Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7660 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7660 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 22/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17129/2022 R.G. proposto da :
COMUNE DI COGNOME DEGLI COGNOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del l’Abruzzo, sede L’AQUILA n. 174/2022 depositata il 10/03/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società contribuente ha impugnato innanzi alla CTP l’avviso di accertamento emesso dal Comune di Roseto degli Abruzzi, relativo all’omesso versamento T.A.R.I. per l’anno 2013, per una maggiore superficie utilizzata della concessione demaniale marittima di mq. 818 rispetto a quella dichiarata. A fondamento dell’opposizione veniva dedotta: 1) la decadenza dal potere di accertamento e la violazione del principio del ne bis in idem , stante il giudicato di cui a sentenza CTP Teramo n°304/2019; 2) l’illegit timità dell’avviso di accertamento, in quanto emesso in violazione dell’art. 1 della legge 296/2006; 3) l’illegittimità dell’avviso di accertamento per violazione dell’art. 14 del D.L. 6.12.2011 n. 201 e del relativo regolamento comunale vigente nell’anno 2013.
Con sentenza n. 94/2021, la Commissione Tributaria provinciale di Teramo, ha accolto il primo motivo di ricorso presentato dalla società ricorrente, annullando l’atto impugnato e ritenendo assorbigli gli altri. In particolare, la CTP ha rilevato che era intervenuta decisione definitiva in ordine ad avviso di accertamento inerente lo stesso tributo ed il medesimo periodo d’imposta di quello di cui all’avviso impugnato (da parte della Commissione Tributaria provinciale di Teramo con sentenza n. 304 del 2019 passata in giudicato) , ritenendo che l’autorità del giudicato spiegasse i propri effetti su ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda, estendendosi l’efficacia alle questioni che di quelle decise costituivano la premessa necessaria o il fondamento logico-giuridico, avente ad oggetto una domanda fondata sullo stesso rapporto.
Con sentenza n. 174/2022, la Commissione Tributaria regionale per l’Abruzzo ha respinto l’atto di appello condannando l’ente alla rifusione delle spese di lite, riconoscendo il potere del comune di
emettere nuovo avviso di accertamento, ma ritenendo che lo stesso fosse tardivo, in quanto notificato solo nell’anno 2019.
Avverso la suddetta sentenza di gravame il comune ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo, cui ha resistito con controricorso la società contribuente.
Successivamente ambedue le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via pregiudiziale parte controricorrente ha dedotto la inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 366 c.p.c., essendo privo, nella sua parte iniziale, della indicazione dell’oggetto del giudizio, del valore della controversia e della sintesi dei motivi di impugnazione.
1.1. Tale eccezione va respinta in quanto non si tratta di elementi indispensabili e comunque sono desumibili dal contenuto dell’atto. La mancanza della sintesi dei motivi di impugnazione non può essere considerata motivo di inammissibilità, alla luce dei più recenti orientamenti di questa Corte dopo gli interventi della CEDU in tema di divieto di eccessivo formalismo.
1.2. I dati omessi, infatti, non costituiscono violazione dell’art. 366 c.p.c., il quale effettua un’indicazione tassativa degli elementi che devono essere contenuti nel ricorso a pena di inammissibilità. La norma, infatti, non richiede gli elementi indicati come mancanti dalla controricorrente; essi, piuttosto, sono oggetto del Protocollo d’intesa sul processo civile in Cassazione siglato tra la Corte di Cassazione, la Procura Generale della Corte di Cassazione, l’Avvocatura Generale dello Stato ed il Consiglio Nazionale Forense il 2 marzo 2023. Il mancato rispetto delle previsioni in esso contenute non comporta l’inammissibilità o l’improcedibilità del ricorso, salvo che ciò non sia previsto dalla legge (v. anche punto 1.6. note a chiarimento del citato Pr otocollo d’intesa).
