Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17521 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17521 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 614 -20 16 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (pec: EMAIL), presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ;
– intimata – avverso la sentenza n. 5183/51/2015 della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, depositata in data 29/05/2015;
Oggetto:
TRIBUTI –
rateizzazione – sanzioni
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15 maggio 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
In esito alla comunicazione di irregolarità effettuata dall’Agenzia delle entrate nei confronti della RAGIONE_SOCIALE a seguito di controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 del modello Unico 2008 per l’anno d’imposta 2007, la predetta società avanzava richiesta di rateizzazione accolta dall’Agenzia delle entrate.
Successivamente, stante il tardivo versamento della seconda rata, versata il giorno 01/03/2011, successivo a quello di scadenza del 28/02/2011, l’Agenzia delle entrate iscriveva a ruolo l’intero importo dovuto dalla società contribuente notificando in data 28/09/2011 la relativa cartella di pagamento che veniva impugnata dalla società che contestava la mancata detrazione delle rate pagate e l’erronea applicazione delle sanzioni nella misura del 30% anziché in quella ridotta del 10%.
La CTP (ora Corte di giustizia tributaria di primo grado) di Napoli accoglieva il ricorso ed annullava la cartella di pagamento.
L’appello proposto dall’Agenzia delle entrate veniva accolto dalla CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) della Campania che con la sentenza in epigrafe indicata «dichiara l’esistenza del debito tributario relativo alle rate non versate, oltre interessi successivi maturati e maturandi, con esclusione di sanzioni, annullando in tali termini la cartella impugnata».
4.1. Sostenevano i giudici di appello che alla fattispecie era applicabile l’art. 3 bis, comma 4, del d.lgs. n. 472 del 1997, nella versione antecedente alle modifiche apportate dal d.l. n. 201 del 2011, conv, con modif., dalla legge n. 214 del 2011, e, pertanto, soltanto il mancato pagamento di una delle rate e non il semplice ritardo nel versamento comportava la decadenza dalla rateizzazione,
con conseguente iscrizione a ruolo dell’importo residuo e perdita del beneficio della riduzione delle sanzioni.
Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui non replica l’ intimata.
Considerato che:
Con il motivo di ricorso la difesa erariale deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 3-bis, commi 4 e 4-bis, del d.lgs. n. 462 del 1997 e 13 del d.lgs. n. 471 del 1997.
1.1. Sostiene la ricorrente che « Il presente giudizio attiene unicamente all’illegittimo annullamento della sanzione, commisurata al 30% delle rate non versate. È pacifico che la società ha ricevuto la cartella in questione in data 28/09/11, ossia quasi un mese dopo la scadenza della quarta rata, che doveva essere pagata entro il 31/08/11. È altrettanto pacifico che la quarta rata non è stata versata, neppure in ritardo, e che la notifica della cartella di pagamento è avvenuta ben dopo tale inadempimento: tale aspetto rende comunque legittima la pretesa siffatta . La sentenza, pertanto, ha pronunciato in violazione dell’articolo 3 bis – commi 4 e 4 bis – del Decreto Legislativo 462/1997 » .
Il motivo è fondato e va accolto.
Il comma 4 dell’art. 3 -bis del d.lgs. n. 462 del 1997, nella formulazione ratione temporis vigente, prevedeva che «Il mancato pagamento anche di una sola rata comporta la decadenza dalla rateazione e l’importo dovuto per imposte, interessi e sanzioni in misura piena, dedotto quanto versato, è iscritto a ruolo. Se è stata prestata garanzia, l’ufficio procede all’iscrizione a ruolo dei suddetti importi a carico del contribuente e dello stesso garante o del terzo datore d’ipoteca, qualora questi ultimi non versino l’importo dovuto entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito contenente
l’indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa».
3.1. L’interpretazione di tale disposizione fornita dai giudici di appello è quindi errata, posto che, in base alla stessa, era sufficiente il mancato pagamento della rata, che ovviamente doveva essere effettuato nel termine di scadenza per essa prevista, perché si verificasse la decadenza dal piano di rateizzazione con le relative previste conseguenze, non assumendo alcuna rilevanza l’eventuale tardivo pagamento.
