Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25865 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25865 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 483/2022 proposto da:
Carime NOME COGNOME, nato a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA ed ivi residente in INDIRIZZO, alla INDIRIZZO (C.F.: CODICE_FISCALE) , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE), giusta procura in calce al ricorso, presso il cui studio, sito in Roma, alla INDIRIZZO, elegge domicilio (fax: NUMERO_TELEFONO; indirizzo pec: EMAIL);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t. (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, giusta determina n. 642 del 17.05.2021, dall’AVV_NOTAIO ( C.F.: CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, come da procura in calce al controricorso (fax: NUMERO_TELEFONO; pec:
Avviso accertamento Tarsu scalo di alaggio Decadenza potere impositivo
EMAIL.);
-controricorrente –
-avverso la sentenza n. 1777/2021 emessa dalla CTR Calabria in data 19/05/2021 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che
La CTP di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE accoglieva il ricorso proposto da COGNOME NOME avverso l’avviso di accertamento n. 9102047180060051 del 3.10.2018, notificato in data 11.10.2018, avente ad oggetto l’omessa denuncia ed il mancato versamento della tassa smaltimento dei rifiuti solidi urbani per l’anno d’imposta 2012, ritenendo, a fronte della mancata costituzione del Comune, non soddisfatto l’obbligo di motivazione.
Sull’impugnazione del Comune, la CTR della Calabria accoglieva l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigettava il ricorso, affermando che l’avviso di accertamento Tarsu era adeguatamente motivato, che l’imposta era dovuta anche per il 2012, visto che dalla documentazione allegata (delibera di concessione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) emergeva che in tale anno era in essere la concessione e che l’esclusione dalla tassa dedotta dall’appellato era infondata, non potendosi negare che lo scalo di alaggio fosse un’area scoperta ed essendo indifferente la destinazione che di essa veniva fatta.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME COGNOME sulla base di quattro motivi. Il Comune di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso.
Considerato che
Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 57 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per aver la CTR rigettato la sua eccezione di inammissibilità dell’appello sulla base della errata convinzione secondo cui il Comune non avrebbe proposto domande nuove, ma espletato mere difese, sempre consentite in appello, in quanto intese a negare la fondatezza delle argomentazioni di controparte e l’erroneità della sentenza impugnata.
1.1. Il motivo è infondato.
Nel processo tributario il divieto di ultrapetizione e quello di proporre in appello nuove eccezioni (non rilevabili d’ufficio) posto dall’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, riguardano eccezioni in senso tecnico e non le mere argomentazioni difensive, tendenti ad inficiare la sentenza sotto un profilo logico ulteriore rispetto a quello esposto in primo grado, atteso che le difese, le argomentazioni e le prospettazioni con cui l’Amministrazione si difende dalle contestazioni già dedotte in giudizio non costituiscono, a loro volta, eccezioni in senso stretto (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 2413 del 03/02/2021).
In particolare, le mere difese consistono, dal punto di vista dell’ente impositivo, nella contestazione dei fatti estintivi, impeditivi e modificativi della pretesa tributaria ( id est , delle censure) formulati dal contribuente con il ricorso introduttivo (cfr. Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11223 del 31/05/2016; conf. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 22105 del 22/09/2017 e Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 31224 del 29/12/2017), sì che le eventuali incongruenze del ricorso introduttivo possono legittimamente essere eccepite dall’Ufficio anche in grado di appello a prescindere dalla preclusione posta dall’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, trattandosi comunque di rilievi pur sempre attinenti all’originario tema del decidere e cioè la sussistenza o meno dei presupposti idonei a legittimare l’annullamento della pretesa tributaria (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 18830 del 10/09/2020).
Pertanto, sono precluse in appello esclusivamente le nuove eccezioni “in senso tecnico”, dalle quali, cioè, deriva un mutamento degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa ed il conseguente ampliamento del thema decidendum con l’introduzione di nuovi elementi d’indagine.
In definitiva, va ribadito il principio per cui nel processo tributario è consentito alla parte rimasta contumace in primo grado proporre in grado d’appello mere difese, volta alla confutazione delle ragioni poste a fondamento del ricorso della controparte, in quanto il divieto di proporre eccezioni nuove, di cui all’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992 riguarda unicamente le eccezioni in senso stretto (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 14020
del 15/06/2007; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 12008 del 31/05/2011, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14486 del 07/06/2013).
La sentenza qui impugnata ha accolto l’appello del Comune, ritenendo che l’avviso di accertamento Tarsu fosse adeguatamente motivato, che l’imposta era dovuta anche per il 2012, visto che dalla documentazione allegata (delibera di concessione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) emergeva che in tale anno era in essere la concessione e che l’esclusione dalla tassa dedotta dall’appellato era infondata, non potendosi negare che lo scalo di alaggio fosse un’area scoperta ed essendo indifferente la destinazione che di essa veniva fatta.