Il controricorrente ha dedotto anche, sempre in via preliminare, che il primo avviso di accertamento emesso dal Comune sarebbe stato annullato per l’assenza di adeguata motivazione dell’accertamento impugnato. Si sarebbe dunque formato un giudicato su una sentenza che ha annullato l’atto di accertamento non per vizi formali, ma per ragioni sostanziali, e tale situazione di res iudicata impediva all’ente locale di procedere, incorrendo quindi nella violazione del giudicato e del principio del ne bis in idem.
Ha dedotto inoltre che l’avviso sarebbe del tutto privo di motivazione, avendo indicato la maggiore superficie tassabile, ma omesso di indicare quale attività sia stata posta in essere per accertare l’aumento della superfici e utilizzata dante luogo al recupero a tassazione.
Infine, parte controricorrente afferma ‘Per quanto concerne il terzo motivo si ribadisce che l’atto impugnato è viziato dalla violazione dell’art. 14 del D.L. 6.12.2011 n. 201 e del relativo regolamento comunale vigente nell’anno 2013’.
Con riferimento a tali eccezioni, si deve rilevare che trattasi, in sostanza, di repliche ai motivi, da trattare in tale sede, o di motivi di ricorso incidentale, non prospettati nelle forme di rito, avendo la parte proposto un mero controricorso, con conseguente inammissibilità. In ogni caso, le stesse sono da intendersi superate dall’esito del presente ricorso.
Con unico motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, c.p.c.., si deduce l’ error in iudicando per la violazione e/o falsa applicazione dell’art. dell’art. 1 comma 161 della L. n. 296/2006 e dell’art. 64, comma 1, del d.lgs. n. 507/1993. Il Comune di Roseto aveva provveduto correttamente ad emettere un nuovo avviso di accertamento, non essendovi alcuna preclusione di giudicato, e la CTR avrebbe errato nel ritenere che ‘poiché l’anno di riferimento era il 2013, il Comune avrebbe dovuto procedere alla notifica del nuovo
avviso di accertamento ai sensi dell’articolo 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, quindi entro il 31 dicembre 2018’, ritenendo perciò che l’avviso di accertamento fosse stato notificato tardivamente solo nell’anno 2019.
6.1. Questa Corte si è già espressa sullo specifico problema (Cass. 12/11/2024, n. 29204), con orientamento che si ritiene di dover confermare.
6.1. Occorre sul punto una preliminare precisazione in tema di disciplina applicabile. Secondo le sentenze di merito il tributo sui rifiuti è la TARI dovuta per l’anno 2013.
6.2. Si osserva, tuttavia, che TARI è stata introdotta, a decorrere dal 2014, dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014) quale tributo facente parte, insieme all’imposta municipale propria (IMU) e al tributo per i servizi indivisibili (TASI), dell’imposta unica comunale (IUC).
6.3. E’, invece, da ritenere che nel caso di specie le norme di riferimento debbano essere, riguardanti la Tarsu ma comunque da ritenere in parte qua applicabili anche alla TARES (d.l. n.201/11):
-l’art. 64 del d.lgs. n. 507 del 1993, sull’individuazione dell’inizio e della cessazione della detenzione, il quale dispone che: «1. La tassa è corrisposta in base a tariffa commisurata ad anno solare, cui corrisponde un’autonoma obbligazione tributaria. 2. L’obbligazione decorre dal primo giorno del bimestre solare successivo a quello in cui ha avuto inizio l’utenza»;
-l’art. 70 del d.lgs. n. 507 del 1993, relativo alle modalità della dichiarazione, secondo cui la denuncia dei locali ed aree tassabili va presentata al Comune «entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione»;
l’art. 1, comma 161, della Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (c.d. “legge finanziaria 2007”) secondo cui «Gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle
dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati».
6.4. Non è corretto, pertanto, il riferimento contenuto nella sentenza impugnata all’art. 43 del d.p.r. n. 600 del 1973, riguardante, invece, la disciplina del termine per l’accertamento delle imposte dirette.
