosufficienza, e
proponendo, a sua volta, ricorso incidentale cui ha resistito con controricorso parte ricorrente.
La Procura Generale ha depositato conclusioni scritte, chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale.
Parte ricorrente ha depositato memoria conclusiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il RTI ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c., violazione degli artt. 1, comma 161, legge n. 296/2006, 13 d.lgs. 471/1997, 7 legge n. 212/2000 nonché dell’art. 3 del Regolamento approvato con Delibera n. 98 del 7.5.1984 ritenendo erronea la decisione che aveva escluso l’applicabilità di sanzioni, interessi ed oneri accessori all’ipotesi dell’omesso versamento della imposta.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., omessa valutazione di un fatto decisivo in relazione agli artt. 1, comma 161, legge 296/2006, 13 d.lgs. 471/1997, 7 legge n. 212/2000 nonchè dell’art. 3 del suindicato Regolamento, lamentando che i giudici di appello, violando la normativa suddetta, avevano omesso di esaminare quanto allegato e dedotto in merito alla circostanza che con l’accertamento impugnato la parte contribuente era stata sanzionata per il mancato pagamento della tassa richiesta con un prodromico avviso di pagamento che la società non aveva nemmeno impugnato.
Con il proposto ricorso incidentale la società contribuente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c., la violazione dell’art. 1, comma 161, legge 296/2006 e dell’art. 14 -ter del Regolamento Comune di Napoli approvato con deliberazione consiliare n. 98 del 7 maggio 2004, assumendo che la CTR, erroneamente, aveva ritenuto applicabile nella fattispecie in esame il termine di decadenza quinquennale per la notifica della pretesa impositiva, anziché quello triennale previsto per gli atti di riscossione.
Per ragioni di ordine logico occorre, preliminarmente, esaminare il ricorso incidentale che appare fondato.
Va richiamato il condivisibile principio di diritto secondo cui in tema di TARSU, il termine di decadenza annuale, di cui all’art. 72 del d.lgs. n. 507 del 1993, opera in via generale ove il Comune si avvalga del sistema di riscossione mediante ruolo, basandosi su una denuncia, sia pure tardiva, del contribuente, sicché l’importo deve essere iscritto a ruolo, a pena di decadenza, entro l’anno successivo a quello per il quale è dovuto il tributo o, in caso di liquidazione in base a denuncia tardiva, entro l’anno successivo a quello nel corso del quale è prodotta la predetta denuncia, mentre in assenza di una denuncia o in presenza di una denuncia incompleta o infedele, trovano applicazione i commi 161 e 163 dell’art. 1 della l. n. 296 del 2006, sicché al contribuente va notificato il previo avviso di accertamento e il relativo titolo esecutivo deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo (Cass. 17491/2024).
Deve, quindi, evidenziarsi che secondo quanto già ritenuto da questa Corte “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), l’art. 72, comma 1, del d.lgs. n. 507 del 1993, attribuisce ai Comuni la facoltà eccezionale, non suscettibile di applicazioni estensive, di procedere direttamente alla liquidazione della tassa ed alla conseguente iscrizione a ruolo sulla base dei ruoli dell’anno precedente, purché sulla base di dati ed elementi già acquisiti e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione, sicché, salvo il caso di omessa denuncia o incompleta dichiarazione da parte del contribuente, non occorre la preventiva notifica di un atto di accertamento.” (cfr. Cass. n. 22248 del 2015 e n. 19120 del 2016). Nell’ipotesi in cui il Comune proceda ad un accertamento trova applicazione l’art. 1, comma 161, della legge n. 296 del 2006 secondo cui “gli enti locali, relativamente ai tributi di propria
competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica o d’ufficio devono essere notificati a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati”. Tale disciplina ha aumentato a cinque anni il termine di decadenza, essendo stato abrogato dall’art. 1, comma 172, della stessa legge, con decorrenza dall’1.7.2007, il previgente art. 71 comma 1, del d.lgs. n. 507 del 1993 che prevedeva, invece, il termine triennale. La norma, che ha disciplinato e modificato solo l’ipotesi della riscossione coattiva di tributi locali a seguito di accertamento, non può trovare, invece, applicazione nell’ipotesi in cui il Comune decida di avvalersi del sistema di riscossione tramite ruolo.
