Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30792 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30792 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5358/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. MESSINA n. 2408/2017 depositata il 26/06/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La RAGIONE_SOCIALE in liquidazione hai impugnato la cartella di pagamento per IRES e IVA relative all’anno 2006, emessa ai sensi dell’articolo 36 bis d.P.R. n. 600/1973 a seguito di controllo sul modello 760, notificata il 5.11.2012, allegando la decadenza dell’Ufficio dal potere di riscossione.
La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Messina ha rigettato il ricorso.
La contribuente ha proposto appello che la Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Sicilia ha rigettato con la sentenza in epigrafe, affermando l’applicabilità alla fattispecie in esame dell’art. 2 comma 3 d.lgs. n. 128/2015 e la riconducibilità della cartella di pagamento agli « altri atti impugnabili » previsti dalla norma con ‘salvezza’ degli effetti degli atti notificati alla data di entrata in vigore del citato decreto legislativo, come previsto dalla suddetta norma.
La società ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza fondato su un motivo, illustrato con memoria.
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
Si costituisce ai soli fini della discussione l’Agenzia delle entrate.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di impugnazione la società deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 43 d. P. R. n. 600/1093 letto in combinato disposto con l’art. 2 d.lgs. 5 agosto 2015 n. 128, laddove la CTR ha ritenuto applicabile l’art. 2 comma 3 cit. alla cartella di pagamento.
Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dal Concessionario, atteso che l’esattore ha una generale legittimazione passiva nelle controversie aventi ad oggetto la riscossione delle somme di cui è incaricato (Cass. n. 2570 del 2017), perché, ai sensi dell’art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999, « nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite »: se l’azione del contribuente è svolta direttamente nei confronti dell’ente creditore, il concessionario è vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di adiectus solutionis causa (v. Cass. n. 21222 del 2006); se la medesima azione è svolta nei confronti del concessionario, questi, se non vuole rispondere dell’esito eventualmente sfavorevole della lite, deve chiamare in causa l’ente titolare del diritto di credito. In ogni caso l’aver il contribuente individuato nell’uno o nell’altro il legittimato passivo nei cui confronti dirigere la propria impugnazione non determina l’inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore nell’ipotesi di azione svolta avverso il concessionario, onere che, tuttavia, grava su quest’ultimo, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio (Cass. sez. un. n. 16412 del 2007).
Nel merito il motivo è fondato.
4 . L’art. 2 cit. ha modificato la disciplina sul raddoppio dei termini di cui all’art. 43 comma 3 d.P.R. n. 600/1973 e all’art. 57 comma 3 d.P.R. n. 633/1972, stabilendo, ai primi due commi, quanto segue: «1. All’articolo 43, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.600, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: ‘Il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza
ordinaria dei termini di cui ai commi precedenti.’ 2. All’ articolo 57, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 , è aggiunto, in fine, il seguente periodo: ‘Il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui ai commi precedenti.’ ».
5. Il successivo terzo comma, secondo cui « Sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili con i quali l’Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data di entrata in vigore del presente decreto. Sono, altresì, fatti salvi gli effetti degli inviti a comparire di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 notificati alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché dei processi verbali di constatazione redatti ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro la stessa data, sempre che i relativi atti recanti la pretesa impositiva o sanzionatoria siano notificati entro il 31 dicembre 2015 », va letto in stretto rapporto con i primi due commi e pone, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, una disciplina transitoria, in virtù della quale la nuova normativa non si applica né agli avvisi notificati entro il 2 settembre 2015 né agli inviti a comparire o ai processi verbali di constatazione conosciuti dal contribuente entro il 2 settembre 2015 e seguiti dalla notifica dell’atto recante la pretesa impositiva o sanzionatoria entro il 31 dicembre 2015 (Cass. n. 26037 del 2016; Cass. n.39416 del 2021).
6. Si deve trattare, quindi, di atti aventi contenuto accertativo o di rettifica della dichiarazione, tra i quali non rientra la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36 bis d.P.R. in relazione a imposte risultanti dalla dichiarazione e non
versate. La fattispecie trova la sua disciplina, invece, nell’art. 25 d.P.R. n. 602/1973 che, nella versione applicabile ratione temporis , prevede: « Il concessionario notifica la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre: a) del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ovvero a quello di scadenza del versamento dell’unica o ultima rata se il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre dell’anno in cui la dichiarazione è presentata, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione prevista dall’articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonché del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta per le somme che risultano dovute ai sensi degli articoli 19 e 20 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 ». Si era, quindi, verificata la decadenza dal potere di riscossione alla data di notifica della cartella di pagamento impugnata.
Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto e, potendo la causa decidersi nel merito non essendovi accertamenti in fatto da svolgere, ai sensi dell’art. 384 c.p.c. deve accogliersi il ricorso iniziale della contribuente.
Quanto alle spese, sussistono i presupposti per compensare interamente quelle di merito, condannando controricorrente e resistente in solido al pagamento di quelle di legittimità, liquidate come in dispositivo, a favore della ricorrente.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso iniziale della contribuente annullando l’atto impugnato;
compensa tra le parti le spese del giudizio di merito e condanna in solido controricorrente e resistente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 12.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ed agli accessori di legge, agli esborsi liquidati in Euro 200,00.
Così deciso in Roma, il 29/05/2024.