Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16691 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16691 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 24232/2017, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rapp.te pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME per procura speciale allegata al ricorso, elettivamente domiciliat a presso l’Avv. NOME COGNOME in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del direttore pro tempore , e RAGIONE_SOCIALE in persona del Presidente pro tempore , rappresentate e difese dall’Avvocatura
Generale dello Stato presso la quale sono domiciliate in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1076/2017 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 15 marzo 2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 maggio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Gilberto e C. (d’innanzi ‘RAGIONE_SOCIALE) impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano la cartella di pagamento notificatale il 27 gennaio 2015, emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36bis del d.P.R. n. 602/1973, in relazione ad Irap per l’anno 2010.
L’atto notificato traeva origine dal mancato pagamento, da parte della società, della seconda rata di un piano di dilazione ex art. 3bis del d.lgs. n. 462/1997, dal quale era derivata, ai sensi dei commi 4 e 4bis di tale articolo, l’iscrizione a ruolo dell’importo dovuto, oltre interessi e sanzioni.
La C.T.P. respinse il ricorso.
Il successivo appello della società contribuente seguì la medesima sorte.
I giudici regionali ritennero che, contrariamente a quanto sostenuto dalla società, l’Erario non fosse decaduto dal potere di emettere la cartella per la perenzione del termine di cui all’art. 3 -bis , comma 5, del d.lgs. n. 462/1997; osservarono, infatti, che tale disposizione, nel prevedere che la notificazione delle cartelle di pagamento andasse eseguita entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di scadenza della rata non pagata o pagata in ritardo, enunciava un precetto privo di sanzione, poiché non prevedeva espressamente alcuna decadenza in capo all’Ufficio .
Targostil ha impugnato la sentenza d’appello con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’Agenzia delle entrate e ADER – Agenzia delle entrate Riscossione hanno resistito con controricorso.
Considerato che:
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 23, 32 e 36, numm. 3 e 4, del d.lgs. n. 546/1992, nonché nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato e per «violazione del contraddittorio».
La sentenza d’appello è criticata nella parte in cui ha respinto l’eccezione di decadenza . La ricorrente assume di non aver mai sollevato tale eccezione nel giudizio d’appello , e sostiene, pertanto, che la C.T.R. si sarebbe pronunciata ultra petita partium ; sottolinea, inoltre, che sul punto i giudici d’appello hanno condiviso le argomentazioni difensive svolte da ADER benché quest’ultima si fosse costituita fuori termine.
Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 33 e 36 n. 2 del d.lgs. n. 546/1992 e dell’art. 132 cod. proc. civ., nonché nullità della sentenza.
La ricorrente assume che i giudici d’appello avrebbero omesso di dare atto di quanto effettivamente verbalizzato in udienza. In particolare, osserva che la sentenza impugnata dava atto, in premessa, del fatto che erano stati « uditi i rappresentanti delle parti che hanno ribadito quanto esposto nei rispettivi appelli », mentre l’udienza si era svolta in camera di consiglio e l’Ufficio non aveva proposto alcun appello.
Deduce, pertanto, la nullità della sentenza impugnata per omessa esposizione dello svolgimento del processo.
Con il terzo motivo, nuovamente censurando la sentenza d’appello in punto al rigetto della questione di decadenza, la ricorrente ne assume l’erroneità.
La C.T.R., infatti, nell’escludere che il termine indicato dall’art. 3 -bis , comma 5, del d.lgs. n. 462/1997 fosse previsto a pena di decadenza, avrebbe finito con l’assoggettare il contribuente all’azione del fisco per un tempo indeterminato e irragionevole, condizione che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 280 del 2005, ha ritenuto contrastante con i principii di cui agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
Osserva, inoltre, che nella specie l’Ufficio era comunque decaduto dalla potestà impositiva per intervenuto decorso dell’art. 25 del d.P.R. n. 602/1973, poiché la cartella era stata notificata dopo il terzo anno successivo alla data di presentazione della dichiarazione.
Infine, con il quarto motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 26 del d.P.R. n. 602/1973 « letto assieme al d.P.R. n. 68/2005 ed al d.lgs. n. 82/2005 ed al d.P.C.M. 13/11/2014 », dolendosi del fatto che i giudici d’appello avrebbero omesso di ritenere la nullità della notifica della cartella, in quanto effettuata mediante posta elettronica certificata mediante allegazione di un semplice file .pdf (indicativo di una semplice copia informatica) anziché con estensione .p7m (proprio di un documento informatico).
Il secondo e il quarto motivo attengono a profili preliminari della controversia -quali, rispettivamente, la nullità della sentenza e la notificazione della cartella impugnata -e vanno, per tale ragione, esaminati con precedenza.
Entrambe le censure sono infondate.
5.1. Quanto al secondo motivo, la ricorrente sostiene che la sentenza d’appello sarebbe nulla per « mancato rispetto » dell’art. 36, n. 2, del d.lgs. n. 546/1992, poiché le premesse in fatto della
decisione conterrebbero un’erronea rappresentazione di quanto accaduto nell’udienza di discussione.
Al riguardo, il Collegio osserva tuttavia che le prescrizioni di cui all’ art. 36 del d.lgs. n. 546/1992, ed in particolare quella concernente l’esposizione dello svolgimento del processo, sono finalizzate a consentire l’ individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento della decisione; pertanto, dal loro mancato rispetto deriva la nullità della sentenza soltanto laddove tale individuazione non sia possibile (così, fra le numerose altre, Cass. n. 24452/2018; Cass. n. 15884/2017; Cass. n. 28113/2013).