Nella specie secondo quanto ricostruito dalla medesima CTR (v. pag. 14 della sentenza impugnata), non ricorreva un’ipotesi di omessa, infedele ovvero incompleta dichiarazione da parte del contribuente nè risultava provata alcuna modificazione o variazione degli elementi acquisiti dal Comune a seguito della denuncia del contribuente tali da rendere necessaria l’adozione di un vero e proprio avviso di accertamento, assoggettato al termine decadenziale quinquennale. Gli stessi giudici di appello hanno, del resto, escluso la debenza delle sanzioni proprio in ragione della circostanza che l’atto impositivo era stato adottato sulla scorta della dichiarazione già in possesso dell’ente.
Ricorreva, quindi, l’ipotesi di cui all’art. 72, comma 1, del d.lgs. n. 507 del 1993, implicante il potere del Comune di procedere direttamente alla liquidazione della tassa ed alla conseguente iscrizione a ruolo in forza dei ruoli dell’anno precedente, sulla base
di dati ed elementi già acquisiti e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione.
Trattandosi, pertanto, di un mero atto di riscossione a mezzo iscrizione a ruolo, l’atto impugnato è da ritenere tardivo contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di appello.
Muovendo da tale ricostruzione e dalla individuazione della normativa applicabile alla fattispecie in esame, può procedersi, quindi, all’esame del ricorso principale.
Occorre premettere che, contrariamente a quanto eccepito da parte controricorrente, la notifica di tale ricorso non può ritenersi inesistente sulla scorta delle linee ermeneutiche fissate in tema di inesistenza/nullità della notifica da Cass. Sez. U. n. 14916/2016.
Ciò rilevato deve osservarsi che entrambi i motivi sono privi di fondamento.
7.1. Il primo risulta, all’evidenza, infondato: in ragione della accertata decadenza del potere impositivo non può venire in discussione la questione relativa alla debenza, da parte della società contribuente, delle sanzioni e degli oneri accessori.
7.2. Anche il secondo motivo , formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 5., c.p.c., non coglie nel segno.
Occorre evidenziare che la “decisività” del fatto, il cui omesso esame costituisce un vizio della sentenza censurabile per cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012), deve essere, a pena di inammissibilità del motivo, chiaramente allegata dal ricorrente, che è tenuto a rappresentare non solo quale sia il fatto di cui sia stato omesso l’esame, ma anche il rapporto di derivazione diretta tra l’omesso esame e la decisione, a lui sfavorevole, della controversia. (Cass.n. 29954/2022).
Orbene osserva questo Collegio che in ragione della ricorrenza dell’ipotesi di cui all’art. 72, comma 1, del d.lgs. n. 507 del 1993, difetta ogni dimostrazione del carattere di decisività della
documentazione il cui esame sarebbe stato pretermesso dai giudici di merito.
In conclusione va accolto il ricorso incidentale e rigettato il ricorso principale; la sentenza impugnata va, quindi, cassata, e non essendo necessario, alla luce della disciplina IMU anzi cennata, alcun ulteriore accertamento in fatto -risultando, come detto tardiva la notifica dell’atto riscossivo de quo -la causa può essere decisa nel merito, con accoglimento del ricorso originario di parte contribuente.
Le spese del giudizio di merito possono essere integralmente compensate, mentre le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso incidentale, rigetta il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario di parte contribuente; dichiara integralmente compensate le spese dei giudizi di merito; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in euro 6.000,00, oltre ad euro 200,00 per esborsi ed oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente in via principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione