Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6927 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6927 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17122/2022 proposto da:
COMUNE DI COGNOME (P.IVA: P_IVA, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore , con sede alla INDIRIZZO Roseto degli Abruzzi (TE), rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso rilasciata su foglio separato ed in virtù di delibera di Giunta Comunale n. 203 del 30.6.2022 dall’ Avv. NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE, con elezione di domicilio digitale presso l’indirizzo pec risultante da pubblico elenco (ReGIndE) EMAIL (comunicazioni a mezzo fax al numero NUMERO_TELEFONO e posta elettronica certificata EMAIL );
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roseto degli Abruzzi (P.IVAP_IVA, in persona del socio amministratore
Avviso accertamento Tari -Decadenza potere impositivo
accomandatario NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, al INDIRIZZO presso lo studio degli Avv.ti NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; pec: EMAIL) e NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; pec: EMAIL), dai quali è rappresentata e difesa in virtù della procura speciale in calce al controricorso (telefax: NUMERO_TELEFONO;
– controricorrente –
-avverso la sentenza 232/2022 emessa dalla CTR Abruzzo il 06/04/2022 e notificata il 07/05/2022;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE. impugnava l’avviso di accertamento prot. n. 326 del 13.12.2019 emesso dal Comune di Roseto degli Abruzzi, relativo all’omesso versamento T.A.R.I. per l’anno 2013, per una maggiore superficie utilizzata della concessione demaniale marittima rispetto a quella dichiarata. A fondamento dell’opposizione deduceva: 1) la decadenza dal potere di accertamento e la violazione del principio del ne bis in idem, stante il giudicato di cui a sentenza CTP Teramo n. 338/2019; 2) l’illegittimità dell’avviso di accertamento in quanto emesso in violazione degli artt. 1 della legge 296/2006 e 14 del d.l. 6.12.2011, n. 201, nonchè del relativo regolamento comunale vigente nell’anno 2013.
La CTP di Teramo accoglieva il ricorso, evidenziando che in precedenza il Comune di Roseto aveva emesso altro avviso di accertamento, inerente allo stesso tributo ed al medesimo periodo d’imposta di quello di cui all’avviso impugnato, che era stato annu llato dalla Commissione Tributaria provinciale di Teramo con sentenza n. 338 del 2019 passata in giudicato.
Sull’impugnazione del Comune di Roseto, la CTR dell’Abruzzo rigettava il gravame, osservando che, sebbene correttamente il Comune di Roseto avesse provveduto ad emettere un nuovo avviso di accertamento, non essendovi alcuna preclusione di giudicato, tut tavia, poiché l’anno di riferimento era il 2013, l’Ente avrebbe dovuto procedere alla notifica del
nuovo avviso di accertamento ai sensi dell’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 e, quindi, entro il 31 dicembre 2018, laddove, nella specie l’avviso di accertamento era stato notificato tardivamente solo nell’anno 2019.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Roseto degli Abruzzi sulla base di un solo motivo. La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Considerato che
Con l’unico motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, comma 161, della l. 296/2006 e 64, comma 1, del d.lgs. n. 507/1993, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3) e 5), c.p.c., per non aver la CTR considerato che l’espressione ‘entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione’, contenuta nell’art. 1, comma 161, menzionato, riguarda sempre e comunque l’anno successivo a quello relativo alla tassa da pagare, sicchè, a prescindere dal momento in cui nell’anno di riferimento ha inizio l’occupazione, la denuncia deve essere presentata entro il 20 gennaio dell’anno successivo.
1.1. Il motivo è infondato.
Com’è noto, l’art. 1, comma 161, della Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (c.d. “legge finanziaria 2007”) prevede che: «Gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati».
Inoltre, in forza dell’art. 1, comma 171, della legge 27 dicembre 2006 n. 296, il regime introdotto dal precedente comma 161 non opera solo per i
rapporti d’imposta sorti successivamente alla data di entrata in vigore della medesima legge, ma anche per quelli che, a tale data, risultano ancora pendenti. Ai tributi dovuti per annualità precedenti al 2007, per i quali, alla data dell’1 gennaio 2007, non è ancora intervenuta la decadenza in base alla disciplina previgente, si applica, dunque, il nuovo termine decadenziale (Cass., Sez. 5, 29 novembre 2016, n. 24187; Cass., Sez. 5, 23 giugno 2017, n. 15702; Cass., Sez. 5, 29 ottobre 2021, n. 30966).
Con tale disposizione, il legislatore ha sostituito i termini stabiliti dagli artt. 10 e 11 del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504 e, più in generale, ha provveduto ad unificare per i tributi comunali e provinciali la disciplina relativa all’attività di accertamento, dettando disposizioni comuni sulla notifica degli atti di accertamento e di riscossione, sulla nomina dei messi notificatori e l’esercizio delle relative funzioni, sui requisiti essenziali degli atti di accertamento e, per quello che qui interessa, individuando i termini, a pena di decadenza, per la notifica degli atti di accertamento e del primo atto di riscossione. In particolare, la norma sopra indicata subordina alla notifica di atto di accertamento, sia l’attività di rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli, o, anche, dei parziali o ritardati versamenti, sia l’attività svolta d’ufficio, in caso di omesse dichiarazioni o omessi versamenti. Tutti gli avvisi di accertamento devono essere notificati al contribuente in un unico termine, previsto a pena di decadenza, «entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati».
Questa Sezione ha di recente chiarito che, in tema di Tarsu, il tenore letterale della disposizione sull’obbligo di denuncia contenuta nell’art. 70, comma 1, d.lgs. n. 507 del 1993, secondo cui la denuncia dei locali ed aree tassabili va presentata al Comune entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione, impone di differenziare la detenzione o occupazione dei locali che sia in corso fin dall’inizio del periodo di imposta e, comunque, prima del 20 gennaio, dal caso in cui tale situazione si sia verificata in epoca successiva: nel primo caso, il termine di decadenza di cui all’art. 1, comma 161, l. n. 296 del 2006 decorre dall’anno corrente, nel
secondo caso dal 20 gennaio dell’anno successivo (Cass., Sez. 5, 21 giugno 2016, n. 12795; Cass., Sez. 5, 3 novembre 2016, n. 22224; Cass., Sez. 5, 1 febbraio 2019, n. 3058; Cass., Sez. 6-5, 29 aprile 2020, n. 8275; Cass., Sez. 5, 11 dicembre 2020, n. 28255; Cass., Sez. 5, 23 giugno 2021, n. 17874; Cass., Sez. 5, 24 giugno 2021, n. 18070; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 19531 del 17/06/2022).
La Corte ha posto in rilievo, al riguardo, il chiaro dettato normativo, che fa riferimento al «20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione», e non anche al 20 gennaio «dell’anno» successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione, ed ha rimarcato che, laddove il legislatore avesse inteso postergare il momento dichiarativo «all’anno successivo», l’avrebbe espressamente previsto, così come è avvenuto, ad esempio, con l’art. 10, comma 4, del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, il quale, in tema di ICI, dispone che «i soggetti passivi devono dichiarare gli immobili posseduti nel territorio dello Stato, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui il possesso ha avuto inizio», cioè l’anno successivo a quello oggetto di imposizione (Cass., Sez. 5, 3 novembre 2016, n. 22224).
Condividendone le argomentazioni, il collegio ritiene di dover dare continuità a quest’orientamento, che è nettamente prevalente nella più recente giurisprudenza di legittimità.
Per cui si deve disattendere l’orientamento ormai minoritario di questa Corte, secondo il quale l’espressione «entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione» riguarda, sempre e comunque, l’anno successivo a quello relativo alla tassa da pagare, con il corollario che, a prescindere dal momento in cui, nell’anno di riferimento, ha inizio l’occupazione (o detenzione), la denuncia deve essere presentata entro il 20 gennaio dell’anno successivo, iniziando a decorrere da tale data, per l’ente impositore, il termine di decadenza previsto dall’art. 1, comma 161, della Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Cass., Sez. 5^, 30 ottobre 2018, n. 27578; Cass., Sez. 6^-5, 2 luglio 2018, n. 17219; Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2020, n. 22900).
Nel caso in esame è incontroverso che la società resistente è titolare da molti anni della concessione demaniale marittima. Lo stesso ente pubblico, nell’atto di appello, a pagina 10, ha ammesso che l’accertamento trae origine da verifiche operate in loco nell’anno 2010 e, quindi, che l’occupazione non è iniziata nell’anno 2013, con la conseguenza che il quinquennio rilevante, ai fini della decadenza, andava a maturare al 31 dicembre 2018, a fronte di un avviso di accertamento emesso il 13 dicembre 2019.
Per cui è evidente che l’avviso di accertamento è stato notificato dall’ente impositore al contribuente ben oltre la perenzione del termine previsto dall’art. 1, comma 161, della legge 27 dicembre 2006 n. 296.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita di essere accolto.
Sussistono giusti motivi, rappresentati dalla circostanza che la giurisprudenza di questa Corte sulla questione principale si è consolidata solo nel 2022, per compensare integralmente le spese del l’intero giudizio.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
compensa integralmente le spese dell’intero giudizio ;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 14.2.2025.