Ciò non si è certamente verificato nel caso di specie, poiché i refusi nei quali sono incorsi i giudici d’appello nella rappresentazione di quanto accaduto nell’udienza di discussione della causa non hanno minimamente inciso sull’esposizione dell’oggetto della stessa e delle ragioni che ne hanno supportato la decisione.
5.2. L’infondatezza del quarto motivo discende invece dal rilievo del fatto che l’affermata nullità della notifica della cartella di pagamento è stata, in ogni caso, sanata dall’opposizione proposta, con la quale la contribuente ha svolto anche difese nel merito della pretesa erariale.
La natura sostanziale della cartella di pagamento non osta, infatti, all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria; pertanto, il rinvio operato dall’art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 602/1973 all’art. 60 del d.P.R. n. 600/1973 in materia di notificazione dell’avviso di accertamento (il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile), comporta che, ove la cartella sia notificata mediante trasmissione di un file con estensione ‘. pdf ‘ anziché ‘ .p7m ‘ , l’eventuale vizio dell ‘ atto debba intendersi in ogni caso sanato per raggiungimento dello scopo ai sensi
dell’art. 156 cod. proc. civ. (cfr. Cass. n. 6417/2019; Cass. n. 27561/2018; più recentemente, ancorché in relazione a diverso profilo di irritualità della notifica, Cass. n. 677/2025).
Il primo e il terzo motivo appaiono del pari connessi, in quanto entrambi afferenti al tema del termine per la notifica della cartella esattoriale stabilito dall’art. 3, comma 5 -bis , del d.lgs. n. 462/1997.
Anche in questo caso, pertanto, si può procedere a un esame congiunto , all’esito del quale le censure appaiono fondate per quanto di ragione.
Gli assunti della ricorrente, infatti, non sono condivisibili laddove denunziano una violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. da parte della C.T.R., laddove la statuizione sulla decadenza -comunque oggetto di allegazione in appello da parte della contribuente -è rimessa anche a valutazione officiosa del giudice; gli stessi, nondimeno, vanno condivisi in punto all’applicazione della norma.
6.1. L’art. 3 -bis , comma 5, del d.lgs. n. 462/1997, nel testo applicabile ratione temporis , anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. n. 159/2015, prevedeva un termine per la notificazione delle cartelle di pagamento concernenti somme dovute a seguito di controlli automatici, oggetto di apposita disciplina recata dal medesimo decreto legislativo.
In particolare, per quanto di rilievo in questa sede, esso stabiliva che -in caso di accordo per la rateizzazione rimasto inadempiuto per il mancato pagamento di una rata da parte del contribuente, con conseguente iscrizione a ruolo dell’intero importo le cartelle di pagamento dovevano essere notificate entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di scadenza della rata non pagata.
6.2. In relazione a tale previsione, va richiamato quanto da questa Corte più volte affermato circa gli effetti della già richiamata sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 2005, che ha dichiarato
illegittimo l’art. 25 del d.P.R. n. 602/1973 (come modificato dal d. lgs. n. 193/2001) nella parte in cui non prevedeva un termine a pena di decadenza per la notifica al contribuente della cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi dell’art. 36bis del d.P.R. n. 600/1973.
È stata ritenuta, in particolare, la completa retroattività della disciplina successivamente introdotta nel 2005 -e, segnatamente, dell ‘ art. 1, comma 5bis , lett. b ), del d.l. n. 106/2005, conv. nella l. n. 156/2005 -«che trova la sua ratio nella necessità di assicurare equo contemperamento tra certezza del gettito fiscale e certezza dei rapporti tributari che la ispira» (così, fra le altre, Cass. n. 25799/2021; Cass. n. 5565/2019; Cass. n. 8231/2018; Cass. n. 15661/2014).
Siffatta retroattività ha, dunque, portata estensiva nei riguardi di tutte le forme di riscossione a mezzo ruolo, giustificata dall’esigenza di fissare un termine ultimo entro cui il contribuente deve venire a conoscenza delle pretese del fisco (cfr., in tal senso, Cass. n. 12614/2023 e Cass. n. 20856/2021, che l’hanno esclusa per il recupero esattoriale delle spese penali di giustizia proprio per l’insussistenza, in parte qua , di tale esigenza).
6.3. La C.T.R. ha pertanto errato nel non ritenere la sussistenza di un termine di decadenza per l’esercizio del potere impo -esattivo nella fattispecie in esame.
Ciò posto, occorre poi rilevare che, contrariamente a quanto opinato dalla ricorrente, il termine di decadenza inizia a decorrere dal momento del mancato pagamento della rata e non d all’anno d’imposta oggetto dell’originario rilievo.
Conseguentemente, in accoglimento, per quanto di ragione, del primo e del terzo motivo di ricorso, la sentenza d’appello va cassata con rinvio al giudice a quo perché provveda al riesame della vicenda
nel rispetto degli indicati principii, ed in particolare accertando se, in relazione al dies a quo come sopra specificato, sia maturata (ed eventualmente per quanta parte) la decadenza dell’Ufficio dalla pretesa creditoria esercitata.
Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso limitatamente al terzo motivo, respinti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte