Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8282 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8282 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30288/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COMUNE NAPOLI, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA n. 1657/2020 depositata il 18/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La società RAGIONE_SOCIALE in persona dei suoi amministratori e legali rappresentanti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Campania n. 1657/13/2021, depositata il 18 febbraio 2020 e non notificata che, in riforma della pronunzia di primo grado, rigettava il ricorso di parte contribuente avverso l’avviso di rettifica IMU 2012 emesso dal Comune di Napoli ritenendo infondata l’eccezione di decadenza.
L’ente impositore resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la società contribuente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art.1, comma 161, legge 296/2006 nonché dell’art. 10 d.lgs. 504/1992 lamentando l’erroneità della pronunzia impugnata relativamente alla ritenuta tempestività dell’avviso nonostante fossero decorsi i termini decadenziali.
Con il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 56 d.lgs. 546/1992 nonché degli artt. 346 e 112 c.p.c. per avere i giudici di appello ritenuto inammissibile l’appello incidental e in ragione dell’omessa riproposizione delle domande ed eccezioni proposte in primo grado.
Il primo motivo è privo di fondamento.
3.1. Va osservato che l’art. 1, comma 161, legge n. 296 del 2006 prevede che «gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di
accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie, a norma degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni».
Con tale disposizione il legislatore ha sostituito i termini stabiliti dagli artt. 10 e 11 d.lgs. 504 del 1992 e, più in generale, ha provveduto ad unificare per i tributi comunali e provinciali la disciplina relativa all’attività di accertamento dettando disposizioni comuni sulla notifica degli atti di accertamento e di riscossione, sulla nomina dei messi notificatori e l’esercizio delle relative funzioni, sui requisiti essenziali degli atti di accertamento e, per quello che qui interessa, individuando i termini, a pena di decadenza, per la notifica degli atti di accertamento e del primo atto di riscossione. In particolare la norma sopra indicata subordina alla notifica di atto di accertamento, sia l’attività di rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli, o, anche, dei parziali o ritardati versamenti, sia l’attività svolta d’ufficio, in caso di omesse dichiarazioni o omessi versamenti. Tutti gli avvisi di accertamento devono essere notificati al contribuente in un unico termine, previsto a pena di decadenza, «entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati».
Per delimitare dal punto di vista temporale l’esercizio del potere impositivo è necessario distinguere due diversi dies a quo dai quali iniziare il computo del termine di decadenza previsto per i tributi locali.
Ed invero, nel caso in cui il contribuente presenta una dichiarazione ed omette il versamento, per individuare il dies a quo deve farsi riferimento al termine entro il quale il tributo avrebbe dovuto essere pagato.
A questo proposito, per quanto riguarda l’ICI, si rileva che il tributo doveva essere versato per «l’anno in corso in due rate delle quali la prima, entro il 16 giugno (…). La seconda rata deve essere versata dal 10 al 16 dicembre, a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno (…)» (art. 10, comma 2, d.lgs. n. 504 del 1992). L’ICI, in vigore fino al 2011, è stata sostituita dall’IMU la quale prevede termini analoghi a quelli sopra riportati con la possibilità del pagamento del tributo in un’unica rata il 16 giugno (art. 9, comma 3, d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23: ‘ I soggetti passivi effettuano il versamento dell’imposta dovuta al comune per l’anno in corso in due rate di pari importo, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre. Resta in ogni caso nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell’imposta complessivamente dovuta in unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno’ . Nel caso in cui il contribuente abbia omesso la presentazione della dichiarazione, per individuare il dies a quo deve, invece, farsi riferimento al termine entro il quale egli avrebbe dovuto presentarla. A questo proposito, ai fini ICI, i soggetti passivi «devono dichiarare gli immobili posseduti nel territorio dello Stato (…) entro il termine della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui il possesso ha avuto inizio (…) La dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi sempreché non si verifichino modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell’imposta dovuta; in tal caso il soggetto interessato è tenuto a denunciare nelle forme sopra indicate le modificazioni intervenute, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui le modificazioni si sono verificate» (art. 10, comma 4, d.lgs. cit.). Per quanto concerne l’IMU «i soggetti passivi devono presentare la dichiarazione entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta (…). La dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi sempre che non
si verifichino modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell’imposta dovuta» (art. 13, comma 12-ter, d.l. n. 201 del 2011 conv. in I. n. 214 del 2011). Pertanto, nel primo caso sopra riportato, nel quale la dichiarazione è stata presentata e vi sia un omesso il versamento, il primo dei cinque anni previsti dall’art. 1, comma 161, n. 296 del 2006, è quello successivo a quello oggetto di accertamento e nel corso del quale il maggior tributo avrebbe dovuto essere pagato.
Nel secondo caso in cui la dichiarazione non è stata presentata, il Comune ha un termine più ampio per effettuare l’accertamento del tributo.
In particolare, per quanto riguarda la dichiarazione ICI, per la presentazione della quale si faceva riferimento al termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, il riferimento è all’art. 2 del d.P.R. n. 322 del 1998, il quale nel testo in vigore ratione temporis prevedeva «le persone fisiche e le società o le associazioni (…) presentano la dichiarazione (…) tra il 1° maggio ed il 30 giugno ovvero in via telematica entro il 30 settembre dell’anno successivo a quello di chiusura del periodo di imposta».
Per quanto riguarda l’IMU è, come detto, espressamente previsto come termine di presentazione della dichiarazione il 30 giugno dell’anno successivo a quello di inizio di possesso o di intervenuta variazione, rilevante ai fini della determinazione dell’imposta. Tenuto conto di ciò, nei casi di omessa dichiarazione, il primo dei cinque anni previsti dall’art. 1, comma 161, l.n. 296 del 2006, è il secondo anno successivo a quello oggetto di accertamento.
3.2. Il precedente invocato da parte ricorrente (Cass. 12050/2018) non supporta la tesi del contribuente in ordine alla maturata decadenza ma è in linea con detta giurisprudenza e non riguarda l’ipotesi quale quella in esame -di una dichiarazione integrativa e di rettifica operata dal contribuente medesimo.
3.3. La decisione si appalesa, dunque corretta in quanto la C.T.R. ha fatto riferimento alla presentazione di una dichiarazione di variazione nell’anno 2013 mentre la ricorrente non precisa se, come accertato dai giudici di appello, le u.i. che avevano formato oggetto di tassazione non ricadessero nella dichiarazione di variazione presentata (solo) nel 2013, da ciò discendendo che alla data della notifica dell’avviso (7 settembre 2018) il comune non era decaduto da suoi poteri impositivi.
Il secondo motivo è fondato: la C.T.R., erroneamente, ha ritenuto non riproposte eccezioni (difetto di motivazione anche per mancata allegazione della delibera di Consiglio Comunale; difetto di sottoscrizione dell’avviso di accertamento) che in quanto disattese espressamente dal primo giudice -avevano formato oggetto di appello incidentale. Stante la espressa proposizione dell’appello incidentale la decisione è da ritenere, dunque, errata in diritto non avendo i giudici territoriali esaminato l’appello incidentale con cui erano state proprio reiterate dette questioni.
Conseguentemente, disatteso il primo motivo di ricorso ed accolto il secondo, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, che dovrà riesaminare la vicenda in esame sulla scorta delle considerazioni sopra formulate, procedendo anche alla regolamentazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
la Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo grado di giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data