6.5. Il Collegio ritiene che nella fattispecie il comune ricorrente sia decaduto dal potere di accertamento.
6.6. Ai sensi dell’art. 1, comma 161, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 tutti gli avvisi di accertamento devono essere notificati al contribuente in un unico termine, previsto a pena di decadenza, «entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati». E’ stato chiarito che con la disposizione da ultimo citata, il legislatore ha sostituito i termini stabiliti dagli artt. 10 e 11 del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504 e, più in generale, ha provveduto ad unificare per i tributi comunali e provinciali la disciplina relativa all’attività di accertamento, dettando disposizioni comuni sulla notifica degli atti di accertamento e di riscossione, sulla nomina dei messi notificatori e l’esercizio delle relative funzioni, sui requisiti essenziali degli atti di accertamento e, per quello che qui interessa, individuando i termini, a pena di decadenza, per la notifica degli atti di accertamento e del primo atto di riscossione. In particolare, la norma sopra indicata subordina alla notifica di atto di accertamento, sia l’attività di rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli, o, anche, dei parziali o ritardati
versamenti, sia l’attività svolta d’ufficio, in caso di omesse dichiarazioni o omessi versamenti (Cass., Sez. 5, n. 19531/2022, Rv. 664935 – 01).
6.7. L’arresto ora richiamato, intervenuto a proposito della TARSU e che in questa sede deve essere ribadito anche con riferimento alla imposta TARES, ha finalmente chiarito la dibattuta questione della decadenza dall’esercizio del potere impositivo. Il combina to disposto dell’art. 70, comma 1, d.lgs. n. 507 del 1993 e dell’art. 1, comma 161, della l. n. 296 del 2006 deve essere inteso nel senso che occorre differenziare la detenzione o occupazione dei locali che sia in corso fin dall’inizio del periodo di imposta e, comunque, prima del 20 gennaio, dal caso in cui tale situazione si sia verificata in epoca successiva; nel primo caso, il termine di decadenza di cui all’art. 1, comma 161, l. n. 296 del 2006 decorre dall’anno corrente, nel secondo caso dal 20 gennaio dell’anno successivo (Cass., Sez. 5, n. 6932 del 2024, Sez. 5, n. 7824 del 2024, Sez. 5, n. 19531 del 2022, Rv. 664935 -01, Sez. 5. n. 12795 del 2016; Sez. 5, n. 22224 del 2016; Sez. 5, n. 3058 del 2019; Sez. 6-5, n. 8275 del 2020; Sez. 5, n. 28255 del 2020; n. 17874 del 2021; Sez. 5, n. 18070 del 2021).
6.8. Tenuto conto che dagli atti del giudizio risulta che, nel caso di specie, è pacifico che l’occupazione fosse già in corso al 20 gennaio dell’anno tassato, ovvero il 2013, il quinquennio rilevante, ai fini della decadenza, andava a maturare per l’anno oggetto del giudizio al 31 dicembre 2018, a fronte di un avviso di accertamento TARSU notificato nel 2019 (il 16/12/2019).
6.9. Inoltre, il Comune ha dedotto che l’accertamento trae origine da verifiche operate in loco nell’anno 2010 e quindi ha ammesso che l’occupazione non è iniziata nell’anno 2013, per cui non è applicabile l’art. 70 citato.
6.10. La conseguenza è la tardività dell’avviso oggi impugnato.
La sentenza impugnata deve essere confermata con la modifica della motivazione nei termini sopra esposti in relazione alla normativa applicabile.
Pertanto il ricorso va rigettato.
La circostanza che il nuovo orientamento sulla questione principale si è consolidato tra il 2021 ed il 2022 e, quindi, successivamente alla instaurazione del presente grado di giudizio giustifica la compensazione delle spese di lite.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, com ma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Spese compensate.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dov uto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14/02/2025.