Non essendo preclusa la possibilità dell’Amministrazione di difendersi dalle contestazioni già dedotte in giudizio (perché le difese, le argomentazioni e le prospettazioni dirette a contestare la fondatezza di un’eccezione non costituiscono, a loro volta, eccezione in senso tecnico), la deduzione secondo cui il comune, in assenza della dichiarazione di parte, era senz’altro legittimato a contestare la violazione degli obblighi di legge senza altra particolare motivazione, soccorrendo al riguardo la ridetta presunzione legale, integrava senz’altra gli estremi di una mera difesa, laddove l’affermazione dell’ente comunale secondo cui <>, oltre a non aver inciso, come visto, sulla decisione finale, sarebbe rientrata nell’ambito della regolamentazione normativa della fattispecie concreta la cui individuazione, come è noto, rientra nelle prerogative del giudice. Per quanto concerne, infine, l’affermazione dell’ente comun ale circa la sussistenza del presupposto impositivo per la disponibilità dell’area nell’anno d’imposta 2012, la circostanza già rientrava tra i fatti costitutivi della pretesa tributaria, avendo ad oggetto l’avviso di accertamento Tarsu proprio la detta an nualità.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 7 l. n. 212/2000, 1, comma 162, l. n. 296/2006, 24 Cost., 3 l. n. 241/1990, 22, 23, 35 e 46 del Regolamento del Comune di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sulla IUC, per omessa motivazione dell’avviso di accertamento e per insussistenza del presuppos to oggettivo dell’imposta, perchè l’area è incapace di produrre rifiuti ed è esente da regolamento comunale, in relazione all’art. 360, primo comma 1, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.
2.1. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
In primo luogo, il ricorrente ha omesso, in violazione del principio di autosufficienza, di trascrivere, almeno nei suoi passaggi maggiormente significativi, l’avviso di accertamento in esame, in tal guisa precludendo a questo Collegio la possibilità di sc rutinarne l’adeguatezza sul piano motivazionale.
In secondo luogo, va, in ogni caso, evidenziato che, in tema di TARSU, la nozione di “aree scoperte” di cui all’art. 62 del d.lgs. n. 507 del 1993 si riferisce a tutte le estensioni o superfici spaziali, comunque utilizzabili e concretamente utilizzate da una comunità umana che produce rifiuti urbani da smaltire, indipendentemente dal supporto (solido o liquido) di cui l’estensione è composta e dal mezzo (terrestre o navale) utilizzato per fruire di quell’estensione, sicché è irrilevante, ai fini della tassazione delle aree comprese nell’ambito portuale, l’omessa previsione tra le superfici tassabili secondo il regolamento comunale di una specifica categoria comprendente gli ormeggi o gli spazi acquei (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 11853 del 02/05/2024).
In terzo luogo, premesso che la CTR non ha, in motivazione, valorizzato l’inquadramento dell’area demaniale in questione nella categoria degli stabilimenti balneari, il ricorrente si è limitato a sostenere che siffatta area non sarebbe sussumibile nel novero degli stabilimenti balneari, poiché collocata all’interno di un porto e perché la destinazione (risultante dall’atto concessorio) è quella dello scalo di alaggio (e non di un lido), ma non ha contestato il criterio che ha indotto il Comune ad attribuire alla stessa la categoria di attività degli stabilimenti balneari, vale a dire quello, indicato nel regolamento applicativo, secondo cui, ove non sia riscontrabile una
specifica categoria tariffaria, si applica quella più rappresentativa ( recte , similare) in termini di tipologia di rifiuti prodotti. Senza tralasciare che il contribuente non ha indicato alcuna tariffa alternativa adattabile alla specifica fattispecie.
Avuto riguardo alla invocata esenzione per essere l’area in questione incapace a produrre rifiuti, non è contestato (essendosi egli limitato a sostenere che la relativa deduzione sarebbe stata formulata tardivamente dall’ente comunale solo in appello , questione su cui si rinvia al primo motivo) che il contribuente aveva omesso nell’anno di riferimento di dichiarare all’ente comunale, ai fini della esenzione normativamente prevista (art. 62, commi 2 e 3, d.lgs. n. 507/1993) dal pagamento della tassa richiest a, lo specchio d’acqua ubicato nel demanio marittimo detenuto dallo stesso in forza di apposito atto di concessione della RAGIONE_SOCIALE. In difetto della previa denuncia al Comune, l’esenzione non poteva essere riconosciuta. Invero, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), l’art. 62, comma 1, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, pone a carico dei possessori di immobili una presunzione legale relativa di produzione di rifiuti, sicché, ai fini dell’esenzione dalla tassazione prevista dal comma 2 del citato art. 62 per le aree inidonee alla produzione di rifiuti per loro natura o per il particolare uso, è onere del contribuente indicare nella denuncia originaria o in quella di variazione le obiettive condizioni di inutilizzabilità e provarle in giudizio in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 19469 del 15/09/2014; conf. Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17622 del 05/09/2016 e Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10634 del 16/04/2019).
