Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15778 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15778 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. R.G. 8564-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
COMUNE DI GAETA , in persona del Sindaco pro tempore
-intimato- avverso la sentenza n. 4591/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 23/7/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/5/2024 dal Consigliere Relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE (di seguito la Società) propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva respinto l’appello avverso la sentenza n.
in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di accertamento TARSU 2010 emesso dal Comune di Gaeta;
il Comune è rimasto intimato;
la Società ha da ultimo depositato memoria difensiva;
CONSIDERATO CHE
1.1. con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione del d.lgs. n. 507 del 1993, art. 70, e della legge n. 296 del 2006, art. 1, comma 161, deducendo che, diversamente da quanto affermato dal giudice del gravame, a conferma della sentenza di primo grado, in ordine alla legittimità dell’avviso di accertamento in considerazione della mancata denuncia, ex art. 70 del d.lgs n. 507/1993, da effettuarsi entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione, nella fattispecie veniva in considerazione una detenzione già in corso sin dall’anno 2010, cosicché avrebbe dovuto ritenersi perfezionata la decadenza quinquennale prevista dall’art. 1, comma 161, cit., in ragione della notifica eseguita (il 10/1/2017) in data successiva alla scadenza (31/12/2015) di detto quinquennio;
1.2. con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione del d.lgs. n. 507 del 1993, art. 62, e del d.lgs. n. 285 del 1992, art. 7, sull’assunto che, venendo in considerazione la gestione del servizio correlato alla sosta a pagamento degli autoveicoli, in aree comunali, e senz’alcuna attribuzione dell’area in disponibilità del concessionario di detto servizio, a fronte della disponibilità delle aree in capo agli utenti della strada, non sussisteva il presupposto impositivo della TARSU;
1.3. con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., la violazione del d.lgs. n. 507 del 1993, art. 62, e del d.lgs. n. 285 del 1992, artt. 15 e 211, deducendo che, potendosi
già presumere, per comune conoscenza e logica, che negli spazi destinati a sosta degli autoveicoli non si producono ex se rifiuti, la gravata sentenza aveva omesso di considerare che la presunzione di produzione di rifiuti, posta dall’art. 62, c. 1, cit., rimaneva, nella fattispecie, resistita dai divieti (di getto e deposito di rifiuti) di cui alla disposizione del codice della strada (art. 15, cit.), divieti questi dalla cui violazione consegue la sanzione del ripristino dello stato dei luoghi in capo al trasgressore;
1.4. con il quarto motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., la violazione del l’art. 2697 cod. civ., nonché del d.lgs. n. 600 del 1993, artt. 39 e 42, della legge n. 212/2000, art. 7, e della legge n. 241/1990, artt. 3 e 21 -septies , deducendo la nullità dell’avviso di accertamento per genericità e difetto di motivazione;
2.1. il primo motivo di ricorso è fondato e va accolto, con conseguente assorbimento dei residui motivi,
2.2. in relazione al termine di decadenza previsto dalla legge n. 296 del 2006, art. 1, comma 161, alla cui stregua «gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati», la disposizione che, in tema di TARSU, disciplina l’obbligo di denuncia, secondo la quale la denuncia dei locali ed aree tassabili va presentata al Comune «entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione» (d.lgs. n. 503 del 1997, art. 70, c. 1), impone di differenziare la detenzione o occupazione dei locali che sia in corso fin dall’inizio del periodo di imposta e, comunque, prima del 20 gennaio, dal caso in cui tale situazione si sia verificata in epoca successiva; nel primo caso il termine di decadenza decorre dall’anno corrente, nel secondo caso dal 20 gennaio dell’anno successivo (cfr. Cass., 29 aprile 2020, n. 8275; Cass., 1 febbraio 2019, n. 3058; Cass., 3 novembre 2016, n. 22224; Cass., 21 giugno 2016, n. 12795);
2.3. la Corte ha posto in rilievo, al riguardo, il chiaro dettato normativo che fa riferimento al «20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione», e non anche al 20 gennaio «dell’anno» successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione, ed ha rimarcato che laddove il legislatore
avesse inteso postergare il momento dichiarativo «all’anno successivo» l’avrebbe espressamente previsto, così come avvenuto, ad esempio, col d.lgs. n. 504 del 1992, art. 10, comma 4, che, in tema di ICI, dispone che «i soggetti passivi devono dichiarare gli immobili posseduti nel territorio dello Stato, … entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui il possesso ha avuto inizio», cioè l’anno successivo a quello oggetto di imposizione»;
2.4. nel caso in esame (relativa a TARSU 2010) la detenzione era già in corso sin dall’anno 2007, sicché, trattandosi di omessa denuncia, il quinquennio rilevante, ai fini della decadenza, andava a maturare al 31 dicembre 2015, a fronte di avviso di accertamento notificato il 10/1/2017;
l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con accoglimento del ricorso originario della contribuente;
le spese dei gradi di merito vanno compensate tra le parti, in ragione del progressivo consolidarsi dei principi giurisprudenziali nella fattispecie applicati, mentre le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza;
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i rimanenti motivi; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente; compensa, tra le parti, le spese dei gradi di merito e condanna il Comune di Gaeta al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 6.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, nonché spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge, se dovuti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da