3.2. Questa Corte ha da tempo chiarito che tale disposizione non consente alcuna distinzione tra ritardato versamento, come pacificamente avvenuto nel caso di specie, e mancato versamento della rata (Cass. n. 26776/2017; Cass. n. 16062/2023; Cass. n. 35582/2023; per una ricognizione dell’intera disciplina, v. Cass. n. 17362/2024 e Cass. n. 8263/2025, non massimate).
È solo con le modifiche (al comma 4) ed integrazioni (con l’introduzione del comma 4 -bis) apportate all’art. 3 -bis del d.lgs. n. 462 del 1997, dall’art. 10 , comma 13-decies, del d.l. n. 201 del 2011, come introdotto in sede di conversione del predetto d.l. dalla legge n. 214 del 2011, che è stato previsto il pagamento ‘tardivo’ della rata.
4.1. Invero, in base al comma 4, come modificato dalla citata disposizione, la decadenza dalla rateizzazione, con conseguente iscrizione a ruolo dell’importo dovuto per imposte, interessi e sanzioni in misura piena, si verifica solo se il pagamento della rata successiva alla prima non avviene « entro il termine di pagamento della rata successiva ».
4.2. Peraltro, il successivo comma 4-bis del citato art. 3-bis prevede che, se il pagamento della rata viene effettuato tardivamente rispetto alla prevista scadenza, ma entro il termine di pagamento di quella successiva, l’ufficio comunque procede all’iscrizione a ruolo a titolo definitivo degli interessi e della sanzione di cui all’art. 13 del
d.lgs. n. 471 del 1997, e successive modificazioni, commisurata all’importo della rata versata in ritardo, salvo che il contribuente non si avvalga del ravvedimento di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 472 del 1997, e successive modificazioni, entro il termine di pagamento della rata successiva.
4.3. Quanto all’efficacia temporale di tali disposizioni, l’art. 10, comma 13-undecies, del citato d.l. 201 del 2011, prevede che « Le disposizioni di cui al comma 13-decies si applicano altresì alle rateazioni in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto » e questa Corte ha affermato, al riguardo, che «In tema di rateizzazione del debito tributario, la previsione contenuta nell’art. 10, comma 13 decies, d.l. n. 201 del 2011 (conv. con modif. in l. n. 214 del 2011), che – modificando il disposto dell’art. 3 bis d.lgs. n. 462 del 1997 – consente al beneficiario di pagare la rata scaduta entro il termine fissato per il versamento della rata successiva, si applica, in virtù della disciplina transitoria, alle rateizzazioni ancora pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione, ma non opera nei casi in cui, a tale data, sia intervenuta la dichiarazione di decadenza del contribuente da detto beneficio, perché, in questi casi, la rateizzazione non è più in corso e la legge tributaria non può avere effetti retroattivi» (Cass. n. 6263/2021).
4.4. Ne consegue che le predette disposizioni non si applicano al caso di specie in cui la dichiarazione di decadenza di cui alla cartella di pagamento notificata in data 28/09/2011, è chiaramente antecedente alla data del 28/12/2011 di entrata in vigore di dette disposizioni.
In definitiva, a seguito del l’omesso versamento della seconda rata nel termine di scadenza previsto e della conseguente decadenza della società contribuente dal beneficio della rateizzazione, correttamente l’Ufficio ha iscritto a ruolo l’intero importo dovuto per
imposte, interessi e sanzioni in misura piena, detraendo, seppur a seguito di successivo sgravio, quanto versato dalla contribuente.
6. La sentenza impugnata va, quindi, cassata e, non essendovi ulteriori questioni di fatto da esaminare, la causa può essere decisa nel merito con rigetto dell’originario ricorso della società contribuente che, in applicazione del principio della soccombenza, va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo, mentre vanno compensate le spese dei gradi di merito in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della società contribuente che condanna al pagamento in favore della ricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.900,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito. Compensa le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma il 15 maggio 2025