Del resto, in materia di rifiuti, costituiscono presupposto impositivo l’occupazione o la conduzione di locali ed aree scoperte, adibiti a qualsiasi uso privato, non costituenti accessorio o pertinenza degli stessi, di talché, pur valendo il principio secondo cui è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, è onere del contribuente dimostrare la sussistenza delle condizioni per beneficiare della riduzione
della superficie tassabile ovvero dell’esenzione, trattandosi di eccezione rispetto alla regola generale del pagamento dell’imposta sui rifiuti urbani nelle zone del territorio comunale (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 12979 del 15/05/2019; conf. Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 21335 del 06/07/2022).
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1, comma 162, l. n. 296/2006, 19 del Regolamento comunale e 115 cod. proc. civ., per insussistenza del presupposto soggettivo dell’imposta perchè nell’anno 2012 non era stata fornita la prova della detenzione dell’area, in relazione all’articolo 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ..
3.1. Il motivo è infondato.
Invero, nel processo tributario, in cui è ammessa la produzione di nuovi documenti in appello, è consentito alla parte, rimasta contumace in primo grado, produrre nel predetto grado l’originale dell’atto impositivo notificato (e di cui era contestata dal contribuente l’avvenuta notifica), costituendo tale produzione una mera difesa, volta alla confutazione delle ragioni poste a fondamento del ricorso della controparte, e riguardando il divieto di proporre eccezioni nuove, di cui all’art. 57 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, unicamente le eccezioni in senso stretto (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 12008 del 31/05/2011; conf. Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14486 del 07/06/2013 e Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 14567 del 26/05/2021).
A maggior ragione era, quindi, possibile produrre in appello per la prima volta la concessione demaniale relativa all’utilizzo dell’area nell’anno 2012, al fine di attestare che nell’anno 2012 era in essere la concessione.
Del resto, da un lato, non sussisteva l’obbligo di allegare l’atto concessorio all’avviso di accertamento (né di riprodurne nello stesso il contenuto essenziale), atteso che la necessità di produrlo si è posta solo a seguito delle eccezioni formulate dal contribuente con il ricorso introduttivo del giudizio, e, dall’altro lato, il detto atto era senz’altro conosciuto (o, almeno, conoscibile) senza la necessità di un’attività di ricerca complessa (essendone il ricorrente parte), realizzandosi in tal caso un adeguato bilanciamento tra le esigenze di economia dell’azione amministrativa ed il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente.
E’ noto, infatti, che, in tema di avviso di accertamento, l’onere di allegazione di cui all’art. 7 della l. n. 212 del 2000 è limitato ai documenti non conosciuti né ricevuti dal contribuente e costituenti il presupposto dell’atto impositivo al fine di evitare il pregiudizio del diritto di difesa di quest’ultimo (fra le tante, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 14723 del 10/07/2020).
Con il quarto motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 162 l. n. 296 del 27 dicembre 1996 e 2948 cod. civ., per intervenuta decadenza/prescrizione del tributo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.
4.1. Il motivo è fondato.
L a CTR ha dichiarato inammissibile l’eccezione di decadenza/prescrizione del potere impositivo sollevata dal contribuente, in quanto <>.
Tuttavia, il contribuente ha ribadito nel ricorso per cassazione i dati essenziali, peraltro riportati anche nella sentenza della CTR, per poter decidere sull’eccezione di decadenza da lui formulata, rapp resentati dall’anno di imposizione (2012) e dalla data (11.10.2018) in cui il Comune di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE gli aveva notificato l’avviso di accertamento in esame .
Orbene, questa Sezione (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 19531 del 17/06/2022) ha affermato, con argomentazioni che vengono integralmente condivise, che, in tema di Tarsu, il tenore letterale della disposizione sull’obbligo di denuncia contenuta nell’art. 70, comma 1, d.lgs. n. 507 del 1993, secondo cui la denuncia dei locali ed aree tassabili va presentata al Comune entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione, impone di differenziare la detenzione o occupazione dei locali che sia in corso fin dall’inizio del periodo di imposta e, comunque, prima del 20 gennaio, dal caso in cui tale situazione si sia verificata in epoca successiva; nel primo caso, il termine di decadenza di cui all’art. 1, comma 161, l. n. 296 del 2006 decorre dall’anno corrente, nel secondo caso dal 20 gennaio dell’anno
successivo. Si tratta di indirizzo che, a definitivo superamento di un diverso e minoritario orientamento (v.Cass. n. 22900/20), è stato anche di recente ribadito (Cass. n. 6932/24 e n. 7824/24).
Nella fattispecie, essendo l’occupazione iniziata prima del 20 gennaio 2012, il termine decadenziale di cinque anni per la notifica dell’avviso di accertamento scadeva in data 31.12.2017, con la conseguenza che la notifica eseguita l’11.10.2018 è senz’altr o tardiva.
5. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso merita di essere accolto con riferimento al quarto motivo, con conseguente cassazione sul punto della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di accogliere il ricorso originario del contribuente.
La circostanza che l’orientamento di questa Sezione in ordine alla questione della decadenza del potere impositivo si sia consolidato a partire dal 2022 giustifica la compensazione integrale delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo del ricorso, rigetta i restanti;
cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente;
compensa integralmente tra le parti le spese del l’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 19.9.2024 .